IDIOMA... DEL CAPPELLO ALPINO |
Dicembre 1995 |
Questo bambino - ritratto di un tempo - ignaro
della sua sorte futura, tiene con la mano, per un lembo, il cappello alpino,
ed ammira con compostezza la lunga penna nera, accarezzandola con l'indice,
con delicatezza ed imbarazzo; forse si domanderà: «Quando sarò grande, che
possa metterlo anch'io?».
Chi lo sa se un giorno anch'egli ha potuto
indossarlo!
li desiderio di tanti giovani di portare, un domani, il cappello
alpino con la penna nera può diventare una chimera.
La ristrutturazione
delle Forze Armate e, peggio ancora, il preoccupante ridimensionamento delle
Brigate Alpine (giusto o sbagliato che sia) ci costringe ad essere pessimisti
sul loro «verde» futuro.
Pur convenendo alle autorità civili, in cui sono
insediati i Reparti Alpini, ed a diversi Deputati lo sforzo di mantenere viva
e vegeta questa benemerita «specialità settoriale» del nostro Esercito - la
quale può essere impiegata non solo sulle montagne, ma anche in altri luoghi,
per le più disparate possibili funzioni, di mansioni ad alto livello di
utilità nazionale ed internazionale - percepiamo comunque un giustificato
scetticismo.
Non capisco dove si vuole arrivare!
Ricordo che, quasi
cinquant'anni fa, durante la visita medica di leva, un mio amico-commilitone
scrisse su di un foglio di carta: «L'Italia è una disorganizzazione bene
organizzata».
Mi domando se in questo ultimo mezzo secolo sia cambiato
qualche cosa in meglio, o se, viceversa, ci sia più confusione.
Una cosa è certa: emerge un preoccupante edonismo, e la politica è
nel bel mezzo degli incessanti temporali, provenienti da tutte le direzioni.
Parlarne
non è mai troppo.
Auguriamoci che l'aspirazione dei giovani di portare il
cappello alpino, durante la naja, non venga soffocata sul nascere, ma rimanga,
se non una certezza, almeno una speranza.
Renato Brunello