SANITA' MILITARE |
Giugno 1993 |
di Domenico De Napoli, Editrice APES (Piazza Mazzini, 15- Roma) L 30.000.
La situazione sanitaria durante i conflitti bellici è un argomento da sempre trascurato dai manuali di storia, anche dai
migliori.
Tradizionalmente la "storia" è elenco analisi in prospettiva diacronica di eventi politici e soprattutto militari
(nonostante le moderne tendenze storiografiche che continuano a restare sulla carta senza concreta applicazione in fase
di “scrittura storica”; va da sé quindi che tutto ciò che non sia guerra o politica venga lasciato all’analisi non dello
storico stricto sensu ma del sociologo o dello storico del costume. Quasi che esista una storiografia di serie
“a” (quella che analizza nevroticamente i grandi eventi e le grandi personalità - per altro già noti e quasi abusati -,
finendo quasi sempre per ripetere il già detto) ed una storiografia di serie “b” (dequalificata e dequalificante).
Controccorrente, in questo senso, è il bel volume di Domenico De Napoli sulla sanità militare durante la guerra 1915-15.
Un argomento poco conosciuto e poco studiato, eppure importante ed utile per gettare luce su un periodo critico della
nostra storia.
Lotte e contrasti tra “interventisti” e “neutralisti”, la configurazione delle forze politiche in Italia e le loro
tensioni interne trovano posto nella premessa (curata dallo stesso autore), necessaria introduzione alla comprensione
del periodo in cui si inquadra la ricerca.
L’analisi si allarga rapidamente fino a comprendere in uno sguardo d’insieme la situazione sanitaria mondiale durante il
conflitto, ed evidenzia il rallentamento delle iniziative igienico-sanitarie durante le operazioni militari.
Particolarmente utili i dati riportati nelle tabelle statistiche riassunti-ve.
Inizia quindi la trattazione vera e propria del sistema sanitario, articolata in sei capitoli, che descrivono in
dettaglio la situazione italiana durante il conflitto.
il primo capitolo tratta le operazioni preliminari all’entrata in guerra e la sanità militare antecedente le fasi
belliche.
Viene quindi evidenziata la drammatica condizione in cui vennero a trovarsi i soldati in trincea e negli ospedali da
campo durante e dopo l’offensiva austro-ungarica e tedesca del 15 maggio, che costò all’esercito italiano moltissimi
morti ed un altissimo numero di feriti, mettendo in crisi medici e chirurghi della sanità militare.
Altro aspetto poco noto ed esaurientemente trattato da Domenico De Napoli sono i "servizi igienico-profilattici": di
fronte alla minaccia di epidemia in conseguenza dello scoppio della guerra, la Sanità Militare e la Direzione Generale
della Sanità Pubblica vennero a trovarsi in situazione d’emergenza, cui cercarono dì ovviare attraverso la stampa e
diffusione di opuscoli di propaganda sanitaria. Non solo. Nei territori occupati la direzione sanitaria venne assunta
dall’esercito, cioè dai medici militari, attraverso un organigramma ed un’organizzazione capillare coinvolgente la
stessa sanità pubblica.
Ma se sul piano della prevenzione sanità militare e pubblica si mossero concordemente in una strategia operativa comune,
su quello terapeutico fu solo l’apparato militare a muoversi, spesso tardivamente, specie nelle zone teatro di guerra
campale.
Si assistette così ad epidemie assai virulente, alle quali scarso rimedio poterono porre le iniziative della sanità
militare, cui per altro si deve dar atto di aver fatto tutto quanto era possibile in rapporto alle reali sue
possibilità.
Il secondo capitolo prende in esame il periodo dicembre 1916-ottobre 1917, “Dalle battaglie autunnali alle offensive di
primavera”. ovviamente mettendo in risalto i riflessi che le operazioni militari ebbero sul lato della sanità: morti,
feriti, ammalati. Due sono le operazioni su cui l’autore si sofferma particolarmente: quella sull'Isonzo, con relativo
servizio sanitario e migliorie ad esso apportate per aumentarne il numero di posti letto: quella della Bainzizza, che
vide analoghe iniziative della Sanità Militare per aumentarne la capacità di accoglienza degli ospedali da campo.
I capitoli successivi trattano dei servizi di sgombero dei feriti nelle zone di battaglia, con particolare riferimento
all’opera dei medici di prima linea e all’attività dei portaferiti; della ritirata di Caporetto, che ebbe tra le altre
disastrose conseguenze quella di abbandonare al nemico l’intera organizzazione sanitaria del fronte. L’opera si conclude
con il capitolo intitolato “Vecchi e nuovi problemi dell’organizzazione sanitaria”: il titolo non corrisponde
perfettamente al contenuto, che riguarda le difficoltà incontrate dalla direzione sanitaria della terza armata
nell’ultima fase della guerra fino a Vittorio Veneto, ed anche in seguito, per la sistemazione e cura di feriti e
prigionieri di guerra.
Concludendo, ci si trova di fronte ad una trattazione monografica ben condotta e ben documentata su materiale
archivistico di prima mano e su una ricca bibliografia, che ci porta a conoscenza di un aspetto scarsamente trattato
eppure assai importante del primo conflitto mondiale.
Quasi tutti sanno come e perché si sparò. Non molti su chi caddero quei proiettili, quanti morti causarono, quanti
feriti. Pochi come quei feriti furono curati, con quali medicine, in quali ospedali. Di quali epidemie si ammalarono
militari e civili, come si cercò di rimediare e via dicendo. Si tratta forse di marginalia historica per chi
vuole solo nomi e date. Di qualche cosa di più per chi crede nella storiografia come tentativo di ricostruzione di una
realtà complessa. Ogni sforzo in questa direzione è da apprezzare.
Andrea Ercolani