RADUNI TRIVENETI

CONEGLIANO 1995


1995

CONEGLIANO, 4 giugno 1995

Adunata Triveneta - Giuramento solenne Brigata Alpina Cadore - Adozione a distanza

Il ricordo dell'Adunata Triveneta delle penne nere e dal giuramento solenne del 5° Scaglione ‘95 della Brigata Alpina Cadore è ancora fresco, vivo. Tutti ricordiamo quelle giornate di festa, con la città addobbata, le bandiere tricolori, i chioschi vocianti, le ripetute esibizioni della Fanfara Alpina. Poi la sfilata, lunga, gioiosa, con i coneglianesi lungo le strade a tributare il loro saluto. Quindi la cerimonia solenne allo stadio comunale, preparato a dovere e riempito in ogni ordine di posti; l'afflusso dei reparti, gli onori a Labari, Bandiere, Vessilli e Gagliardetti; quindi il forte, chiaro, urlato “LO GIURO” delle reclute e l'interminabile applauso che lo ha accompagnato. E nel pomeriggio Conegliano è diventata un presidio alpino facendo scattare la sua vocazione turistica con capannelli di gente a passeggio per strade e quartieri, fino ad arrivare al castello, ed ammirare le bellezze storiche della città.
Il 4 giugno 1995 rimarrà sicuramente nella memoria di molti e non solo per le celebrazioni del 70° anniversario della costituzione della sezione degli Alpini di Conegliano, la nostra sezione, e per il conferimento della cittadinanza onoraria alla Brigata Alpina Cadore.
Perché è si stata una giornata di festa, ma è stata anche una giornata di riflessione. I tagli alle spese dell’Esercito rischiano di far scomparire proprio la Cadore e per questo Conegliano, tutta Conegliano, i 30 gruppi sezionali si sono idealmente uniti all’appello lanciato da 170 parlamentari perché il Governo possa mantenere in vita questa gloriosa Brigata che porta in sé anche quel mitico e onorato Settimo Reggimento Alpini che vide i natali il 1 agosto 1887 proprio a Conegliano.
Uno sforzo grande quello che dovranno sostenere gli alpini per salvare la loro storia e le loro tradizioni. Gli alpini hanno fiducia nelle istituzioni, e le istituzioni devono salvaguardare gli alpini.


