QUANDO GLI ALPINI PIANGONO |
Settembre 1999 |
Uno dei più struggenti canti degli alpini narra di quel capitano che,
ferito in battaglia, prima di morire chiama a raccolta i suoi soldati per
dettare loro il testamento.
A Bepi Cadorin questo non è stato concesso. Ma un desiderio, l’unico,
l’aveva espresso un giorno ad un alpino del suo Gruppo: “Quando muoio
voglio che mi mettiate là”, ed aveva indicato il rombo segnato con le
pietre sul pavimento al centro della sala della sede del Gruppo San
Vendemiano.
Giovedì 22 luglio, dopo il rosario in chiesa, i suoi alpini si sono
ritrovati in sede. E’ stato chiesto un minuto di silenzio per onorare
“il capitano”. Ed è stato un minuto lungo e pesante. E’ toccato al
segretario ricordare tra le lacrime il desidero espresso dal capogruppo. Ed
il giorno dopo la bara è stata collocata sopra quel rombo, amorevolmente
vegliata dai suoi alpini.
“Quando muoio voglio che mi mettiate là”.
Nessun presentimento in questa richiesta, solo un segno del grande
attaccamento alla sua sede, quella sede cui Bepi ha dedicato parte della sua
esistenza.
Come il famoso capitano del canto alpino, Bepi Cadorin è morto sul campo.
E’ caduto mentre onorava il suo “essere alpino”. E non poteva essere
altrimenti, perché Bepi era “alpino” ogni giorno, ogni sera, ogni ora.
Ci sono persone il cui innato senso del donare è così grande da
necessitare, per esprimersi, di spazi sempre più vasti. Bepi era così. In
tale ottica il suo coinvolgimento nel volontariato non fu una scelta: il suo
impegno per gli altri fu irresistibile richiamo e dovere irrinunciabile.
E’ questa la chiave di lettura per capire la sua vicenda ed il suo impegno
nel Gruppo, nella Sezione, nella sua comunità e per coloro che erano
colpiti dalla sofferenza.
E quello che ha fatto nei suoi anni di intensissima attività, rubati al suo
lavoro, alla sua azienda, spesso alla famiglia, è sotto gli occhi di tutti.
La generosità è la parola chiave per riassumere il suo carattere: le
persone erano il suo interesse ed il suo problema. Ecco perché noi gli
abbiamo voluto bene, perché tanti con noi gli hanno voluto bene.
Ecco perché eravamo in tanti, a salutarlo. Una folla strabocchevole, a
dimostrazione che il suo impegno non aveva confini. Impossibile, il giorno
in cui l’abbiamo accompagnato nell’ultimo viaggio, contare i
gagliardetti dei Gruppi alpini e delle varie Associazioni. E tante,
tantissime penne nere a sfilare davanti al feretro portato dai suoi alpini.
“Ci
hai insegnato che dalla vita bisogna saper cogliere i momenti più belli per
sorridere e gioire insieme agli altri. Noi ringraziamo il Signore perché
siamo fieri ed orgogliosi di aver avuto la possibilità di vivere accanto ad
una persona veramente grande. Tutto questo non potrà mai essere cancellato
dalla nostra memoria e continuerà per sempre a far parte dei nostri cari
ricordi”
Così, a nome della famiglia, l’ha ricordato il nipote Emanuele.
E così l’hanno salutato gli alpini del Gruppo San Vendemiano, l’altra
sua grande famiglia: “Noi alpini del
tuo Gruppo ti diamo l’ultimo saluto. La tua dedizione, il tuo esempio, la
tua generosità, il tuo buonumore, la tua lealtà, la tua paterna amicizia,
la tua spontaneità, la tua alpinità sono state la carica che ci ha
spronato. Sei stato fiero ed orgoglioso di guidarci. I principi praticati e
lasciatici in eredità garantiranno il futuro del Gruppo. Grazie Beppino,
hai sempre accompagnato i tuoi soci ad andare avanti. Noi ti accompagniamo
con passo deciso. Hai avuto gli alpini nel cuore ed hai raggiunto il tuo
amico Gino. Noi preghiamo, voi aiutateci. Ciao Bepi, capogruppo di tutti
noi.”
