BOSCO DELLE PENNE MOZZE |
Dicembre 1993 |
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Una moltitudine di penne nere e loro familiari hanno gremito l’intero spazio a disposizione della valle di San
Daniele. Forse, mai come quest’anno ho notato una così forte presenza — giovani e non più giovani — alla manifestazione
al Bosco delle Penne Mozze, nella prima domenica di settembre.
Come cinque anni fa, la cerimonia ha avuto un significato particolare memore, per la prematura scomparsa del presidente
del Bosco rag. Marino Dal Moro, come il suo predecessore prof. Mario Altarui.
Il Comitato, nell’arco di pochi anni, ha perduto gli artefici principali dell’esemplare opera, coloro che, oltre a
presiedere l’organizzazione, ne sono stati la mente e l’anima, come dice Virgilio: “Magnum cui mentem animunque...”
(Gran lume di mente e grande impeto d’animo).
La dipartita di Marino (come quella di Mario), senza dubbio, ha segnato un momento di generale scoramento, e, come
dicevo, non solo per la improvvisa e prematura morte dell’amico, ma pure per il vuoto che ha lasciato, anche se altri
bravi alpini li sappiamo pronti e capaci a seguire, nel tempo, l’esempio di questi qualificati e benemeriti personaggi.
Nella gratificazione di una giornata limpida, piena di sole, la cerimonia ha avuto inizio con la deposizione di una
corona di alloro ai piedi del Monumentale, mentre le note del Silenzio, suonate da un giovane, echeggiavano nella verde
valle.
Prima della S. Messa, concelebrata dal maggiore cappellano della Brigata Cadore don Sandro Capraro e dal padre Vittorio
Battaglia, il presidente della sezione di Vittorio Veneto dr. Lorenzo Daniele ha voluto rivolgere un pensiero a coloro
che sono andati avanti, esprimendosi così:
“Dice S. Agostino: I morti non sono assenti. Essi sono solo invisibili, ma sono accanto a noi e tengono i loro occhi
pieni di luce nei nostri pieni di lacrime.
E Marino Dal Moro oggi è qui fra noi, presenza invisibile, per celebrare con noi questo 22° Raduno. Lui aveva preparato
questa cerimonia con l’entusiasmo che lo caratterizzava. Noi, superando le ragioni del cuore e della tristezza, la
portiamo avanti, perchè così avrebbe voluto Marino, che sempre diceva: il Bosco è al di sopra di tutti e le singole
vicende umane e personali non devono caratterizzarlo e condizionarlo.
Sono con noi anche Mario Altarui, morto cinque anni fa, Giulio Salvadoretti e tanti altri che questo bosco delle Penne
Mozze fondarono e svilupparono con vibrante e costante passione.
E allora, anche nel loro nome e nel loro ricordo, io rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, che oqgi siete venuti qui.
Saluto le autorità, i signori sindaci. i signori ufficiali in rappresentanza di tutte le Forze Armate; i presidenti
delle sezioni ANA con i loro vessilli, le Crocerossine, il Coro ANA di Vittorio Veneto, i familiari dei Caduti, i
decorati al V.M., i combattenti, le associazioni d’arma, la signora Imelda vedova di quell’Uomo grande che fu Enrico
Reginato, gli amici venuti da lontano e tutti voi alpini vecchi e giovani. Alla memoria benedetta di Marino, di Mario,
di Giulio, di tutti i fondatori e collaboratori del Bosco e di tutti i Caduti dedichiamo la Santa Messa che don Sandro
si accinge a celebrare”.
Don Sandro, nell’omelia, ha esordito spiegando la differenza che c’è tra memoria e memoriale. Egli ha sostenuto che tra
il primo e il secondo termine c’è una grossa differenza.
La memoria è qualche cosa che noi ricordiamo lontana, statica, qualche cosa che è rimasta nei nostri ricordi e che di
tanto in tanto tiriamo fuori, quasi per spolverare i nostri sensi di colpa, i nostri sensi di bisogno, tornare ai nostri
determinati affetti.
Il memoriale, invece, è un sentire il PRESENTE in modo concreto, in modo reale, come, appunto, facciamo memoriale della
morte e della resurrezione di Cristo, durante la liturgia della messa; e sentiamo ancora la presenza di questi nostri
amici, la PRESENZA con noi, perchè condivide la nostra esperienza umana e ci provoca in definitiva ad essere testimoni
di quello per cui loro sono morti. La nostra presenza alla liturgia — egli ha detto — è un recupero di noi stessi, è il
trovare qualcuno e qualche cosa che ci stimola attraverso il ricordo dei momenti passati, ne stimola il presente a
vincere con coerenza e rispetto dei valori della vita umana.
Don Sandro ha proseguito richiamandosi alla lettura della liturgia, che è un invito alla capacità di esortare le persone
a correggersi quando sbagliano, ribadendo che è un compito fondamentale di ognuno di noi, un atteggiamento di carità,
aiutare coloro che si trovano in difficoltà ad essere coerenti con loro stessi.
Ricordando la sua esperienza quotidiana in mezzo ai giovani, egli ha detto che bisogna assumersi la responsabilità di
richiamarli, nel dovuto modo. I giovani non hanno bisogno di trovare in noi persone che accondiscendano ai loro
desideri, alle loro necessità, alle loro idee, quasi improvvisamente, ma hanno bisogno di trovare nella generazione
precedente qualcosa che li richiami alla costante coerenza, a qualche cosa che sia permanente.
