MISSIONE ALPINA |
Giugno 1990 |
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Sono stato con l’amico Toni Cais a Pieve di Soligo a raccogliere l’inedita testimonianza di tre coraggiosi alpini e
di un amico degli alpini, che, a cavallo del 1989- 1990, hanno prestato volontariamente la loro opera fattiva in una
Comunità dello Zongo nello Zaire, località sita a pochi chilometri dal confine del Centroafrica.
Sono le penne nere Attilio Manzato e l’amico degli alpini Luigi De Faveri del gruppo di Pieve di Soligo, Silvano De Luca
(capogruppo) e Gianpaolo De Biasio del gruppo di Refrontolo. Manzato e De Luca oltre ad essere due esperti muratori sono
titolari di una piccola impresa edile.
Siamo nella casa di Attilio Manzato, che dopo aver alimentato il fuoco del caminetto con un po’ di legna, invita gli
amici alpini a far “coro” per raccontarci la loro esperienza africana.
— “Siamo partiti — ci dicono — il 7 dicembre dello scorso anno con grande entusiasmo, ed abbiamo fatto ritorno dopo 36
giorni e precisamente il 3 febbraio, con il cuore colmo di gioia e l’animo pieno di soddisfazione per la gratificante
prova a cui siamo stati sottoposti, con la quotidiana presenza in una comunità di estrazione diversa: di colore, di
usanze, di tradizioni e di cultura; che ha arricchito il nostro senso etico, umano della disponibilità e solidarietà.
Dopo alcuni giorni ci ha raggiunti anche don Carlo Maccari cappellano di Pieve” —.
L’iniziativa è partita dalla Parrocchia e dagli alpini di Pieve di Soligo. L' ”Operazione Zongo”, avviata nel 1989 per
dare continuità alla positiva esperienza di lavoro e di cooperazione diretta con l'Africa, compiuta lo scorso anno a
Bangui, (alla quale ha partecipato Attilio Manzato), nella Repubblica Centroafrica, nella sede della nunziatura dose
svolge attività diplomatica per la Santa Sede il pievigino Arcivescovo Beniamino Stella.
I quattro alpini hanno potuto realizzare le intere opere, costituite dalla costruzione di un dispensario (dalle
fondamenta all’impianto elettrico, dalla scalinata e scivolo alla completa recinzione con cancelli costruiti sul posto
con tondini di ferro dall’esperto carpentiere e di un grande serbatoio (fatto di blocchi di cemento) della capacità di
400 ettolitri nel quale vengono convogliate le acque piovane, anche per l’uso domestico, grazie alle attrezzature ed
altro materiale giunte dall’Italia, in virtù della grande disponibilità e generosità dei pievigini, e con il poco aiuto
manuale di tre aborigeni.
— “In occasione della mia prima esperienza di opera prestata nel Centroafrica — aggiunge Manzato - venendo a contatto
con la realtà particolarmente preoccupante e difficile della comunità dello Zongo, avevo consegnalo alle suore della
Missione un progetto ed un curriculum di quel materiale che poteva esser preparato di giovani locali con la direzione di
un Padre (scavo delle fondamenta e la fabbricazione di blocchi di cemento) per poter, successivamente accelerare la
costruzione. L'unica difficoltà era reperire i ciottoli, quasi introvabili in quei luoghi; allora sono stati
"precettati" centinaia di ragazzi, i quali han dovuto percorrere diversi chilometri per poter raccoglierne a
sufficienza.
L’accoglienza è stata eccezionale, sia della gente che delle autorità — è il commento unanime -. C’è stato un forte
coinvolgimento a tutti i livelli. Persino i carcerati hanno dato volentieri una mano.
L’ospitalità è sacra e il rispetto verso gli ospiti è grande. Pur nella povertà, soprattutto delle case, tutte di
paglia, e degli strumenti di lavoro, si evidenzia la grande dignità di un popolo. Gravissime le carenze alimentari nei
bambini, in particolare nello svezzamento.
Tantissime sono le cose da raccontare, noi ci limitiamo ad evidenziare alcune tradizionali funzioni religiose:
la Messa che ha una durata anche di due ore e mezza, con canti ed animatori dell’assemblea, con danzatori e con il
controllo dell’accesso dei ritardatari perchè non disturbino nei momenti forti della liturgia. Inoltre la curiosa usanza
del riscatto della sposa da parte del pretendente, che consiste nel consegnare ai parenti o al Clan bibite ed alimenti
per un valore di circa settantaquattromila lire. La donna, purtroppo, è penalizzata, poiché è colei che deve sostenere
lavori pesanti, come la semina e la raccolta dei prodotti agricoli e portare sulla testa o sulle spalle dei grossi pesi
L’incontro si conclude con la visione di diverse fotografie e la proiezione di 150 diapositive che sono una eloquente
testimonianza.
Ai quattro animosi alpini giunti a casa raggianti, dopo lo stress, non ancora completamente smaltito, delle tantissime
ore di duro lavoro, ad una temperatura di oltre 45 gradi all’ombra, è rimasta soprattutto la soddisfazione di essere
stati provvidi ed utili a della gente povera, la cui assistenza medica è precaria, e la certezza di aver trasmesso il
messaggio, che è patrimonio anche della nostra associazione.
La missione non si esaurisce qui, almeno per qualcuno di loro, perchè c’è il proposito di ritornare.
Renato Brunello