SAN QUIRICO |
Maggio 1999 |
Con la loro opera silenziosa, la loro testimonianza discreta e la loro
umanità semplice, gli Alpini della nostra Sezione continuano a scrivere pagine
di impegno. Nell'evolversi degli eventi che in questo inquieto fine millennio
stanno dando brusche accelerazioni alla Storia, gli Alpini vogliono essere
protagonisti di gesti di sensibilità. Non contenti di impegnarsi nelle loro
comunità, essi corrono dove si è abbattuta la catastrofe per ricostruire o si
mettono in lista di attesa per soccorrere chi è stato colpito dalla tragedia
della guerra. Va peraltro sottolineato che le varie iniziative sono il frutto
della dedizione appassionata degli uomini guida dei Gruppi e della Sezione.
Annotiamo quindi con piacere la rielezione alla presidenza di Paolo Gai. Paolo
lo conosciamo tutti. La sua generosità ed il suo attaccamento alla fede alpina
sono doti indiscusse. La sua presenza a tutte le attività del nostro sodalizio
sono stimolo e gratificazione per coloro che portano avanti le varie iniziative.
Se a ciò si aggiunge l'orgoglio di appartenere alle Penne Nere, la
coinvolgente e genuina umanità e l'innata disponibilità, allora possiamo dire
che alla guida della nostra Sezione c'è un vero alpino.
Non possiamo però
dimenticare un altro presidente, che da poco è
andato avanti: Giacomo Vallomy. Presidente dal 1974 al 1991, e poi Presidente
onorario della nostra Sezione, Vallomy fu ufficiale prima al "DUI" poi
al 7° Reggimento Alpino. Grintoso, inflessibile ed uomo di grande cultura,
rimarrà un personaggio unico nel firmamento delle figure che hanno dato lustro
e voce alla nostra "Famiglia Alpina".
L'operazione "San Quirico", che ha visto impegnati i volontari
alpini della nostra Sezione in collaborazione con gli amici di Vittorio veneto,
si è conclusa. Diversi sono i significati di questa iniziativa, che ci ha visto
protagonisti di un interventi di grande spessore. Il cantiere è stato anche
l'occasione per incontrare e conoscere persone di grande umanità ed alpinità e
da oggi possiamo considerarci gemellati con le Clarisse di Assisi.
Ma San Quirico non era ancora terminato che qualche nostro volontario
chiedeva ferie per andare a soccorrere i profughi del Kosovo, fuggiti dalla loro
terra dilaniata dalla guerra. Non so dirvi se questa è la silenziosa risposta
delle Penne Nere alla barbarie della guerra e se questa scelta scaturisce dal
bisogno, fortemente radicato nel DNA alpino , di cercare e ricostruire la
fratellanza tra i popoli e le persone. Ed intanto ancora una volta la Storia ci
insegna che è proprio nella tragedia che sboccia il fiore della solidarietà.
Albania e San Quirico sono due anelli della stessa catena. Essi stanno a
significare l'impegno per la pace, la non indifferenza nei confronti di chi è
colpito dalla tragedia e chiede aiuto. Stanno anche a significare la fedeltà
degli Alpini alla loro religione, un comandamento della quale, forse il più
bello e semplice, recita. "aiutare i vivi per onorare i morti". E
così un volontario di San Quirico ha voluto dedicare la sua opera alla memoria
del padre, ex combattente sul fronte Greco-Albanese col gruppo "Val Tagliamento",
scomparso alcuni anni fa. Mi ha poi particolarmente colpito quanto è stato
detto ad Assisi durante la recente cerimonia di riconsegna dei locali alle
Clarisse: "San Quirico è stato una lunga preghiera per onorare i nostri
morti, gli amici alpini passati avanti. Essi erano orgogliosi di noi nel
vederci, da lassù, impegnati in quest'opera. Erano accanto a noi e qualche
volta, vedendoci in difficoltà, ci hanno aiutato, lavorando di notte con le
loro cazzuole silenziose".
Renato Brunello