Commovente il saluto dei genitori del Centro “Don Gnocchi” per disabili
di San Vendemiano, dove Cadorin era di casa: “Noi
genitori dei disabili, siamo venuti a dirti ciao, Bepi, a nome di questi
ragazzi anche se tra loro e te non c’è mai stato bisogno di tante parole.
Vi capivate con un sorriso, una pacca sulle spalle, un abbraccio. Vi
dicevate tante cose senza bisogno di discorsi, perché tu eri sempre vicino
con semplicità, facendo di tutto perché le difficoltà di ogni loro giorno
fossero meno dure. Eri attento e premuroso come un padre, ma gioioso e
casinista come un amico. Allora ti diciamo semplicemente “ciao Bepi”
perché l’amore non ha bisogno di tante parole.”
I disabili presenti hanno accompagnato il loro saluto con un canto, forse il
più toccante tra quelli eseguiti in chiesa: “resta
qui con noi... Signore è sera
già... se tu sei con noi... la
notte non verrà...”
L’estremo saluto a Bepi, sottolineato dalle note sommesse del “Signore
delle cime” degli amici del coro ANA di Vittorio Veneto, a nome degli
alpini della Sezione e di tutti gli alpini che l’hanno conosciuto, è
stato dato dal Presidente Gai: “Caro
Bepi sembra impossibile! Ci siamo lasciati martedì sera, in sede a
Conegliano, con il tuo “ci sentiamo domani”. Così hai salutato noi
tutti, per correre ad un altro appuntamento a San Vendemiano. Gli ultimi
momenti della tua vita mostrano il tuo modo di essere, la tua grande
disponibilità, la tua generosità nell’offrire a noi alpini, alla
collettività, ai meno fortunati, la tua opera ed il tuo grande cuore.
Tutti
abbiamo perso un amico, un grande amico.
Ti
vogliamo ora pensare insieme al tuo carissimo predecessore Gino Citron,
uniti nella pace del Signore.
Tutta
la grande famiglia della Sezione di Conegliano è vicina alla tua cara Anna,
ai tuoi figli, ai parenti, ai tuoi dipendenti, ed agli alpini di San
Vendemiano.
Il
nostro ricordo ti accompagnerà sempre e con gratitudine profonda rivivremo
i momenti più significativi e più belli dell’ultimo periodo, quelli in
Assisi nel cantiere di San Quirico e quelli in occasione del Giuramento
Solenne in maggio a Conegliano.
Grazie,
caro amico, per quanto ci hai dato, per l’esempio che hai trasmesso ai
giovani, per l’entusiasmo e l’energia che animavano sempre il tuo
operare. Continua a guardarci, abbiamo ancora bisogno di te!
Ciao,
caro Bepi.”
Cadorin non faceva parte di quelli di San Quirico. Ma con il passare del tempo accadeva sempre più spesso che, quando i responsabili del cantiere di Assisi erano in difficoltà per le attrezzature o i trasporti, qualcuno dicesse “prova a chiedere a Bepi ... bisognerebbe telefonare a Cadorin”. E questo a qualunque ora. E quando, nel cambio della squadra, tornavano da Assisi, i volontari telefonavano per strada “prova a contattare Bepi se ci prepara una bottiglia”. E Bepi faceva trovare le bottiglie e qualcos’altro. E così, prima la sua fabbrica e poi la sua sede erano diventati centro logistico di San Quirico, ed inevitabilmente Cadorin ed il suo Gruppo avevano finito per essere coinvolti anche in questa iniziativa.
Per un imperscrutabile disegno del destino, Bepi ci è stato tolto. E’
stato portato via alla famiglia, agli alpini, agli amici, è stato tolto
alla sua terra e alla sua gente.
Ma le sue qualità di uomo, e di alpino, non sbiadiscono la sua immagine
nella nostra mente. Non potremo dimenticare il suo essere dinamico,
signorile nel tratto e nobile nei sentimenti, la sua impareggiabile capacità
di comunicare, la sua forte e coinvolgente carica umana, la sua grande
disponibilità, il suo stile. Soprattutto non potremo dimenticare che è
perché ci sono alpini come lui che noi, alpini del 2000, andiamo fieri del
nostro cappello.
Ci mancherai, Bepi, ma di te ci parleranno i segni indelebili che hai
lasciato e che il tempo non cancella, la tua grande fede alpina, e ...quel
rombo di pietre della tua sede, che tu hai voluto come ultima dimora.
dlmgfr