Renato Brunello


Un avvenimento.
Conegliano ha festeggiato gioiosa e partecipe

di Roberto Zava

Un risveglio dolce, sentito, atteso. Un po' militare forse, ma comunque gentile e la gente voleva anche questo. Domenica 4 giugno Conegliano ha ospitato l'Adunata Triveneta degli Alpini e il Giuramento Solenne delle reclute del 5° scaglione '95 della Brigata Alpina Cadore. Due importanti manifestazioni volute per celebrare degnamente i 70 anni di vita della Sezione di Conegliano dell'Associazione Nazionale Alpini.
ALZABANDIERA
Già domenica 28 maggio Conegliano era stata svegliata di buon ora dagli Alpini i quali, per far bella la città, mettendo in azione camion, ruspe ed oltre 200 uomini, avevano pulito un lungo tratto del fiume Monticano. Domenica 4 giugno invece la sveglia è stata diversa e intorno alle 8 l'area del Monumento ai Caduti in Piazza 4 Novembre ha cominciato ad animarsi per l'arrivo di autorità, dei rappresentanti dei gruppi con i loro gagliardetti e per una cerimonia immancabile: l'alzabandiera e la deposizione di una corona di alloro alla memoria di chi, per salvare la patria, è “andato avanti”. Tra i presenti si è parlato anche delle condizioni in cui versa il monumento e della necessità di provvedere presto ad un intervento di manutenzione; già la precedente amministrazione comunale aveva raggiunto un accordo con il presidente sezionale Basso ed ora un apposito comitato di restauro, formato dai 4 gruppi alpini di Conegliano (Città, Maset, Parè e Collalbrigo) sta studiando i tempi per procedere; l'intervento, che sarà coordinato da tre responsabili, Antonio Daminato, Silvano Armellin e Roberto Piccin, prevede la pulitura di tutta la parte in marmo, la sostituzione del primo gradino e la sistemazione del giardino del piazzale.
Per il prossimo 4 Novembre, data di chiusura dei festeggiamenti per il 70° della sezione, il monumento ai Caduti tornerà lucente.
La cerimonia dell'alzabandiera è stata un momento semplice ma significativo, alla presenza di ufficiali degli Alpini, del Vicepresidente Vicario Nazionale, il nostro Lino Chies, e del Presidente sezionale Luigi Basso.
Poi tutti in ordine ed in fila, gagliardetti bene in vista, la Fanfara Alpina della Sezione in testa al gruppo, e lungo corteo che ha attraversato il centro di Conegliano, sulle note delle marce più famose, annunciando l'inizio di una giornata importante. Con i primi coneglianesi già in strada, i pullman che continuavano ad arrivare, il corteo ha raggiunto Viale Spellanzon dove era previsto l'ammassamento.
AMMASSAMENTO
La felice conformazione di Conegliano e la possibilità di godere di ampi spazi di movimento, ha permesso di organizzare nel migliore dei modi il raduno. Viale Spellanzon, un tempo chiamato “ viale dei passeggi”, si presta particolarmente, per la sua larghezza, ad ospitare qualsiasi manifestazione ed è stato un luogo ideale per l'ammassamento.
Ordinati, seguendo le precise indicazioni riportare sugli alberi ai lati del viale, migliaia di Alpini hanno preso le loro posizioni attendendo l'inizio della sfilata. Non ci sono stati intoppi e tutti hanno potuto facilmente risalire al loro gruppo o alla loro sezione senza che ci fosse confusione o che nascessero equivoci.
Davanti alla chiesa di San Pio X l'attenzione maggiore era comunque incentrata sui muli che avrebbero partecipato alla sfilate. Un'attenzione particolare quella riservata a questi quadrupedi tanto cari agli alpini e mentre qualcuno discuteva sulla mancata partecipazione all'adunata nazionale di Asti (dovuta esclusivamente ad impegni familiari), qualcun altro notava il lucido crine dei muli e come gli zoccoli fossero anch'essi lucenti e brillanti, addirittura “tirati” con il lucido da scarpe.
Per i muli, per mantenere viva la loro tradizione, si fa questo ed altro, e la chiesa di San Pio X è stata lo sfondo per centinaia di fotografie visto che quasi nessuno dei presenti ha rinunciato a farsi immortalare con questi “animali” con le stellette.
Finiti i flash anche i muli hanno preso poi posizione in coda al gruppo.
SFILATA
Qualche minuto prima delle 9, in anticipo rispetto alla tabella di marcia, la Fanfara della Brigata Alpina Cadore ha dato il via alla sfilata. Preceduto da tre motociclette dei vigili urbani di Conegliano in alta uniforme, il corteo ha potuto cominciare a sfilarsi imboccando via Garibaldi per raggiungere il centro città dove era posizionato il palco d'onore. E fin dai primi passi delle Fanfare, dalle prime note lanciate dagli strumentisti, lo spettacolo della manifestazione ha cominciato a delinearsi in tutta la sua bellezza di colori variopinti, di veci e di bocia fieri della loro presenza, di suoni e di calore.
Tutti in fila per otto, rigorosamente, tutti a marciare con passo sicuro, anche chi, curvo sul peso degli anni, magari con il bastone a sostegno, a queste adunate non rinuncerebbe per nessun altra cosa al Mondo. L'amore degli Alpini e per gli Alpini si vede anche in questo frangente e la notevole partecipazione di gruppi e sezioni è stata un segnale di come la Sezione di Conegliano rappresenti un punto importante nel panorama alpino nazionale.
Perfettamente scandita nei suoi momenti dal bravo speaker, il vicepresidente Nicola Stefani, la sfilata ha cominciato a snodarsi per la città. Subito dietro la Fanfara della Cadore si sono posizionate le crocerossine, quindi i rappresentanti delle sezioni d'arma della città, avieri, artiglieri, bersaglieri, marinai, autieri, finanzieri, carabinieri, internati, vittime di guerra, reduci e partigiani; quindi hanno cominciato a sfilare le sezioni ospiti. Lungo i marciapiedi e i viali della città la gente applaudiva di continuo, specialmente nei corsi Vittorio Emanuele e Mazzini dove si è incontrato il maggior concentramento di pubblico.
Le note delle fanfare e le parole dello speaker hanno sancito la notevole partecipazione. Tante le sezioni e i gruppi giunti dalle altre regioni, dalla Lombardia, dal Piemonte, dall'Emilia, dalla Toscana, dall'Abruzzo, dal centro Italia. “Ecco la sezione di Torino. Ecco la sezione di Firenze, là dove nasce l'Arno”.
Gli altoparlanti diffondevano ogni singolo passaggio delle migliaia e migliaia di Alpini che procedevano nella sfilata passando davanti al palco delle autorità, posto ai piedi della Gradinata degli Alpini, dove gli onori di casa venivano fatti dal Presidente Luigi Basso e dal Sindaco di Conegliano Achille Ghizzo.
E poi è stata la volta delle sezioni del Triveneto, 25, tutte presenti ”Ecco gli amici dell'Alto Adige. Sfila ora la Sezione di Bassano, li sul Ponte ci ridarem la mano. Ed ecco gli Alpini di Mestre custodi della Madonna Don per onorare quanti non sono tornati”. La sfilata è proceduta lunga, appassionante, senza un attimo di respiro, con almeno 7000 alpini.
E l'ultima sezione è stata la nostra, Conegliano, con i suoi 30 gruppi, con davanti a tutti il nostro ormai famoso striscione (striscione che ha girato l'Italia) con la scritta “Conegliano culla del 7°”, dietro il vecchio Gagliardetto del 1925 portato da Giovanni Daccò e il vessillo sezionale; un fiume di penne nere che ha invaso le vie centrali. Poco prima delle 10 il gran finale con i muli, i tanto amati quadrupedi che l'amore degli Alpini ha permesso di salvare dalla macellazione; muli che sono diventati un simbolo e che degnamente hanno chiuso il lunghissimo corteo.
GIURAMENTO SOLENNE
Non c'era un centimetro di spazio libero allo stadio comunale.
Impossibile quantificare i presenti: chi ha detto 10 mila, chi 12 e chi addirittura 15 mila. Tre i palchi per le autorità, posizionati a ridosso della pista di atletica leggera, dove spiccavano, numerosi, i parlamentari delle nostre zone e tantissimi sindaci ed amministratori comunali.
