LETTERE, PRECISAZIONI |
Aprile 1998 |
Alpino renitente, tu che non vieni mai
in sede, tu che avendo pagato il bollino ti senti sollevato da ogni altro
dovere, o tu che non paghi neanche il bollino ma ti piaci definirti alpino, mi
sai dire di che male soffri?
Non vivi la nostra vita alpina perché noi o la nostra sede o il nostro modo di
fare non ti vanno a genio. E allora vieni a dirlo, noi siamo abituati a parlarci
in faccia, fuori dai denti, magari con linguaggio da caserma, mandano a farsi
benedire, sia l'educazione che la gentilezza. Sempreché, tu abbia dei validi
motivi.
E per motivi validi intendo motivi di vita associativa, non personalismi e
campanilismi stupidi. Certo c'è da criticare, io cosa sto facendo? Nessuno è
perfetto, tantomeno noi.
Non dirmi che non puoi perché: "… sai il lavoro, la famiglia, gli
impegni vari". Tutti viviamo la stessa vita, tutti abbiamo i nostri
impegni.
Non ti pare, facendo come fai, di sfruttare il lavoro che gli altri fanno in
Associazione? Perché vuoi fare il lavativo?
Il tuo cappello lo tieni in casa, magari lo mostri con orgoglio ai figli ed ai
nipoti, ma stammi bene a sentire, in quei momenti non ti senti in colpa?
In colpa verso te stesso e in colpa verso gli altri per quello che potresti fare
e che invece non fai, così non per cattiveria, ma per comodo vivere o per
assenteismo.
Non mi sto rivolgendo ai giovani appena congedati, ma mi rivolgo a quei veci che
ormai sono a posto con il lavoro e con la famiglia e che se solo volessero
potrebbero fare tante cose.
Mi sono incazzato, ma certo, è anche questo un modo di fare, per vedere di
ottenere un risultato.
Il capogruppo
Si rammenta che durante le cerimonie
religiose in chiesa, il Cappello Alpino va indossato esclusivamente dalle
rappresentanze ufficiali (alfieri di Vessillo, Gagliardetti e loro scorte).
Un momento in cui invece tutti gli Alpini possono (anzi, devono) indossarlo
sarà - in piedi e in posizione di attenti - alla lettura della Preghiera
dell'Alpino.
Durante un'escursione in montagna,
nell'alta Val di Fassa (TN), sono passato, per la seconda volta in due anni, per
il rifugio intitolato alla memoria del Presidente Sandro Pertini.
Ancora una volta ho dovuto elevare una vibrata protesta nei confronti del
gestore, che aveva esposto la Bandiera Europea, ma non il Tricolore.
Ritengo questa mancata esposizione un atto di insensibilità nei confronti della
memoria di un Presidente della Repubblica Italiana, al quale il rifugio è
dedicato.
Il gestore ha poi dichiarato di non issare il Tricolore per non urtare… la
suscettibilità degli "ospiti" austriaci…
Numerosi ospiti presenti, in quel momento, sul piazzale del rifugio, erano
disponibili ad una colletta per regalare al rifugio un Tricolore.
Ho sentito il bisogno di segnale quanto sopra come motivo di riflessione.
Nino Geronazzo
Nel nuovo panorama europeo, nel quale i
confini storici sono di fatto superati né costituiscono più un limite
invalicabile e difendibile fino all'estremo sacrificio, e nel quale si sta
attuando fra l'altro una forza militare che comprende vari Paesi, mi vien fatto
di chiedermi se la pur suggestiva "Preghiera dell'Alpino", pensata e
scritta in tempi ormai lontani, in un clima politico del tutto e in tutto
diverso dall'oggi, abbia ancora lo stesso valore e lo stesso suono di allora o
se sia più consono cambiarne tono e parole.
Questo pensiero mi è venuto il 7 giugno scorso a Casoni Solarie, ascoltando il
discorso ufficiale dell'alpino Driussi che, a mio parere, era incentrato proprio
sul nuovo concetto sui si ispira oggi la Comunità Europea, concetto che si è
venuto sviluppando nel tempo e che oggi trova la sua consistenza.
L'inizio della preghiera dice "su ogni balza della Alpi ove la Provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade…"
Per quando dicevo più sopra, oggi le Alpi non sono minacciate da nessuno; non
solo, ma anche un ipotetico conflitto con i nostri vicini (fantapolitica) i
mezzi moderni richiedono ben altro che uomini valorosi per respingere un
qualsiasi attacco!
E muterei anche le parole "essere segni delle glorie dei nostri avi".
Nei secoli passati i "nostri avi" erano ben lontani dall'idea Italia,
che tale si realizzò solo nella seconda metà del secolo scorso. Muterei queste
parole con le seguenti "essere degni della nostra tradizione alpina che
sempre ha dato in guerra e in pace, sempre ha compiuto appieno il dovere
richiesto e che si prolunga oggi anche nell'A.N.A.".
"Rendici forti contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra
bandiera, la nostra millenaria civiltà" (cristiana - c'era scritto un
tempo). Ripeto: oggi nessuna minaccia all'orizzonte. Il pericolo è interno,
nella dissoluzione di quei valori qui quali si basa la vita civile e che sono
messi in forse, quando non trascurati, da un imperante lassismo che estende le
sue ramificazioni ovunque. Ed è contro questa cosiddetta "libertà"
che noi Alpini dobbiamo combattere quotidianamente con il nostro operare in
tutti i campi per l'umanità.
Non so se e quanto questa idea "balzana" sarà accolta o quanto meno
presa in esame. Una cosa è certa: dai nostri reparti (a proposito, non più
"Battaglioni e Gruppi", ma Brigate - termine onnicomprensivo) escono
giovani fatti uomini che hanno acquistato in pochi mesi di naja una certa
mentalità e se la portano dietro e trovano nell'A.N.A. un buon terreno di
coltura.
