SAN QUIRICO |
Settembre 1999 |
“... con il loro lavoro generoso essi ci hanno insegnato la forza del saper
ricostruire, nel segno dell’edificazione di un mondo più giusto e
fraterno...”
... CON IL LORO LAVORO GENEROSO ESSI CI HANNO INSEGNATO LA FORZA DEL SAPER
RICOSTRUIRE, NEL SEGNO DELL’EDIFICAZIONE DI UN MONDO PIU’ GIUSTO E FRATERNO...”
di Gianfranco Dal Mas
Amelia. In un convento tra le cui
mura aleggiano ancora le figure di San Francesco e Santa Chiara, nel cuore
dell’Umbria, in un costone boschivo sperduto di un monte vicino alla città
di Amelia, dimorano le clarisse di San Quirico. Si trovano lì da quando il
terremoto le ha costrette ad abbandonare il loro monastero di Assisi.
Sabato 17 aprile.
Nell’incontro, molto atteso e fortemente voluto dai volontari di San Quirico
e dalle clarisse, potranno stringersi la mano persone che, senza essersi mai
viste, già si conoscono.
I volontari di Conegliano
e Vittorio Veneto giungono ad Amelia, accompagnati dalle consorti, con due
pullman e numerosi mezzi privati. La secolare pace ed il silenzio perenne che
regnano in questi luoghi inevitabilmente vengono messi a dura prova
dall’arrivo degli alpini. In compenso questo verrà ricordato come il
momento più toccante di tutto San Quirico
La badessa, suor Giovanna,
ci accoglie con tutte le consorelle. Spetta al nostro impeccabile cerimoniere
presentare loro gli alpini. Le clarisse hanno così la possibilità di
abbracciare il “mitico” Pietro Papa, di cui hanno tanto sentito parlare da
suor Giustina (l’alpino del Gruppo Falzè ha diretto il cantiere di San
Quirico per ben cinque settimane).
“...per
tutti questi nostri amici...”.
Nella piccola chiesa del convento si tiene quindi un breve incontro con
preghiere e canti interpretati dalle voci angeliche delle clarisse. Le
letture, prese dalla Bibbia, ricordano come l’uomo può emergere dalla
peggiore delle rovine quando sa ricostruire. Un brano, tratto dalla biografia
di San Francesco, ricorda che dal crocefisso arrivò un giorno un invito:
“va’ e ripara la mia casa”.
Le clarisse ci onorano
infine di una preghiera fatta per noi.
“Signore
Gesù, anche oggi rivolgi a noi la chiamata ad una missione: “VA’ RIPARA
LA MIA CASA”. Chiedi a ciascuno di noi di essere collaboratore della gioia
dei fratelli, per spezzare con loro il pane del domani, aperto su un orizzonte
di Vita. I nostri occhi posati sulle rovine e sui deserti del nostro tempo
hanno bisogno di credere che una nuova creazione chiede di sbocciare tra le
ferite della Storia, e che tutto sarà ricostruito e la terra donerà ancora
il suo frutto.
Ti
ringraziamo Signore per tutti questi nostri amici, che si sono incamminati con
noi su questa strada verso la ricostruzione di ciò che il terremoto ha
lacerato.
Dopo mesi di attesa, in cui la casa vuota era avvolta
nel silenzio dell’abbandono e i muri spezzati raccontavano la precarietà di
un futuro senza certezze, l’arrivo dei nostri fratelli alpini ha squarciato
questo silenzio, e il rumore improvviso dei primi lavori è risuonato a noi
come una musica.
A
loro Signore, vogliamo dire il nostro grazie, perché con il loro lavoro
generoso e la loro amicizia ci hanno insegnato la pazienza e la forza del
saper ricostruire, pietra dopo pietra, passo dopo passo, nel segno
dell’edificazione di un mondo più giusto, più bello, più fraterno, dove
solo chi sa porgere all’altro la mano e la sua speranza, può arrivare in
alto, ed essere grembo e custode di pace.
Nessun altro ringraziamento poteva essere più bello e gratificante.
Alla fine un coro “messo
su” in quattro e quattr’otto da Toni Battistella (ma si sa che l’amico Toni “mette su” cori ovunque si trovi) esegue un canto alpino. E
per la prima volta tra le mura di una chiesa echeggiano le note di quel brano
che narra la storia di un capitano morente e che da cento anni commuove le
penne nere. Per suggellare quel gemellaggio che, anche se mai scritto, da ora
lega le clarisse di Assisi alle penne nere di Vittorio e Conegliano.
L’omaggio floreale alle
suore è seguito dal rancio alpino allestito dagli amici di San Fior,
disturbato da improvvise raffiche di vento ed interrotto dalla pioggia.
Le suore sono rammaricate
e assicurano la loro preghiera perché la cerimonia di domani, a San Quirico,
non venga guastata dal cattivo tempo.
Ad
Assisi. Nel pomeriggio è consentito
agli amici ed ai familiari, che hanno accompagnato gli alpini ad Assisi,
l’accesso al monastero per visitare i locali restaurati. Sono sette le
corriere che hanno seguito in Umbria le due dei volontari. Una mostra
fotografica allestita all’interno dal nostro Gabriele Mion aiuta a capire la
portata dell’intervento. La cura con cui sono state rimesse le pietre e
l’attenzione per i particolari architettonici dimostrano che non si è
trattato solo di un intervento edilizio ma di vero restauro artistico. Ne è
riprova la “ruota” che accoglie il visitatore all’entrata: rarissimo
pezzo di antiquariato è stata riportata alla originale funzionalità per
rinnovare la memoria su ciò che è stato ed ha significato il monastero di
San Quirico.