Tutto era preparato a dovere e tutto si è svolto con militare precisione. Alle 10.20 l'immancabile Fanfara della Brigata Alpina Cadore ha fatto il suo ingresso nel campo prendendo posizione e subito dopo c'è stato l'afflusso dei reparti, 364 reclute del 5° Scaglione ‘95. Quindi gli onori ai Labari, Vessilli e Gagliardetti delle associazioni combattentistiche e d'arma: ben 360, un esercito, tanto gli che mai in simili occasioni si era visto un cosi alto concentramento di bandiere.
Alle 10,42 l'inno nazionale è risuonato forte per gli onori al Labaro dell'Associazione Nazionale Alpini, Labaro scortato dal Vicepresidente Vicario Nazionale Lino Chies (il Presidente Nazionale Caprioli, che qualche mese fa aveva onorato Conegliano in occasione delle celebrazioni per Pietro Maset, era occupato in un'altra importante manifestazione che si svolgeva in Friuli).
Tutti in piedi poi per gli onori al gonfalone della Città di Conegliano e per gli onori alle bandiere di guerra del 7° Reggimento Alpini (il nostro, quello che vide la nascita a Conegliano) e per il 16° Reggimento “Belluno” che erano scortati dal Comandante del 4° Corpo d’Armata Alpino, Gen. Angelo Becchio, e dal Comandante della Brigata Alpina Cadore, Gen. Primo Gadia; i quali poi lasciavano il comando del campo al Col. Ottorino Resto, Comandante del 16° Belluno.
Sono seguiti i momenti celebrativi e suggestivi. La presentazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare, Attilio Brunetti, e le sue gesta eroiche e valorose, e il discorso dello stesso Brunetti, carico di commozione, ma anche stimolo per le nuove generazioni.
La clemenza del tempo permetteva di procedere senza variazioni di programma ma la forte umidità presente sul terreno facevo vacillare qualche recluta. Un perfetto servizio d'ordine e di soccorso non modificava l’assetto dei reparti ed alle 11.00 in punto, a seguito dell’allocuzione del Comandante di Reggimento, un fortissimo “LO GIURO” urlato dalle 364 reclute liberava il pubblico verso un calorosissimo e lunghissimo applauso.
E mentre sulle tribune le lacrime di più di qualche mamma scorrevano veloci lungo le guance, la cerimonia è proseguita con la preghiera dell'Alpino, il rientro nei ranghi della bandiera del 16° Reggimento “Belluno”", lo scambio delle drappelle tra anziani e reclute e la consegna di oggetti ricordo da parte del Comune (con la graziosa e sottolineata presenza di tre damigelle della Dama Castellana in costume d'epoca) e l'intervento del sindaco di Conegliano il quale ha conferito la cittadinanza onorari della città, culla del 7° Reggimento Alpini, alla Brigata Alpina Cadore “per i vincoli di fraternità e di amicizia - ha detto Achille Ghizzo - e per l'affetto che lega gli Alpi alla nostra terra”.
L'intervento del Gen. Becchio ha quindi preceduto il termine della cerimonia che ha visto nuovamente gli onori alle Bandiere, al gonfalone della città e al Labaro Nazionale dell'A.N.A.; alle 11.40 il deflusso dei reparti ha chiuso il giuramento al campo ed ha contemporaneamente aperto i festeggiamenti dei familiari alle reclute.
BRIGATA CADORE
La presenza di tanti parlamentari al Giuramento Solenne era ampiamente giustificata. A metà maggio infatti, avuta certezza che da parte d’Esercito, nell’ambito dei tagli ai bilanci e con la volontà di ridurre le spese, era stato programmato lo smantellamento della Brigata Alpina Cadore, ben 170 parlamentari, capeggiati dall’Onorevole bellunese Paolo Bampo, hanno sottoscritto un documento in cui chiedono al Governo di far recedere l’Esercito da questo proposito, di salvare le quattro Brigate Alpine. Nessuno vuole che quello di Conegliano sia l'ultimo giuramento della Cadore.
“Dobbiamo difendere la Cadore - ha affermato Bampo - perché altrimenti gli alpini non avrebbero più un loro Corpo d'Armata”. E sul palco, alla presenza dei giornalisti, non è mancato uno scambio di battute tra l’onorevole bellunese e il Gen. Becchio.
“Non posso mantenere le quattro Brigate Alpine a scapito di qualcun altro - ha detto Becchio e quando uno ha troppe piante nel giardino ne deve tagliare qualcuna”.
“Ma non può tagliare quelle sane” ha detto di rimando Bampo ricevendo in risposta dal Gen. Becchio: “Allora qualcuno deve chiarirmi quali sono le piante sane e quelle che si possono tagliare”.
“Gli alpini rappresentano una potenzialità - ha concluso Bampo e in questo settore dobbiamo investire e non tagliare”.
Nessuno sa quello che succederà nei prossimi mesi e se l'azione dei 170 parlamentari troverà riscontri. Le speranze di tenere in vita la Brigata Alpina Cadore rimangono appese ad un sottilissimo filo.
Al termine nel piazzale del scuola media Grava ed all'interno della palestra le autorità presenti sono intervenute al rinfresco ufficiale. Si è continuato a parlare dei tagli alle Forze Armate, ma sono cominciati anche a piovere elogi sia per la perfetta riuscita della cerimonia del giuramento che per l'Adunata Triveneta organizzata dalla nostra Sezione.
CHIOSCHI
Finita la cerimonia del giuramento i 5 ristori posizionati in diversi punti della città sono stati presi d'assalto e in tanti altri punti sono sorti chioschi spontanei a dimostrazione che diversi gruppi erano arrivati con “l’arrangiamento” in pullman. I 5 ristori “regolari” hanno dovuto lavorare per diverse ore e fare più turni per soddisfare tutte le richieste e in totale sono stati distribuiti più 3000 pasti. Rimane un segreto quanto vino è stato consumato, tutti hanno lavorato a pieno regime fino al tardo pomeriggio, compresi anche i chioschi localizzati in più punti.
Non sono mancati i momenti di simpatia e di sostegno. Il Presidente Sezionale Basso ha voluto personalmente fare una visita ad ognuno dei 5 ristori ed in tutti ha ricevuto complimenti e applausi per il 70° della Sezione, complimenti ed applausi che Presidente ha girato ha quanti hanno lavorato per allestire le manifestazioni.
Al chiosco n° 5, nell'ex Piazza d’Armi, stand curato dal gruppo San Vendemiano, sono stati letteralmente fatti i salti mortali per accontentare tutte le richieste (le mancate prenotazioni creano sempre qualche problema) ma la preparazione e la velocità degli addetti alla cucina hanno permesso di accontentare tutti, compresi gli alpini del nostro Gruppo Città i quali, potendo contare al loro interno diversi componenti del Coro Castel, al termine del pranzo hanno dato vita ad un carosello di motivi che hanno felicemente allietato i presenti.
CHIUSURA
Nel pomeriggio Conegliano ha “sopportato” anche qualche goccia di pioggia, poca comunque, e breve, tanto da non interferire nei programmi di chi è rimasto in città ed ha cosi potuto ammirare le bellezze storiche e paesaggistiche che offre la nostra zona.
Numerose le visite alla Chiesetta della Madonna della Neve e le penne nere giunte dalle altre provincie e dalle altre regioni hanno potuto ammirare il lavoro di restauro effettuato dagli alpini coneglianesi, un altro atto amore verso la città che è costato impegno, lavoro e sacrifici con un buon ritorno, comunque, di complimenti e ringraziamenti.
Molti sono stati i visitatori che hanno raggiunto il castello per assistere all’ultima esibizione della Fanfara della Brigata Alpina Cadore che ancora una volta ha entusiasmato i presenti i quali hanno voluto chiedere un paio di “bis” e a malincuore, dopo i ringraziamenti vivi e sentiti da parte del Vicepresidente Sezionale Geronazzo, hanno lasciato andare i concertisti.
In città intanto cominciavano le partenze. Alpini, commilitoni, vecchi e nuovi amici, si scambiavano i saluti dandosi già gli appuntamenti alle prossime adunate delle penne nere in giro per l'Italia.
La città piano piano ha ripreso il suo volto normale.
Nel campo sportivo non c'era più traccia delle strutture servite per il giuramento solenne ma anche gli alpini locali, stanchi ma soddisfatti, avevano cominciato a smontare tende e capannoni.
Poco prima delle 18 il Monumento ai Caduti di Piazza 4 Novembre si è nuovamente riempito di penne nere per la cerimonia dell'ammainabandiera che ha posto fine ad una giornata importante ed intensa che la Sezione di Conegliano ricorderà nel tempo.


