BRIGATA CADORE |
Agosto 1997 |
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Venerdì 10 gennaio
1997 a
Belluno in Piazza Martiri, l’ex Capo di Stato Maggiore Bonifazio Incisa di Camerana, in obbedienza Ada una delibera del nostro Parlamento congedava, fra
le amarezze dei militari e le polemiche a distanza dei politici, la “Brigata
Alpina Cadore”.
”Esce dai nostri ranghi, ma non dal nostro cuore”,
sono state le parole del Comandante del IV Corpo d’Armata Alpino, gen. Angelo Becchio.
Queste parole possono
spiegare perché quella mattina, disertai Belluno e mi recai al
Bosco delle Penne Mozze a Cison di Valmarino: rispondeva ad un bisogno
profondo di immergermi, ancora una volta, nella storia dei nostri montanari e
valligiani, nella storia gloriosa e tormentata, dei nostri Alpini.
Le poche conoscenze
storiche, mi portarono molto al di là delle stele che ricordano le nostre
gloriose Divisioni: Taurinense, Alpi Graie, Cuneense, Tridentina, Julia,
Pusteria,
Le popolazione montanari
hanno dovuto cominciare molto presto a giocare la loro vita per difendere le
loro terre, le loro famiglie, la loro cultura.
Come non ricordare, ad
esempio, l’opposizione fatta nel 1403 da Friulani e Cadorini, organizzati
nelle diverse zone in “cernide” (unità di cento uomini validi sai 18 ai
34 anni), al conquistatore Duca Massimiliano d’Austria?
E la storica “Battaglia
del Cadore” del 1508, ricordata anche da un quadro del Tiziano, per fermare
Massimiliano d’Austria, proiettato nella sua volontà di conquista della
pianura veneta?
Ed il sostegno dato dalle
“cernide” valligiane alle truppe Veneziane del Giustiniani contro
l’Austria, nella “guerra di Gradisca” del 1615-17 ?
E poi, sempre, piccoli
gruppi di montanari valorosi contro il potere sempre più forte e numeroso,
con il bruciante dolore delle ritirate e sconfitte, ma anche con momenti
esaltanti di vittorie pazientemente e a lungo costruite?
E per fare un salto lungo
lungo, come non ricordare il valore delle bande di Volontari Cadorini e
Bellunesi che, nel 1866, respinsero a Treponti un Corpo austriaco che,
approfittando dell’armistizio concluso a Cormons, tentava subdolamente di
sottrarre all’unità d’Italia l’intera provincia dell’Alto Piave?
In quell’occasione G.
Garibaldi ebbe a scrivere: “... essi
(le bande di volontari Cadorini e Bellunesi) con armi meschine, ma con forti
propositi (all’assalto avevano risposto, mostrando i petti) ricacciarono il
nemico, mantenendo così i gloriosi ricordi del ‘48, epoca memoranda, in cui
le montagne del Cadore furono il sacro asilo dell’onore italiano”.
La medaglia d’oro al valor militare, di cui dal 1898 si fregia il Gonfalone del Comune di
Pieve di Cadore, è la testimonianza del buon diritto delle popolazioni
Cadorine ad essere considerate degne precorritrici del valore degli Alpini
d’Italia.
E’ del 1872 la nascita
ufficiale delle truppe Alpine: 15 compagnie (su 250 uomini di truppa), portate
a 24 nel 1875 e a 36 su 10 battaglioni nel 1878.
Meravigliosi i nostri
Alpini nella loro formazione umana, sociale e strategica. D’estate le
compagnie, e per quanto ci attiene la 22a, la 34a, la 35a che, unitamente alla
36a, costituivano il X° Battaglione di stanza a Conegliano, si trasferivano
rispettivamente a Feltre, ad Agordo, A Pieve di Cadore, a Tolmezzo: era la
loro sede estiva. Vi si recavano il 1 maggio e ritornavano ai primi di
novembre. In questo periodo, oltre alle escursioni ed all’addestramento,
provvedevano a lavori stradali, costruendo
sentieri e mulattiere ed anche baraccamenti, secondo progetti di difesa che
contemplavano vie d’accesso a località particolarmente importanti, nonché
la relativa attrezzatura perché i reparti potessero permanervi a lungo in
qualsiasi stagione.
Dal piazzale, mi addentrai
nel Bosco, monumento degli alpini viventi agli Alpini caduti del Trevigiano e
cercai i segni del loro passaggio umile ed eroico nella nostra storia più
recente.
Mi incontrai con Alpini
facenti parte del “Corpo speciale d’Africa”. E nelle stele, una data: 1
marzo 1986. Adua: momento di follia e di morte!
E, più avanti ancor agli
Alpini del Battaglione “Feltre” caduti nel 1912 nell’esaltata conquista
dell’Assaba in Libia.
Mi ritornava dentro però,
con prepotenza, con voci e parole che mi sembravano note, il grande incendio
che investì tutte le nostre montagne e le nostre valli nel 1915-18 a difesa
dei confini della Patria. E il grido del Sottotenente Giulia Bevilacqua
(divenuto poi Cardinale), comandante di plotone, a commento dei mesi orrendi
di quella guerra: “... mesi di
vendemmia per il sangue Alpino, quando avemmo ferro per pane, fuoco per bocche
senza saliva, sputi per compenso; quando la sera dell’immolazione restammo
inchiodati lassù, soli a saporare l’ultimo fiele della bevanda atroce!...