Perciò si potrebbe definire l'A.N.A. il naturale proseguimento del servizio
militare (oggi messo in forse dalla legge sull'obiezione di coscienza) e anche
"una forza morale prestata alla politica ma da essa indipendente".
Gualtiero Concini
- SONETTO -
Il fior miglior tu sei, o stella
alpina,
e niun supera te, tanto sei forte
ché nasci sulla bianca, eccelsa cima
ed il tuo cibo è il succo delle roccie.
Per questo mai ti sciupi; sei superba!
E i petali tuoi di bianco velluto
son profumati dalla neve eterna
che ti fu culla sopra l'orlo cupo.
Per questo il forte t'ama eternamente
e pone la sua vita in gran periglio
per baciar te, lassù, sì arditamente.
E spesso cade, portando nell'ombra
te, dal suo sangue tinta di vermiglio,
solo segno d'amor sulla sua tomba.
ALMA
In riferimento all'articolo "Dal
Bosco delle Penne Mozze un richiamo alla fratellanza" a firma di
Giangaspare Basile, pubblicato su "L'Alpino" di ottobre 98, tengo a
precisare quanto segue:
Certamente il Basile scrivendo del "Bosco" ha avuto dei cattivi
informatori, i quali hanno stravolto le iniziali vicende, forse perché non le
hanno vissute veramente.
Quando si asserisce che fu il consiglio direttivo del gruppo di Cison di
Valmarino, nel 1970, a pensare di ricordare i Caduti Alpini con un albero e che
l'idea fu subito sostenuta dal Presidente della Sezione di Vittorio Veneto
Giulio Salvadoretti, si fa un grande torto alla verità.
IL SOLO ED UNICO CHE EBBE L'IDEA E SI ADOPERO' PER REALIZZARLA FU L'ALPINO PROF.
MARIO ALTARUI DI TREVISO.
Egli, prima di concretizzare tale idea in quel di Cison, visitò altre località
trevigiane, privilegiando per primo il Montello.
Solo dopo molte ricerche ed ispezioni optò per l'attuale sito.
Ed è allora che entrano in scena il Gruppo di Cison e la Sezione di Vittorio
Veneto.
Ma l'idea e l'animatore di questo "Omaggio ai Caduti Alpini Trevigiani",
fatto di alberi e di stele, rimane di MARIO ALTARUI.
Nell'articolo viene citato solo per il dono di una statua della Madonna, mentre
doveva doverosamente avere il ricordo più sentito per la SUA e solo SUA Opera.
Questi fatti, che non possono essere smentiti da nessuno, sono frutto di una
lunga amicizia alpina e non , che l'Altarui, compagno di "naja" e di
vita sezionale, ebbe per il sottoscritto, sempre in prima fila a riceverne le
confidenze ed i consigli.
MARIO ALTARUI viveva per gli Alpini, diede anima e corpo per il SUO Bosco,
rimettendoci anche del suo e per l'ASPEM (Associazione Penne Mozze),
associazione quest'ultima, che Lui fondò nel maggio del 1978 e che lo vide
Presidente fino alla sua scomparsa.
A quest'uomo non si può togliere la primogenitura di un'opera che onora anche
chi ne prosegue le intenzioni.
Ma coloro che si vantano di essere attuali animatori, dovrebbero porre, a Lui,
lassù nel Bosco, tra i Suoi Caduti, un segno tangibile di ricordo.
Alpino Ezio Bigolin - Arcade
Caro Ezio,
Mi hai tolto la parola dalla bocca, per non dire che mi hai preceduto nella
sacrosanta osservazione chiarificatrice a riguardo della paternità del progetto
e della realizzazione del Memoriale delle Penne Mozze. Ti ringrazio. Desidero
scrivere solo poche righe per avvallare quanto tu affermi.
L'amico fraterno, il commilitone e poi collega Mario ALTARUI fu l'unico ideatore
di sì grande opera, dopo aver cercato di portarla a compimento sul Montello ed
in altri luoghi, prima di approdare a Cison di Valmarino. Lo posso affermare con
cognizione di causa, perché anche al sottoscritto confidò, alla fine degli
-anni sessanta "L'idea matta", come diceva Lui. Nel 1970 ci
incontrammo a Cison con i presidenti delle quattro sezioni trevigiane.
Leggendo la cronaca della cerimonia al Bosco, pubblicata ne "L'Alpino"
di ottobre, a firma di Giangaspare Basile, sono rimasto stupito ed anche
amareggiato per l'inesattezza redazionale.
Certamente il povero Basile non è stato adeguatamente informato; è stata una
omissione della reale storia del Bosco.
Non vogliamo togliere i meriti ai suoi collaboratori, agli attuali seguaci e
custodi: sono tutti da lodare, come gli scomparsi Marino Dal Moro e Giulio
Salvadoretti.
MARIO ALTARUI meriterebbe, da parte nostra, un gesto di evidente riconoscenza
lassù al Bosco delle Penne Mozze.
Renato Brunello
Amor di Patria
amor grande e fedele:
sfilan compatte le belle "Penne Nere",
baciar vorrei il grande medagliere
fatto col sangue delle "Penne Nere".
Questi tuoi figli eroici, forti alpini,
o Italia hanno difeso i tuoi confini,
in cima all'alte vette, sui dirupi,
nelle trincee, nei valli arditi e cupi.
Silenzioso nel grande sacrificio
Col mulo, a te, nella fatica amico,
ove è il regno dell'aquila, lassù,
o alpino,
umile e grande,
là, osi anche tu !
Ogni periglio affronti
non è la morte vana
purché la Patria unita
sia libera e sovrana !
Diana Beninato