NUTRITA PRESENZA DI VISITATORI A PALAZZO MONTALBAN
MOSTRA STORICA SUGLI ALPINI

Nell'ambito delle celebrazioni per il 70° della Sezione, grande risalto ha avuto la mostra storica sugli Alpini. L'allestimento nel salone di Palazzo Montalban è stato curato da tre noti esperti del settore, nonché ricercatori meticolosi ed appassionati collezionisti: Luciano Barzotto, Roberto Semenzin e Remo Buosi. La mostra ha aperto una finestra sul panorama del costume militare alpino di più epoche. L'immagine che ne è scaturita non è solo quella del soldato valoroso e tenace ma anche di colui che ha saputo dimostrare in ogni occasione, nelle drammatiche vicende belliche come nelle quotidiane attività di servizio a favore della comunità quello spirito di sacrificio e quella carica di umanità che lo hanno fatto conoscere ed ammirare in tutto il mondo. Alla presenza di autorità civili e militari la mostra è stata inaugurata dalla signora Reginato, moglie del Generale Enrico Reginato, medaglia d'oro al valor militare. Al taglio del nastro i convenuti sono stati accolti nel salone dell'esposizione dalle suggestive e toccanti note di “Sul Ponte di Perati” del Coro Alpino di San Vendemiano, diretto dal maestro Mazzer Fiorenzo. Roberto Semenzin ha quindi illustrato ai presenti le varie sezioni della mostra. Unica nel suo genere, la mostra storica ha attirato numerosi visitatori e sarà recensita da una rivista del settore. Sono state presentate diverse divise da combattimento, offrendo al visitatore un quadro completo dell'evoluzione dell'abbigliamento delle truppe alpine italiane ed evidenziando il contrasto tra le vecchie uniformi, talora scomode e sgraziate, e quelle più recenti, pratiche e non prive a volte di una certa eleganza. Nel contempo è stata narrata la tragedia della guerra. Emblematica a riguardo la divisa del Battaglione “Monte Cervino”, un capo che non sfigurerebbe per la sua eleganza in una boutique del centro della nostra città. Ma, quella scritta da questa unità è una delle pagine più tristi degli alpini. Il Battaglione “Monte Cervino” fu costituito ad Aosta nel 1940 con forza di 350 uomini, tutti sciatori equipaggiati di tute mimetiche bianche con le migliori soluzione dell'epoca tra cui gli scarponi con la suola in gomma “vibram”. Inviato sul fronte greco-albanese nel gennaio del ‘41, un mese dopo non esisteva più: ad Aosta rientrarono 37 superstiti in tutto. Fu ricostituito nel novembre dello stesso anno, più bello di prima. Sottoposto ad un durissimo addestramento fu inviato sul fronte russo: questa volta ritornarono in 5, un capitano e 4 alpini. Per l'enorme sacrificio sostenuto ed il valore dimostrato sul campo di battaglia, il “"Cervino” fu poi decorato di medaglia d'oro al valor militare. Tra i pezzi rari dell'esposizione l'elmo e la corazza “Farina”, di cui erano equipaggiati i guastatori. Una Circolare del comando supremo del giugno 1915 decretava la costituzione di squadre di soldati selezionati incaricati di distruggere i reticolati che ostacolavano l'assalto della fanteria. Erano nate cosi le “Compagnie della morte”. Collaudate al tiro del nostro fucile mod. 91, le corazze risultarono perforabilissime ai calibri austriaci. E fu massacro. Di grande effetto la ricostruzione della tragica ritirata dal fronte russo, con gli alpini che non abbandonano il compagno ferito sulla slitta e si sostituiscono nella tormenta all'inseparabile mulo che orinai serve solo per cibo ad altri sventurati. Per i reparti che erano riusciti a spezzare la tenaglia delle annate russe e a sopravvivere alle fatiche, alla fame e alle malattie, il nemico peggiore divenne il gelo delle steppe, che divorava mani e piedi. Gli scarponcelli di cuoio scadente dei nostri alpini si inzuppavano come stracci quando pioveva e quando gelavano diventavano di legno. La suola, fitta di chiodi, trasmetteva ottimamente la temperatura esterna alla pianta del piede. I “Valenti”, stivali di feltro caldi e leggeri, erano quindi molto ricercati dai soldati italiani, rumeni ed ungheresi, inadeguatamente equipaggiati per il rigido inverno russo. Più di qualcuno deve la propria vita al fatto di essersi procurato i “Valenki” da qualche caduto o prigioniero sovietico. Quelli esposti alla mostra appartenevano all'alpino Lino Salini di Bedonia (Parma) del Battaglione Tolmezzo. Li consegnò anni fa a Guido Aviani, direttore del Museo storico del Tempio di Cargnacco, dedicato agli Italiani caduti sul fronte russo, confessando in lacrime che quei “Valenki” avevano salvato durante la ritirata.
Di notevole interesse la documentazione fotografica, proveniente da collezioni private e per la maggior parte inedita. L'istantanea che riprende il generale Garibaldi in visita ad un ordinato ospedale militare è vera, ma è falsa l'impressione di una normalità assistenziale che essa vorrebbe trasmettere: in realtà centinaia di combattenti morirono tra i grovigli di filo spinato nell'inutile attesa di un qualunque soccorso. E la rovinosa ritirata in terra sovietica fu solo l'inizio: quello del rientro per molti fu un ulteriore dramma, più vasto di quello della guerra e della disfatta. La gioia di tornare a casa, di essere usciti vivi da quell'inferno di fuoco e di ghiaccio, fu accompagnata, per gli alpini, da amarezze, delusioni e qualche volta anche vergogna. Chi era disceso festante dal treno, al confine, per sentire ancora una volta sotto i piedi la terra natale, fu fatto risalire in fretta, chiusi gli sportelli e rialzati i finestrini. Nessuno doveva vedere gli alpini: le divise lacere, gli scarponi sfondati, infestati dai pidocchi, malati di dissenteria, sporchi e malmessi, provocavano ribrezzo. Le vere dimensioni del disastro si ebbero solo a rientro ultimato: per portare gli alpini della Julia in Russia erano stati impiegati oltre duecento convogli, per riportarli casa ne bastarono diciassette!
La mostra ha voluto essere quindi anche un omaggio alla memoria di tutti gli uomini semplici che, indipendentemente dalla loro volontà, hanno vissuto l'immensa tragedia della guerra, certi che la memoria della guerra è la miglior propaganda della pace e della fratellanza che nessuna società storica è mai sopravvissuta all'indifferenza per ciò che è stato.
Gianfranco Dal Mas

LUCIANO BARZOTTO
Della guerra non si studiano più solo le battaglie e i generali. Di essa ci si chiede ormai da tempo come la vissero, materialmente e psicologicamente, civili e soldati, le anonime masse del fronte e delle retrovie. Come era la vita quotidiana nelle trincee, e come quella di chi restava in città o nelle campagne, a ridosso o lontano dalle zone di guerra.
Luciano Barzotto, alpino del gruppo San Fior, è un cultore di tali testimonianze. Assiduo ricercatore, esperto collezionista e profondo conoscitore delle due guerre, ed in particolar modo delle vicenda storica del Corpo degli Alpini, la sua perizia in materia è frutto sia dello studio dei documenti ufficiali che della conoscenza acquisita attraverso numerose testimonianze orali dei superstiti. Nella sua taverna, trasformata in museo, numerosi i pezzi unici, tra i quali l'altare da campo di un cappellano militare della prima guerra mondiale e un pellicciotto da scolta del regio esercito, datato 1917. Nutrita la raccolta di lettere inviate da soldati al fronte o da prigionieri nei lager: nella loro inconsapevole violenza alla lingua italiana, questi documenti, a volte tristi e struggenti, sono frammenti importanti per capire certi aspetti della guerra. Ricca anche la collezione di elmetti delle varie nazionalità: Barzotto ricorda che finita la guerra essi diventarono “pitèri” per i gerani oppure, forniti di lungo manico, colatoi per il letame. Erano diversi come foggia e capacità ma il nonno li cedeva ai contadini tutti allo stesso prezzo: un fiasco di vino! Ogni recupero di testimonianze assume il significato di servizio reso alla conoscenza per le più fresche schiere di cittadini. Ma quella della collezione Barzotto è anche una storia di aste, di trattative estenuanti, di falsi, falsari, profittatori e cifre esorbitanti. Alcuni pezzi però gli sono stati ceduti gratuitamente: per ciò che significavano, essi non potevano avere un prezzo.
G.D.M.

