MI SON ITALIAN |
Giugno 1987 |
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Mi scuso se riporto uno dei tanti piccoli, ma significativi aneddoti di naja, fatterello di un nostro vecio - veci
sono ormai tutti coloro che han fatto l’ultima guerra -, che di per sé ha un contenuto narrativo modesto, e che può
destare solo stupore e perplessità.
E perchè allora lo faccio? Semplice; perchè il protagonista, anzi i protagonisti, sono due amici alpini. Il primo -
l’alpino semplice -, è Giacomo Rusalen di S. Pietro di Feletto, classe 1914; l’altro è il generale Aldo Rasero,
quand’era capitano e comandava la 268a compagnia del Battaglione “Vai Piave “.
Il buon Giacomo di sé parla molto poco, non perché sia introverso, tutt’altro..., ma perchè non gli va tanto di mettersi
in mostra.
Ma un bel di’, tra un bicchiere e l’altro di buon prosecco, mi ha raccontato un episodio che mi ha impressionato per il
modo in cui l’ha descritto, nella sua forma semplice, simpatica, dialettale, che mi spinge a narrarlo ai lettori del
nostro periodico.
“Conosci Aldo Rasero?” - mi chiese - “Certamente” - risposi - è il famoso generale Rasero, già direttore responsabile de
“L’Alpino”, e autore di tanti bei libri, che raccontano la storia degli Alpini, le loro epiche gesta”.
“Ah.. bene bene” - ha proseguito - “Sappi che nel 1940, quando mi trovavo con la 268° compagnia del “Val Piave”, venne
un nuovo comandante, e un giorno fui invitato a presentarmi da lui, perchè mi voleva parlare. Quando ci andai, mi trovai
di fronte il capitano (di prima nomina) Aldo Rasero. Mi misi sull’attenti e lo salutai. Egli a bruciapelo mi domandò se
mi chiamavo Rusalen - certamente annuii - poi proseguendo mi chiese se per caso ero di origine straniera, ovvero di
origine germanica. Ma scherza, signor capitano, contestai con vigore e stupore, io sono italiano, veneto puro sangue,
della provincia di Treviso, e per quanto mi risulta, i miei antenati sono nati e cresciuti nello stupendo Felettano;
quindi “mi son nato e spuà a San Pietro di Feletto, e spero anca de morir là”.
Allora el sior capitano el se ha convinto dei miei natali.
Infatti adesso che mi hai spiegato - ha concluso - mi vien in mente chi è, perchè il nome l’ho letto in tanti luoghi, ma
non ero
certo che fosse il mio capitano. Riporto quanto ha scritto
Carlo Masera sul libretto del Btg. Alpini “Val Piave”, sotto il titolo: Il tenente Rasero è divenuto capitano.
Se, per dannata ipotesi, qualunque fosse capitato dinnanzi al tenente Rasero per dire delle cose serie (nella vita può
capitare anche questo!) si sarebbe sentito investire da una scarica tremenda di insulti e improperi. Rasero infatti fa
parte di quella schiera di uomini della strada che tu incontri e che subito sfuggi perchè sembra che, dinnanzi alle tue
preoccupazioni, ti diano del buffone, del burattino nelle mani di immagini stupidissime, del pagliaccio. E fatto così.
Per sincerarmi del fenomeno ho rincorso Rasero dovunque, sempre stando nascosto; l’ho spiato dagli spiragli delle
serrature, quand’era in aperta montagna; l’ho guardato negli occhi fingendo di non interessarmi di lui, allorché mi
stava di fronte. Ho dovuto constatare che è un uomo di modi... piacevoli. Quando va sulle furie soprattutto. Come con
quell’alpino che aveva tentato di farne una grossa.
“Fila, avanzo di galera! Se ritenti una cosa simile ti rompo la schiena, vecchio rimbambito!” e intanto gli suonava
solennissimi scapaccioni e lo minacciava di gettarlo ai topi.
Anche a mensa i suoi modi sono piacevoli. Prima cosa ha in odio le calze e quindi a mensa è sempre scalzo o almeno mezzo
scalzo; capirete. Seconda cosa, ha in odio i complimenti e tutte quelle cose lì, per cui dà ampio sfogo a tutti gli
impulsi che vengono dai profani. Terza cosa, non ama, anzi disprezza l’ordine e la quiete per cui continua a fare degli
scatti veementi che si concludono con continui rovesciamenti di vivande e di liquami.
Queste caratteristiche premesse, immaginate Rasero giornalista e disegnatore. Perchè dovete sapere che è anche
giornalista e disegnatore, e in questo bollettino c’è la sua collaborazione, stile bertoldiano naturalmente.
A chi lo vede per la prima volta, sembra infatti uscito da una di quelle caricature di Walter Molino. A chi lo sente
parlare per la prima volta, sembra infatti uscito da un articolo di Mosca. Molti suoi alpini e soprattutto i suoi
subalterni li chiama con nomi bertoldiani. Infatti assistemmo alla cerimonia della sua promozione a capitano. Alla mensa
della 268, si costituì una specie di corte di Granduca Trombone, benigno di natura e amante di facezie. Vennero accesi
alcuni razzi colorati, fu introdotta la vacca zoppa fregata al poeta Romanini, e tra i cori solenni e gli schiamazzi
immondi, Rasero parlò.
“Ep; èp, la commozione ci prende, o cari subalterni cortigiani, violinatori celebri! Sia dato fondo a tutte le bottiglie
di cognac, anice e vino! pago io!”.
E tra gli urli magni la corte si diede all’alcool. Pierolongo cantò la sua preferita “dum quo corde morettina me
relinquis?” accompagnandola con danze soavissime. Picchiando il capo nel soffitto. Stocker fece delle evoluzioni aeree
immaginando si in motocicletta. Crescini fece la danza coi suoi marocchini, e tutti gli altri sussultavano
acrobaticamente tra gli urli terribili di De Lutti. Infine Rasero apparve al balcone come per rispondere al saluto della
folla di alpini bramosa di bere. Alla botte! Alla botte!
r. b.