Poi, scusandosi, ha suggerito di non aver paura a tirare dolcemente le orecchie ai figli, quando se lo meritano, Al
giorno d’oggi forse si preferisce, a livello educativo, chiudersi in se stessi e non affrontare con decisione e coraggio
i problemi, soprattutto in famiglia. Questo non è un atteggiamento secondo gli orientamenti che abbiamo ricevuto e che
fanno parte della nostra storia e della nostra coscienza.
Non dobbiamo — egli ha detto — aver paura di richiamare la gente quando sbaglia, anche da un punto di vista sociale.
Al giorno d’oggi. a livello più o meno cosciente, noi godiamo per il fatto che vediamo un sacco di gente, che a seguito
tangentopoli, viene messa in prigione, e magari era la stessa che, fino al giorno prima, condivideva le nostre stesse
esperienze.
Moltissime volte accettiamo quello che non è giusto, per il comportamento del quale persone vengono condannate, e siamo
i primi a puntare il dito! Non è questo certamente il messaggio evangelico.
Il nostro intervenire non deve essere per rivendicare qualche cosa, lo dobbiamo fare perchè siamo convinti che ognuno di
noi ha questo compito fondamentale: essere strumento di aiuto nei confronti della gente con cui viviamo.
Ecco perchè facciamo memoriale — egli ha soggiunto — perchè comprendiamo quei valori che ci sono stati tramandati da
coloro che sono passati con l’esperienza del vivere umano, quotidiano; e il nostro compito è di ritrasmettere a quelli
che vengono dopo di noi.
Don Sandro ha concluso invitandoci nuovamente a non aver paura di richiamare all’onestà, alla coerenza, ai valori della
vita sia i nostri figli, che quelli che non vivono secondo l’insegnamento evangelico, e quindi non sono coerenti con le
loro responsabilità civili e morali.
La predica di don Sandro è stata ascoltata con molta attenzione e molto apprezzata.
Dopo la preghiera dell’Alpino, Francesco Zanardo presidente della sezione dì Treviso è intervenuto in sostituzione del
presidente della sezione di Pordenone Gasparet - con un breve inserto sull’indirizzo e la circostanza della cerimonia e
del luogo.
Egli ha affermato che il Bosco delle Penne Mozze non è come tutti i boschi: il bosco del Cansiglio. il bosco del
Montello, il bosco del Cesen: esso è ormai per antonomasia il "BOSCO", il Bosco per eccellenza.
Dopo aver fatto una sentita descrizione poetica delle meravigliose montagne dolomitiche, dalle quali il vento scende nel
Bosco e soffia leggero sulle 2346 Stele argentee, Francesco ha concluso dicendo:
"quando abbiamo constatato che le lacrime di San Lorenzo, le stelle cadenti non hanno sfrecciato nel cielo terso,
smentendo. quindi, le previsioni degli esperti, le abbiamo lasciate godere, quella notte, con i nostri 2346 VECI, quassù
raccolti da Mario Altarui e Marino Dal Moro".
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Tra le autorità presenti abbiamo notato: l’on. Rocelli; il dott. Capocelli in rappresentanza del Prefetto; il col.
Bellinazzi comandante le Trasmissioni del 5° C.A.; i ten. col. Giacomin del Btg. Pieve di Cadore, Mazzacasa. Bacchiani,
Boleri dell’Artiglieria da Montagna in rappresentanza del comandante della Brigata “Cadore”; il magg. Antoniassi del 2°
Stormo: il sindaco di Vittorio Veneto Botteon e quello di Cison co. Brandolini: la signora Imelda vedova della M.O.
Reginato; Maria Pia Altarui sorella di Mario; il consigliere nazionale Lino Chies, i presidente delle sezioni di
Treviso, di Valdobbiadene e di Conegliano: Lorenzo Daniele, Francesco Zanardo, Giuseppe Rossi e Luigi Basso; il
segretario dell'AsPEM gen. Carlo Giovannini: il dott. Amos Rossi direttore di "Penne Mozze".
Inoltre le rappresentanze con bandiera: Artiglieri di Cison e Follina; famiglie Caduti e Dispersi di Caerano e Treviso
provincia; ex Internati di S. Lucia di Piave e Treviso; Fanti di Cison: Mutilati e Invalidi di S. Lucia e Vittorio
Veneto, Ass. Naz. Sottufficiali d’Italia Vittorio Veneto; combattenti di Cison, Postioma, Vittorio Veneto e Treviso:
Marinai di Treviso e Vittorio Veneto: ANPI S. Lucia e Prov. Treviso; Corpo Crocerossine con l’ispettrice Burro e diverse
sorelle; l’ass. Penne Mozze e Nastro Azzurro, di Vittorio Veneto e Treviso. Inoltre i vessilli delle sezioni di Cadore,
Conegliano, Marostica, Pordenone, Treviso, Valdobbiadene, Vittorio Veneto, di Parigi (Francia), con 90 gagliardetti dei
gruppi. Il Coro ANA di Vittorio Veneto ha eseguito i canti con la solita bravura.
La nostra sezione era bene rappresentata, oltre che con il presidente Luigi Basso, con il vice Battista Bozzoli: il
nostro nucleo di Protezione Civile con attrezzature mediche e paramediche. oltre ad un servizio di radio mobile, con il
medico dott. Toni Battistella.
Va ricordato che, a fine cerimonia, la signora Gabriella vedova Marino Dal Moro ha consegnato al presidente della
sezione di Treviso geom. Francesco Zanardo una medaglia d’argento, raffigurante tre penne mozze.
RENATO BRUNELLO