DIECI ANNI DI VITA: UN ALBUM DI FAMIGLIA
PROTAGONISTI I BAMBINI DEL MONDO LONTANO

“Un album di famiglia, un diario scritto da diverse penne: una per ciascun Gruppo”. Si presenta cosi, da solo, il libro realizzato per il 70° anniversario della Sezione Alpini di Conegliano, un libro di vita alpina che ricorda il decennio 1985-1995 ma che integra anche la precedente pubblicazione uscita nel 1985 con il titolo “60 anni di attività Alpina a Conegliano”.
In copertina del libro una foto in bianco e nero con un bambino ed un cappello d'alpino, una foto significativa che testimonia immediatamente l'ultima iniziativa umanitaria degli Alpini: l'adozione a distanza di 43 bambini poveri, di diversi stati, residenti in zone sfortunate e svantaggiate.
Il volume è stato presentato venerdì 26 maggio nella belle cornice di Palazzo Sarcinelli alla presenza di numerosi ospiti ed autorità, tanti alpini e tanti cittadini comuni. I dirigenti sezionali hanno portato il loro saluto ed illustrato l'iniziativa; dopo l'esordio del Vicepresidente Nino Geronazzo, il Presidente Luigi Basso ha spiegato come il libro sia una continuazione dell'opera precedente dove sono riportati gli avvenimenti più significativi della storia della Sezione e dove tante pagine sono dedicate alla solidarietà, ai bambini, a chi soffre. “La famiglia Alpina ha un cuore grande anche per chi non ce l'ha” ha concluso Basso.
Successivamente il Vice-presidente Battista Bozzoli è entrato nel vivo del volume ricordando come l'organizzazione per le manifestazioni del 70° anniversario della nascita della Sezione abbia avuto inizio il 13 settembre del 1993 e come la realizzazione del libro sia stata una conseguenza logica per testimoniare l'attività e le iniziative degli Alpini dei 30 gruppi che compongono la Sezione. Non è mancato, anche da parte di Bozzoli, un richiamo alla “presenza solidale degli Alpini in tutto il Mondo” grazie all'iniziativa delle adozioni a distanza.
“E' un libro ispirato alla bontà” ha affermato il Presidente onorario, prof. Giacomo Vallomy che poi ha continuato: “un libro non vale niente se non aiuta la gente. Questo volume, oltre a rievocare parte della vita della Sezione, porta impresso il simbolo dei bambini del Mondo lontano, del Mondo infelice, e noi rappresentiamo il nostro cuore e la nostra sensibilità”.
Il libro, che è stato distribuito nell'ambito delle manifestazioni del 70° anniversario e che è a disposizione presso la Sezione, riporta diverse cronache tratte da “Fiamme Verdi” e conta più di 350 pagine con numerose fotografie. Oltre alla vita della Sezione, che occupa le prime 70 pagine, il resto del volume è dedicato ai singoli gruppi: vengono riportati nomi, fatti, avvenimenti, iniziative e celebrazioni ed una pagina per gruppo è sempre dedicata all'adozione a distanza con la foto del bambino o della bambina adottati, le generalità, l'indirizzo, una piantina illustrativa con il paese di provenienza ed una frase celebre.
Etiopia, Zaire, Russia, Nuova Guinea, Burundi, Camerun, Zambia, Ecuador, India, Brasile, Colombia. Paesi che conosciamo ma che sembrano essere al confine del mondo e dove tanti sono coloro che soffrono, specialmente i bambini, i più indifesi, i quali non hanno responsabilità su quanto avviene intorno a loro ma devono subirne le pesanti conseguenze senza sapere quale sarà il loro domani, il loro futuro. Una agonia continua. “La vera carità apre le braccia e chiude gli occhi”; “Chi fa la carità è ricco e non lo sa”; con questo spirito gli alpini dei gruppi della Sezione di Conegliano si sono mossi avendo come guida un messaggio di Sant’Agostino: “Non parlate d'amore al vostro fratello, amatelo!”.


“MASO”: ALPINO, PATRIOTA, PARTIGIANO
con profonde virtù umane e sociali
Il libro di Livio Vanzetto e le testimonianze di Guido Vettorazzo

