ALPINO D'AUSTRALIA |
Dicembre 1995 |
Vita non facile, quella degli emigranti.
Qualcuno ha affermato che la loro esistenza è come quella delle
rondini, sempre in volo verso stagioni migliori; e anche peggio di quella
delle rondini, perché non sempre ritornano all'amico nido, sotto quel
cornicione, nel portico o appeso come un vaso di fiori vivi sopra il poggiolo.
Non sempre ritornano, e non tutti.
Ermidio Poloni, di Castello
Roganzuolo, è ritornato dopo 45 anni a rivedere le sue colline, i parenti e
gli amici. La sua vicenda è
simile alle migliaia di altri emigranti, che per costruirsi un futuro decisero
di lasciare il paese.
E lasciare il paese, mi confessa Ermidio, significa
lasciare non solo il focolare ma l'amata chiesa, il cimitero dove riposano i
cari morti, l'osteria dove con gli amici c'era la partita alla domenica;
significa lasciare una terra bella e intatta nella sua bontà e nella sua
fede, nei valori semplici dei nostri padri che per generazioni intere ci hanno
trasmesso la loro fede in Dio e nell'Uomo; lasciare le colline attorno alla
chiesa, il capitello della Madonna in fondo al borgo, la casa, il portico.
Una terra bella ma povera, dove il lavoro o non c'era o non bastava
mai.
Lasciare il tuo paese significa andare in un paese che non è né sarà
mai il tuo, perché quando hai il tuo paese nel cuore, anche una grande
metropoli australiana può sembrarti il deserto.
Laggiù l'inizio fu quello
di tutti gli emigranti in Australia, una avventura che nella maggioranza dei
casi comincia con una "baracca in lamiera".
Ora la famiglia è diventata grande, con figli e tanti nipoti ben
integrati, ma c'è sempre il piccolo lontano paese nel cuore, un amore
incomparabile per l'Italia e per l'Associazione Alpini, che forse per un
alpino all'estero sono la stessa cosa.
Da quando ha maturato la pensione,
Ermidio dedica gran parte del suo tempo alla attività della sua sezione, ad
Ingham, un'attività fatta di mille grandi e piccole iniziative.
Visioniamo la cassetta video che si è portata dall'Australia. C'è la cerimonia del battesimo dell'ultima nipote, poi la
sfilata dei 35 alpini della sezione: tutti veci, ma con passo sicuro, fieri e
impettiti tra gli applausi di due ali di folla al suono del "passo
33". Si avverte una commozione molto maggiore di quella delle nostre sfilate, come se fosse
moltiplicata dalle migliaia di chilometri di distanza.
Segue un affollatissimo "rito" conviviale ed un corale
"Capitan de la compagnia", in singolare versione
italo-siculo-inglese, che la dice lunga su quanto sia vasto il seguito e
quanto grande la stima di cui godono gli Alpini in Australia.
Ritornato in
Italia dopo tanti anni, Ermidio ha trovato la sua terra trasformata ed
irriconoscibile. Solo la chiesa
ed il campanile non hanno cambiato aspetto, messi la quasi a significare e
dire che non tutto può mutare. Ha visitato i luoghi della sua naia, ripercorrendo i sentieri
delle desolate montagne carniche, e si è fatto fotografare nella garitta
della caserma di Tolmezzo, ora tristemente deserta.
Al bosco penne mozze ha
pianto scoprendo la stele di uno zio, Rosario Poloni, caduto della prima
guerra: per una incredibile dimenticanza, il ricordo del suo sacrificio non
era mai stato impresso in nessuna pietra o lapide.
Ermidio Poloni è
rientrato in Australia, in quella terra che non è la sua ma ormai quella dei
suoi figli. E mostrerà le foto
scattate quassù nei luoghi cari alle Penne Nere, quando si troverà a
progettare con gli amici quello che per gli Alpini all'estero è il sogno più
bello: venire in Italia per l'adunata nazionale.<7p>
Gianfranco Dal Mas