NIKOLAJEWKA


Giugno 1988

NIKOLAJEWKA DOPO 45 ANNI
SEMPRE VIVO IL RICORDO

A Brescia solenne cerimonia nazionale.
A Solighetto celebrazione sezionale.


Ricovero delle Batterie sul fronte del Don

Anche quest’anno BRESCIA, la Leonessa d’Italia, ha accolto con commozione i Reduci di Russia; e con i vecchi combattenti anche giovani alpini, autorità civili e militari, rappresentanze delle varie associazioni e dei comuni di gran parte d’Italia, con stendardi, labari, vessilli, gagliardetti e bandiere tricolori.
E stata in tutta la sua commovente austerità, nella sua imponente manifestazione, una affettuosa espressione di omaggio a tutti coloro che tristemente ne furono protagonisti, agli innumerevoli Eroi, che s’immolarono, a quanti ritornato no in Patria mutilati, colpiti nella carne e nello spirito.
Molti alpini della nostra sezione — alcuni dei quali hanno conosciuto personalmente l’infausta campagna di Russia e tra essi Olindo Battistuzzi decorato di medaglia d’argento — hanno partecipato alla cerimonia, con il vessillo, e con una rappresentanza della Civica Amministrazione con il gonfalone, guidata dall’assessore e capogruppo di Conegliano-Città Raimondo Piaia.
A Soligl9etto, sempre il 24 gennaio, come avviene da molti anni, si è svolta, su iniziativa del locale gruppo, e in particolare del reduce di Russia cav. Giovanni Pansolin, la medesima celebrazione, a livello sezionale, alla quale hanno presenziato numerosi alpini con i gagliardetti della quasi totalità dei gruppi, con il presidente sezionale prof. Vallomy e il vice sindaco di Pieve di Soligo Zambon.
La cerimonia ha avuto inizio con una S. Messa, celebrata dal cappellano capo del 5° Corpo d’Armata Mons. Pietro Vangelista, il quale durante l’omelia ha detto, tra l’altro, che quando si parla della guerra 1940/45, la mente si fissa subito su quel dannato fronte russo, che dal luglio 1941 al maggio 1943 causò - secondo l’ufficio storico dello Stato Maggiore - 89.799 perdite italiane, di cui 63.654 dispersi: il Veneto ha 11.161 soldati dispersi in Russia.
Un dramma di estensione nazionale, prevalentemente consumato in soli 50 giorni: dall’i i dicembre 1942 al 31 gennaio 1943. In tale periodo il Corpo d’Armata Alpino ebbe 34.170 tra morti e dispersi.
Centomila gavette di ghiaccio è significativamente intitolata la più nota opera dello scrittore Bedeschi, e a tale entità sono riassumibili le nostre perdite in Russia, compresi coloro che sono morti dopo aver trascinato fino a casa le proprie ferite e il gelo fatale. E nell’intimo ancora di tanti italiani (al 31 dicembre 1956 10.000 erano i prigionieri rientrati) è ancora vivo l’eco delle urlate agonie e dei lamenti che lungo centinaia di chilometri amaramente seminarono i feriti.
A distanza di 45 anni ci chiediamo: cosa ci dicono questi fatti? Perchè ricordarli? Perchè è un’insegnamento, è un momento di riflessione, in particolare per le nuove generazioni.
Non dobbiamo fermarci al ricordo e alla preghiera.
Ci sono profondi insegnamenti da far nostri: e se non riusciamo a capirli e a tradurli in azione, sarebbe pura retorica il ritrovarci,.. e, fatto ancor più grave, sarebbe vano, superfluo il sangue versato.
I Caduti parlano a noi per maledire ogni guerra, e insegnarci che è la frontiera dell’amore, del reciproco accertarsi e aiutarci che deve essere da noi costruita ogni giorno E sulla dignità di ogni uomo (dignità che ci deriva da Dio) che si deve basare lo sforzo per rapporti nuovi, per lavorare per la pace.
Pace: mitico, esaltante nome che ormai sta entrando in tutte le coscienze. Visione nuova: non più la guerra come male inevitabile, ma bensì la pace come possibilità, certezza per l’umanità.
Don Pietro ha aggiunto che il Papa ha ribadito la propria soddisfazione per il recente accordo tra Usa e Urss, accordo che è punto di partenza... Quello che importa non solo attenuare, ma eliminare definitivamente la minaccia della catastrofe nucleare.
Ma egli sa che la pace non si fa solo con gli accordi di vertice e i trattati tra i governi. Occorre un cambiamento globale di mentalità, ad una conversione,- anche a costo di staccarsi da una parte della sua storia. La sua storia bellicosa, piena di violenza, di oppressione>.
Ecco quindi la seconda chiave: il rispetto dei diritti umani.
Il loro fondamento è la libertà di coscienza ragion d’essere delle altre libertà fondamentali dell’uomo .
Tra i diritti il Pontefice ha sottolineato: la libertà religiosa (“liberi di invocare Dio”) e il diritto alla vita “in tutti i suoi stadi”.
In quest’ultimo argomento — ha concluso don Pietro — il Papa ha usato parole dure, denunciando ... tutte le forme di terrorismo che attentano alla vita degli innocenti....
La cerimonia ha avuto il suo epilogo di fronte al Monumento ai Caduti, dove, dopo la deposizione della corona di alloro e la benedizione del parroco don Francesco, il presidente della sezione prof. Vallomy e il vice sindaco Zambon, hanno pronunciato parole di circostanza.
R.B.