Nel nutrito programma delle celebrazioni del 70° di fondazione della Sezione è stato, opportunamente, ricordato il capitano alpino Pietro Maset medaglia d'oro al v.m. - detto il “Maso” nel 50° anniversario della sua tragica morte, avvenuta in Friuli presso la Malga Sauc, - pochi giorni prima della liberazione quando era comandante della Brigata partigiana “Osoppo”. Il venerdì 31 marzo, nella sala consiliare del Municipio, alla presenza di un discreto numero di persone, è stato presentato il libro “Maso Alpino” dallo stesso autore dell'opera Livio Vanzetto, con testimonianze del prof. Guido Vettorazzo, commilitone del Maset in Russia. Livio Vanzetto ha illustrato il contenuto dell'opera, dove sono stati evidenziati i diversi aspetti del personaggio “Maso”: l'Alpino, il patriota, il partigiano; l'uomo dai grandi ideali, dalla radicata fede nei valori della vita e dello spirito; umano e nello stesso tempo di grande carattere. Mentre il dott. Guido Vettorazzo ha voluto testimoniare il compagno della tragica avventura militare in terra straniera così: mentre saluto autorità e gentile cittadinanza qui intervenute, sento di dovere un vivo ringraziamento al dott. Livio Vanzetto per la sua preziosa opera di ricerca su Pietro Maset, soprattutto per avercelo presentato come alpino, la figura morale ideale in cui tutto si compendia: l'amor patrio, il rigore morale, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio. Per Pietro Maset, che ancora prima di andare in Russia noi chiamavamo “Maso”, il mitico nome di battaglia che l'accompagnò poi nella Resistenza fino alla morte, io provai fin dal primo incontro istintiva simpatia e stima. Ma certo non ero solo poiché tutti, colleghi e alpini, tanto lo stimavano, l'ammiravano e lo seguivano con fiducia. Lo conobbi nell'estate 1942, quando di prima nomina all'8° Rgt fui mobilitato con il Btg. Tolmezzo. Il Ten. Pietro Maset era da poco rientrato dalla campagna di Grecia dove si era guadagnato, con una ferita, la Med. di bronzo e il trasferimento in S.P.E. per merito di guerra. Come Ten. della 114° Compagnia AA., durante la nostra permanenza ad UD col Btg. Tolmezzo mobilitato, coordinò rifornimenti e preparazione per la partenza al fronte russo nell'agosto 1942. In Russia, sul medio Don poi, nella prima fase autunnale, dopo che la 114a Cp. perdette il Ten. Cellanova, vittima di un cecchino, il Ten. Maset ne divenne Comandante, confermandosi animatore e organizzatore infaticabile per la più sicura sistemazione degli uomini, specialmente con la costruzione paziente e complessa di ricoveri, postazioni e trincee. Cito solo qualche fatto, come il ricupero di gomme da automezzi russi abbandonati, per trarne robuste e confortevoli risuolature alle scarpe alpine in vista del freddo, oppure di batterie elettriche con cui alimentare l'illuminazione di qualche ricovero interrato. Con la prima neve si fecero frequenti le ricognizioni che Maso effettuava in slitta e con gli sci per meglio conoscere il tratto di fronte assegnato e i settori contigui di possibile nostro intervento. A queste ricognizioni immancabilmente mi associava, sia perché comandavo i mortai da 81, sia anche per la mia dimestichezza con gli sci, cosa che Maset peraltro ridimensionava opportunamente appioppandomi il nomignolo di Ceo poiché avevo esattamente 10 anni meno di lui, essendo entrambi nati il 12 marzo. La fase invernale successiva; che vide la “JULIA” spostata d'urgenza a sud per proteggere lo schieramento alpino, fra il 17 dicembre 1942 e il 17 gennaio 1943, impegnò in primo intervento il Btg. Tolmezzo, davanti a Nova Kalitva fino a quota “176 Cividale”, assieme al Btg. L'Aquila a Selenyi Jar: in pieno inverno e in campo aperto, su terreno privo di insediamenti e ripari, sotto continui attacchi dei russi in pesante offensiva. Qui il Ten. Maset rivelò a tutti noi di che tempra e capacità fosse. La 114a Cp. con i suoi mortai e pezzi da 47/32 era stata frazionata e distribuita in appoggio diretto alle varie Compagnie schierate.
Postazioni e trincee, tane e ricoveri faticosamente scavati nel terreno ghiacciato, costituirono ben presto un vastissimo complesso difensivo che il Comandante Maset doveva giorno e controllare e rifornire per la migliore efficienza e sopravvivenza degli alpini, impegnati oltre ogni immaginabile limite.
Con la sua presenza non solo ci rincuorava, ma esplicava una continua opera di incitamento a resistere, a rinforzare, a migliorare al massimo ogni sistemazione. In quella situazione di estremo impegno, e nella fase successiva del tragico ripiegamento, rifulsero in pieno le sue migliori doti. L'umanità: mai duro, autoritario o sgarbato, né con i subalterni né con gli alpini, che amava moltissimo; li conosceva, ne sapeva i problemi, ne condivideva i disagi e le fatiche, li aiutava con esemplare rispetto e interessamento. Vigilava ed esigeva specialmente in cucina, badava al vestiario, all'equipaggiamento e al benessere generale, per quanto possibile.
Il senso del dovere, della responsabilità e della disciplina era per lui acuto imperativo, da idealista generoso e coerente qual'era.
Sapeva impegnarsi oltre misura e pagare di persona, esponendosi per primo all'occorrenza, mentre per ultimo si serviva.
Quanto a coraggio era un trascinatore, quasi temerario. Imperturbabile nel pericolo sapeva infondere calma e fiducia, pronto anche alla battuta scherzosa nei momenti critici e di rischio.
Tanto è testimoniato adeguatamente dalla motivazione di Med. di bronzo al V.M. che gli fu conferita per i fatti d'armi sostenuti davanti a Mova Kalitva fra il 20 e il 30 dicembre 1942.
Ricordo che vicino ai miei mortai cadde durante il furioso attacco sovietico del 30 dicembre 1943 il Sergente maggiore del Gruppo “Conegliano” Giovanni Bortolotto, M.O.V.M., il “cugino di Orsago” che proprio presso il bunker-comando di Maset aveva schierato “arditi” alcuni pezzo da 75/13.
Questo doloroso fatto, che anch'io ricordai nel mio libro “Cento lettere dalla Russia”, è documentato anche in “Maso Alpino” del prof. Vanzetto con la cartolina 1.1.43: tanto Maset ne era rimasto colpito e addolorato.
Altra ricompensa, Medaglia d'argento al V.M., Maset conseguì per i fatti d'armi del 16/17 gen. 1943, all'atto del disperato sganciamento del “Tolmezzo”, costretto in resistenza ad oltranza sulla testa di ponte a Nova Melniza, in riva destra del Kalitva, affinché i reparti dell'8° e 9° alpini con il 3° art. da montagna potessero defluire verso nord.
La tragica ritirata da quel momento si svolge come tutti sappiamo, fra gelo e fame, fra sofferenze inenarrabili e attacchi continui, con perdite ingenti e dolorosissime. I vincoli organici sono presto perduti, ridotti solo a livello di piccoli gruppi spesso sbandati, che affrontano come possibile agguati e sbarramenti corazzati.
Il Comandante Maset ancora riesce a trattenere intorno a sé in estenuanti marce i più fedeli e validi della dispersa 114a Compagnia, in solidale gara a protezione di malati, congelati e feriti. Come si riuscisse a restare uniti e a ritrovarsi insieme è pressoché inspiegabile, ma fortuna e coesione ci aiutarono per tutta la ritirata, percorsa sulla strada giusta che ci riportò in salvo.
Era proverbiale, specialmente in ambito di Btg., la energica determinazione di Maset nel reperire slitte e quadrupedi alla bisogna: la lotta per la vita era spietata, specie per avere qualche ora di riposo o riparo notturno, ma egli riusciva quasi sempre ad ottenere.
Anche per “Maso” però il travaglio in quei frangenti diventa più cupo e sofferto. Tutte le certezze sono scomparse con il crollo dell'organizzazione militare. Rimangono soltanto la disperata volontà di salvarsi e un barlume di solidarietà appena praticabile nella travolgente fiumana del ripiegamento generale.
Dopo il fortunoso rientro in Italia si ha un po' di pace e di rilassamento in famiglia. Poi quasi subito riprende l'insensato reimpiego dei reduci dell'8°, ridotti in tre Compagnie: Tolmezzo, Gemona e Cividale, contro le infiltrazioni slavo-titine in zona Val Natisone.
L'8 settembre completa e aggrava l'infausta avventura dell'Italia in guerra. A questo punto Maso, con meditata e sofferta decisione, sceglie il proprio campo nella Resistenza, accettando nella lotta per la libertà ancora il rischio, fino alla morte.
E' ciò che abbiamo sentito con rinnovata emozione ora, 50 anni dopo, dalle illuminanti parole di chi mi ha preceduto.
Il suo sacrificio e la sua morte siano di monito e di incitamento per tutti noi. Di Pietro Maset è quanto mai necessario oggi rilanciare il messaggio e l'esempio, con la fede di quell’Italia che egli voleva e vedeva “libera, onesta e pulita”.
Domenica 2 aprile si è voluto rendere omaggio all'eroe con la deposizione di una corona di fiori sulla sua tomba nel cimitero di Scomigo, dove alle ore 15.00 è giunta la fiaccola della libertà, portata dagli alpini del G.S.A., la quale era partita alle 9.15 da Sauc (PN). Ad accogliere la fiaccola sono stati gli alpini, molta gente del luogo e delle vicinanze e le numerose autorità e rappresentanze di associazioni d'arma e partigiane.
C'erano il gen. Primo Gadia comandante della Brigata “Cadore”, il col. Vagoni del 3° Volturno, il cap. De Filippi del Distretto militare di Treviso, il s.ten. Gatto comandante la tenenza della Guardia di Finanza di Conegliano, il s.ten. Vigorita dell'Aeronautica Militare; inoltre il sindaco di Conegliano rag. Flavio Silvestrin, il vice presidente vicario nazionale Lino Chies, il vice presidente della sezione di Vittorio Veneto Ennio Da Rè, ed altri personaggi di rilievo in campo associativo come il cav. Gr. Uff. Giorgio Zardi.
Presenti lo Stendardo del Comune di Conegliano, i Vessilli delle sezioni di Pordenone, di Vittorio Veneto e di Conegliano; i labari delle associazioni d'arma Partigiani d'Italia di Vittorio Veneto, Partigiani di Osoppo, ANPI di Treviso, Cavalleria di Conegliano (col presidente cav. Mario Zanchettin), Granatieri, Aeronautica e Marinai d'Italia di Conegliano. Facevano ala i gagliardetti dei Gruppi di Budoia e Marsure della sezione di Pordenone, quelli di Colle Umberto e Cordignano della sezione di Vittorio Veneto e della nostra sezione: Conegliano-Città, M.O. Pietro Maset, Corbanese, Ogliano, Godega-Bibano, Collalbrigo, Collalto, Fontigo, Refrontolo, Sernaglia, San Fior, San Vendemiano, Vazzola.
Naturalmente era presente la Fanfara Alpina della “Cadore”.
Poco dopo le 15.00, nella Chiesa parrocchiale di Scomigo, ha avuto inizio la S. Messa concelebrata dal Vescovo di Vittorio Veneto mons. Eugenio Ravignani, dal nostro cappellano don Raffaele Lot e dal parroco di Budoia.
Durante l’omelia il vescovo Ravignani - estimatore ed amico degli alpini - ha ricordato Pietro Maset uomo-alpino dalle profonde virtù umane e sociali, doti che ancor oggi sono patrimonio di tutte le penne nere.
Poi nel piazzale delle scuole elementari - dove all'interno era allestita la mostra dei lavori dei ragazzi - si è tenuta la manifestazione finale. Dopo il saluto del sindaco Flavio Silvestrin, anch'egli con il cappello alpino, affiancato da colleghi giunti dal Pordenonese, il Cav. Gr. Uff. Giorgio Zardi ha tenuto la commemorazione ufficiale, evidenziando l'attualità della figura del “Maso”, con il suo innato senso del dovere e l’esigenza di un mondo più giusto, al di fuori degli schemi strettamente ideologici, perché rimase alpino fino in fondo, anche quando aderì al movimento della Resistenza. Egli - come si sa - aveva rinnegato e contestato quel regime, a cui per vent'anni anch'egli aveva creduto fedele ai grandi valori, mentre si dimostrarono effimeri e fuori da ogni logica liberale, e che quindi avevano tradito quegli ideali di amore in cui egli credeva e ne era il conservatore geloso: la fede in Dio, l'amore al prossimo, la libertà e la giustizia e il vero attaccamento alla Patria e al proprio paese.