Ore impregnate di eternità, quando neppure la speranza poteva infrangere le
porte di quelle tragica fatalità. Totale penetrazione di morte nell’ultimo
filo di vita. Il pericolo non era di morire: era di impazzire!...”
La storia delle nostre
valli e del nostro Cadore, come quelle di tutto l’arco alpino orientale è
un libro tessuto “con gli stracci della carne e lo splendore dell’anima
alpina”.
Ritornano i nomi dei
Caduti del 7° Alpini ed il ricordo dei loro Battaglioni: Feltre, Pieve di
Cadore, Belluno, Val Cismon, Val Piave, Val Cordevole, Monte Giavone, Antelao,
Pelmo, Marmolada; i Volontari alpini del Feltre, del Cadore, di Longarone, ma
soprattutto i nomi di tanti Alpini umili e generosi, eroi senza saperlo e
senza dirlo, che tinsero di rosso i nostri monti bianchi di neve e splendenti
d’oro al tramonto d’estate.
Sono rimasti lassù e lassù
la loro tomba è gloriosa.
Le Penne Nere del
Trevigiano hanno voluto un segno del loro ricordo e della loro presenza
perenne, in mezzo a noi, nel Bosco delle Penne Mozze: una teoria di semplici
stele con un nome, una data ed un luogo, dentro la vita di un bosco vivo e
custodito con amore.
Non so guardare con la
dovuta serenità pagine successive di questa storia umile e generosa.
Quale il ricordo della
“Divisione Pusteria” (che allora comprendeva, fra gli altri, il Btg.
“Feltre” ed il 5° Rgt. Art. Montagna coi gruppi “Belluno” e
“Lanzo”), appositamente costituita ed ufficialmente nata il 31 dicembre
1935, per una guerra d’orgoglio che gli Alpini, pur non essendo la loro
guerra, segnarono ugualmente, nel 1936, con il loro eroismo ed il loro sangue?
E più vicino ancora,
un’altra pagina di storia, non ancora decifrata con sufficiente chiarezza,
sofferta e combattuta, con segni chiari ancora sui corpi e nelle coscienze di
molti di noi. In un incendio che ebbe momenti da “giudizio universale”. la
“Divisione Pusteria”, all’uopo ristrutturata con il 7°, l’11° Alpini
ed il 5° Art. Mont., oltre ai servizi, si trovò coinvolta con la sua
tradizionale generosità, ma anche con tanti interrogativi tormentosi e non
ancora sopiti. La troviamo impegnata dall’alba del 23 giugno 1940 sino alla
fine della guerra, nelle Alpi Occidentali, in Albania, in Montenegro, in
Balcania, in Francia. I Btg. “Val Cismon” ed il gruppo “Val Piave”,
formati per mobilitazione parteciparono alla campagna contro la Grecia.
Inviati poi in Russia, seguiranno la tragica, eroica sorte della Julia e delle
altre Divisioni Alpine.
Nel disfacimento generale,
l’8 settembre 1943 la “Divisione Pusteria” si trovava nella Francia
sudorientale.
L’11 settembre prese
posizione in difesa della linea M. Marta, Colle di Tenda, M. Clapier, contro i
tedeschi, Certamente la “Pusteria” avrebbe saputo ripetere su quei monti
le gesta per cui andarono famose nella campagna del 1792-96 le Milizie Alpine
del vecchio Piemonte.
Ma il giorno 12, in
seguito al dissolvimento dell’armata, vennero sciolti anche i reparti della
“Pusteria” che, per quanto disarmati e potenzialmente liberi, raggiunsero
inquadrati la stazione di Cuneo. Circondati dai tedeschi con carri armai e
mitragliatrici, divennero facile preda.
La maggior parte venne
internata; una parte di essi però riuscì ugualmente a fuggire ed a
raggiungere le proprie case.
Ma che c’entra tutto
questo con la “dichiarazione di morte” della “Brigata Alpina Cadore”?
La storia cui ho accennato
risale lontano, si divide in cento rivoli, passa tremende prove.
Trova nel 1953, nella costituzione della “Brigata Alpina Cadore” un momento forte della
comunione alpina che collega la storia delle proprie origini - fatta di amore
e di passione per la propria terra - con la storia recente delle sofferenze e,
spesso, tragedie della nostra Patria.
La “Brigata Cadore” in questa storia, ne esce purificata dalle prove, verificata in un impegno aperto
e solidale a tutti, in momenti di sofferenza e di bisogno della Patria.
La sua storia è così recente ed intrecciata alla storia di ognuno di noi, che mi pare di recare
offesa al volerla ricordare.
Certo la “Cadore” è
stata dichiarata “estinta” dalle e per le Gazzette Ufficiali.
Vive, però, nel cuore di
ogni Alpino.
E’ “morta” la
“Brigata Cadore”; viva la “Brigata Cadore”!
Gino Perin