CARGNACCO |
Giugno 1991 |
Dopo 45 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale sono tornati in Patria i resti di un soldato italiano non
identificato caduto in Russia.
Quanto rimane deposto in una bara è stato consegnato dai soldati sovietici, mentre un loro picchetto rendeva l’onore
delle armi a 4 militari italiani (un alpino, un fante, un marinaio, un aviere) che hanno provveduto a scortarla fino al
suo arrivo all’aeroporto di Ronchi dei Legionari da dove, la sera di Domenica 25 Novembre in un clima di enorme
commozione tra scrosci di pioggia e raffiche di vento che rendevano ancor più grave il momento, si è avviata, seguita
simbolicamente da tutti i labari e gagliardetti delle associazioni d’arma e combattentistiche, alla cappella del Sacrario
di Redipuglia per essere vegliata fino a Domenica 2 Dicembre da guardie d’onore delle Forze Armate.
Durante quei 7 giorni di veglia alla spicciolata, singolarmente, o in gruppi più consistenti, noi Alpini e familiari dei
dispersi abbiamo voluto, con una stretta al cuore, rendere omaggio alla piccola bara.
Chi ha creduto di salutare un fratello, chi un genitore, chi un compagno di eroismi e fatti d’arme.
Certamente ognuno di noi che sapeva ha voluto rendere onore alle Virtù del Soldato d’Italia: spirito di sacrifici, senso
del dovere, senso dell’onore umile non sbandierato.
Virtù anche civili sulle quali si fondano e reggono gli stati e le comunità.
A rendere ossequio al dovere oscuro Domenica 2 Dicembre sui gradini di Redipuglia c’erano migliaia di persone, centinaia
i labari e gagliardetti tra i quali anche i nostri, tra le autorità il Presidente della Repubblica e una autorevole
delegazione sovietica. Quanta commozione!
Nel pomeriggio... Cargnacco. Il sacello che da 35 anni aspetta la salma del soldato ignoto simbolo delle “Centomila
gavette di ghiaccio” può essere chiuso.
Ora i familiari di 75 mila dispersi hanno una tomba su cui pregare, il desiderio di Don Carlo Caneva mitico cappellano
della Tridentina e del Senatore Amor Tartufoli, padre di un caduto in Russia, che si batterono per la costruzione del
tempio, si è finalmente realizzato.
Nei nostri cuori, fuori dalla ufficialità delle cerimonie, c’è tanta tristezza.
Sono 75 mila i nostri soldati italiani dichiarati dispersi.
Quello che non fece la battaglia fecero la brutalità della marcia e poi l’odio degli uomini.
Non lasciamo che l’oblio cancelli la memoria di quella tragica epopea. Leggiamo per saperne di più, chiediamo ai nostri
reduci, solo così il loro sacrificio sarà per noi, nuove generazioni, lezione storica e ammaestramento morale.
Nicola Stefani