Renato Brunello

Le penne nere delle sezioni di Pordenone e Conegliano rendono omaggio all'eroe

Dal tripode ardente a fianco del monumento sopra Dardago, si è snodata una staffetta di tedofori, che ha unito il tragico luogo.
C'era tanta gente a far corona all'accensione della prima fiaccola. Lassù, ove perenne rimane il ricordo della tragica morte del cap. Pietro Maset, medaglia d'oro al v.m.
Quanti Alpini! Oltre ai coneglianesi, molti di quelli della sezione di Pordenone, tra i quali il presidente Giovanni Gasparet, il delegato di zona Giovanni Lot, il capogruppo di Caneva Giovanni Coan, quello di Budoia F. Carlon e dei gruppi di Aviano, Giais, Malnisio, Marsure, Polcenigo, S. Martino Campagna, S. Leonardo Valcellina.
La sezione di Conegliano, presente con il labaro e molti gagliardetti, era rappresentata dal presidente Luigi Basso. Mentre l'Arma dei Carabinieri presenziò con il suo Comandante. Tanta emozione aleggiava intorno, quando in un ambiente così alpino si sono levate le note struggenti del "SIGNORE DELLE CIME".
Il tedoforo ha sostato immobile con la fiaccola accesa fino al termine del brano musicale, poi seguito dallo sguardo umido dei presenti ha iniziato con passo sicuro la sua corsa verso le colline di Conegliano.
Lungo il percorso ho visto ad intervalli bandiere tricolori, ho scorto anche una donna anziana, vestita di nero, con il fazzoletto in testa, la quale, al passaggio della fiaccola, si è fatta il segno della croce. Al suo fianco un giovane alpino in divisa salutava sull'attenti.
Non dimenticheremo, Maso, finché Dio ci terrà in vita e finché ci sarà un Alpino.

T.D.


A MESTRE PER LA MADONNA DEL DON
UNA GIORNATA DEDICATA AL RICORDO

Sabato 16 e domenica 17 settembre 1995 sono state due giornate memorabili per gli Alpini della Sezione di Conegliano: a Mestre hanno concluso solennemente il programma celebrativo dei 70 anni di fondazione della Sezione dando a tutti dimostrazione di quanto in noi siano radicati e saldi i valori che animano la nostra Associazione.
Preparata con meticolosità e perizia l'adunata sezionale in quel di Mestre è stata tutt'altro che l'ultimo scomodo e oneroso impegno di un anno che ci ha visto protagonisti nella vita sportiva, culturale e civile delle nostre Comunità, piuttosto si è rivelata il grande incontro con la spiritualità e la riflessione.
Tutti simboleggiati nella fiamma della fiaccola accesa alla Chiesetta dedicata alla Madonna della Neve quando, sabato mattina, gli Alpini si sono messi in marcia per Mestre dove nel pomeriggio i tedofori, al suono della Fanfare della Brigata Alpina Cadore, hanno acceso in Piazza Ferretto il tripode votivo accanto al quale l'indomani sarebbe stata stata posta la Sacra Icona della Madonna del Don dando così il via ufficiale al rigido cerimoniale che caratterizza e scandisce i tempi di tutta la manifestazione.
I primi spunti di riflessione, accompagnati dal brivido delle emozioni forti si sono avuti in serata sia nel corso della rievocazione dei fatti che hanno portato in Italia l'immagine della Vergine Addolorata ritrovata tra le macerie di una isba, in prima linea sul fronte del Don, da un Cappellano degli Alpini, Padre Narciso Crosara, che la mandò dal fronte alla madre perché la custodisse a conforto di tutte le genti in trepida attesa dei familiari che la guerra aveva portato lontano e sia nel corso del concerto tenuto nel Duomo di San Lorenzo durante il quale il Coro Torre Venezia dell'A.N.A. di Mestre, il coro della Brigata Cadore e il nostro Corocastel hanno dato saggio della loro bravura e di quanto il canto tradizionale sia espressione viva e genuina della cultura di un popolo.
Ancora emozione la domenica mattina quando la tromba dell'adunata è suonata tra le banchine ferroviarie della stazione di Mestre e ci ha chiamato a raccolta per sfilare, con in testa la Fanfara della Brigata Alpina Cadore e la nostra cara efficiente e disponibile Fanfara Alpina Sezionale lungo le vie cittadine sino a Piazza Ferretto da dove, dopo l'Alzabandiera, si è proseguito per il Palazzo Comunale ove è avvenuto l'incontro con le autorità civili, militari e religiose convenute per l'occasione.
Poi la Santa Messa al campo concelebrata dall'Ordinario Militare per l'Italia arcivescovo, Giovanni Marra in una piazza -gremita fino all'inverosimile da Alpini, familiari e fedeli.
Monsignor Marra nel corso dell'omelia ha saputo unire passato e presente, ha tracciato, attraverso la storia della Sacra Icone, il percorso che conduce dal dolore alla gioia sottolineando, con particolare riferimento alla vicina ex Jugoslavia, che l'indifferenza è da ascrivere tra i peccati più gravi del nostro tempo. Pace e concordia, ha gridato, alberghi i tutti gli uomini di buona volontà.
Infine l'offerta dell'olio alle lampade, perennemente accese, poste sull'altare della Madonna del Don presso la Chiesa dei Pp. Cappuccini con la particolare benedizione a tutti gli Alpini e il commovente pensiero a quanti sono andati avanti.
La compostezza e le emozioni del mattino hanno poi lasciato il posto alla tradizionale allegria degli Alpini. Come al suono della libera uscita in un batter d'occhio eccoli per le vie di Mestre allegri e scanzonati a battere il piatto presso il Gruppo di Pieve di Soligo che con la consueta dovizia aveva predisposto il mitico rancio.
E ancora tanta allegria in serata per le calli di Venezia al tramonto, in attesa dell'Ammainabandiera in Piazza San Marco con la Fanfara della Brigata Alpina Cadore a dar spettacolo per noi e i turisti piacevolmente sorpresi.
Rientro in tradotta come nelle migliori tradizioni, si smorzano le chiacchiere, si pensa al futuro, ritornano in mente le parole di Monsignor Marra, si fanno un po' di conti: noi che a Mestre ci siamo stati sicuramente un po' più ricchi torniamo alle nostre baite.
Nicola Stefani

ASCOLTA O DIO
Alla fine del novembre 1942, il giorno dopo una cruentissima battaglia sul fiume Don in Russia, un cappellano e un medico con alcuni alpini erano dediti al pietoso impegno di recuperare e seppellire le salme dei Caduti. Nella tasca di un alpino della divisione "Julia" (battaglione Tolmezzo) fu trovato un foglietto scritto a matita con la poesia sottostante. Il foglietto era macchiato del suo sangue. L'alpino si chiamava Pietro Torresan.

Ascolta o Dio
io non ho mai parlato con te, voglio salutarti.
Come stai?
Sai... mi dicevano che non esisti,
e io, povero sciocco, credetti che fosse vero.
Stasera quando stavo nascosto nel fosso di una granata,
vidi il tuo cielo...
Chi avrebbe mai creduto che per vederti
sarebbe bastato stendersi sul dorso.
Non so ancora se vorrai darmi una mano,
Credo almeno mi comprenderai.
E' strano che non ti abbia incontrato prima,
ma solo in un inferno come questo.
Bene ho già detto tutto. 
L'offensiva ci aspetta tra poco.
Mio Dio non ho paura 
da quando ho scoperto che sei vicino.
Il segnale... bene devo andare.
Dimenticavo di dirti che ti amo.
Lo scontro sarà terribile...
Stanotte chissà...
Non sono mai stato tuo amico,
lo so, però...
mi aspetterai se arrivo da te?
Guarda come sto piangendo...
Tardi ti ho scoperto...
Quanto mi dispiace.
Perdonami.. devo andare.
Buonafortuna.
Che strano...

P. Torresan
da "Cinque valli" - Sez. Luino

70° ANNIVERSARIO DI COSTITUZIONE

COMITATO ORGANIZZATORE
Presidente Battista Bozzoli
Segretario Claudio Lorenzet
Membri Luciano Barzotto, Giovanni Carlet, Mirko Cadorin, Giuseppe Cadorin. Ernesto Contessa, Gianni Dal Cin, Andrea Danieli, Bruno Danieli, Luigi Maretto, Michele Pilla, Giancarlo Razza, Sandro Rui, Luigi Zaccaron, Floriano Zambon, Giuliano Zanin

INIZIATIVA UMANITARIA
Trascorso l'anno internazionale della famiglia, e sullo spirito della celebrazione di 10 anni fa, quando fu realizzato in Mareno di Piave il laboratorio di lavoro guidato per la NOSTRA FAMIGLIA, la grande famiglia alpina di Conegliano si è data, come motivo principale dell'anniversario, un'iniziativa umanitaria che consiste nell'adozione a distanza di 30 bambini - uno per ciascun gruppo.

12 marzo 1995 - Inizio celebrazioni. - Esercitazione di Protezione civile
2 aprile 1995 - Commemorazione della Medaglia d'oro PIETRO MASET
9 aprile 1995 - Trofeo centri storici in Conegliano - Gara di orienteering - G.S.A.
26 maggio 1995 - Presentazione del libro del 70° - Apertura della Mostra storica TRUPPE ALPINE
28 maggio 1995 - Intervento operativo di Protezione Civile nel fiume Monticano
4 giugno 1995 - Adunata Triveneta - Conferimento della cittadinanza onoraria alla Brigata Alpina Cadore da parte della città di Conegliano - Giuramento solenne di reparto in armi
17 settembre 1995 - Raduno sezionale a Mestre - Offerta dell'olio alla lampada votiva perpetua della Madonna del Don

Ognuno è solo
nel cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole.
Ed è subito sera
Ma se al tramonto del nostro esistere
potremo dire di essere stati
vicini a chi è solo.
solidali con chi è nel bisogno,
sorgerà, luminoso,
il mattino dell'Eternità
S. Quasimodo ANA Conegliano