Le suore continuano a
pregare, ma la sera ad Assisi è di nuovo pioggia torrenziale. L’acqua non
distoglie peraltro gli alpini dai loro programmi: dopo aver cenato in alcuni
locali del centro, ravvivano con la loro allegria una serata che, dato il
tempo da lupi, si preannunciava morta. Decidono poi di festeggiare il loro
arrivo in Umbria a modo loro, che è poi quello che tutti sapete.
E così in quella che il
Papa ha consacrato come “città della pace” e per tradizione è votata
alla preghiera ed al silenzio (quantomeno di notte) fino ad ore indicibili
echeggiano i canti degli alpini. E’
un coro a più voci, anzi, per la precisione, si tratta di coro ed orchestra,
schierati nel colonnato del tempio di Venere. L’orchestra è naturalmente
l’inseparabile fisarmonica di Toni Battistella, direttore e prima voce del
coro tale Beppe Parazzini.
La cerimonia. Domenica
18 aprile. Le suore di San Quirico sono come le mogli degli alpini: i loro
mariti non le ascoltano. Esse hanno pregato perché la pioggia risparmiasse
almeno la cerimonia ...ma lassù nessuno le bada. Non è certo il torrente
d’acqua di ieri sera, ma una pioggerellina insistente che non dà tregua. I
tre grandi ombrelloni, che in teoria dovevano servire a proteggere dal sole,
sono ora provvidenziali ombrelli da pioggia.
Presiede la funzione
religiosa padre Nicola Giandomenico, superiore della Basilica di San Francesco
e cittadino onorario di Conegliano. Concelebrano don Domenico, nostro
cappellano, padre Claudio Durighetto, francescano di Santa Maria degli Angeli,
e don Angelo, parroco di Ogliano.
Sono
presenti il presidente nazionale Parazzini, l’ex presidentissimo Caprioli,
il presidente ed il segretario della Protezione Civile alpina, Sarti e Greppi,
il giornalista de “L’ALPINO” Basile, il Presidente
della Sezione Marche Sergio Macciò,
con una rappresentanza, il Sindaco di Assisi Bartolini, il sindaco di
Conegliano Zambon e quello di Vittorio Veneto Dalla Libera. Oltre,
naturalmente, ai presidenti delle due sezioni Gai e Carnielli. Numerosi i
Gruppi rappresentati dai gagliardetti.
La
cerimonia si svolge nell’orto del monastero, dove prendono posto i volontari
con le consorti. Molte persone seguono la messa
nei locali ristrutturati.
Tra
i pochissimi volontari assenti è d’obbligo citare Toni Speranza, oggi
impegnato con altri tre alpini della nostra Protezione Civile
nell’operazione “Arcobaleno” in Albania.
“Due splendide Sezioni”. Celebrata la
messa prende dapprima la parola il Prof. Dalla Libera che ricorda come
l’operazione San Quirico sia anche il frutto di quella attenzione e
trepidazione che vi è stata nel Veneto, in occasione del terremoto, per
questa città simbolo di cui un po’ tutti ci sentiamo cittadini. Suor
Giovanna ricorda quindi la grande speranza accesasi nel cuore delle clarisse
con l’arrivo degli alpini e la ventata di ottimismo e di speranza che a San
Quirico arrivò con le penne nere: ”Siete stati i primi a venirci incontro
per farci sentire meno sole, siete stati un dono del Signore”. La badessa
ricorda poi il clima di fraterna condivisione venutosi a creare durante i
lavori nel monastero.
Dopo aver salutato e ringraziato i presenti, il presidente della Commissione “San Quirico”,
Lino Chies, ripercorre le tappe dell’intervento: “Quando
le monache hanno bussato alla nostra porta ci siamo guardati attorno ed
abbiamo fatto la conta, abbiamo valutato l’opportunità relativamente a
tempi ed impegni economici ed abbiamo detto ancora una volta: ce la faremo.
E, lasciatemelo dire con immensa soddisfazione, grazie ai volontari e a quanti ci
hanno dato una mano, ce l’abbiamo fatta. Gli alpini hanno fatto qualcosa di
meraviglioso che resterà nel tempo e che sarà l’orgoglio di chi ha
partecipato in qualche maniera perché ciò venisse realizzato. Sarà un altro
fiore da aggiungere a quell’omaggio floreale che porteremo con noi durante
il resto della nostra vita e che esibiremo con tanta fierezza a chi ci ignora,
a chi vuole ignorarci, ma soprattutto a chi pensa di farci sparire dalla
storia della nostra patria. Questi ultimi stanno perdendo il loro tempo, gli
alpini non spariranno mai idealmente, potranno anche non esserci più
fisicamente, ma resteranno le loro gesta e le loro opere. Saranno appunto
queste a testimoniare il nostro passaggio, saranno i nostri beneficiati a
ricordare ai posteri che sono esistiti quei fenomeni che rinunciano alle loro
ferie per compiere delle opere di bene, saranno i fruitori delle nostre
fatiche impegnate in realizzazioni simili a questa a divulgare il carattere
degli alpini e la loro incondizionata disponibilità nei momenti del
bisogno.” Dopo aver ringraziato le
clarisse della comunità per averci dato la possibilità di esprimerci in un
luogo sacro e per l’accoglienza ricevuta, Lino ha rivolto un pensiero alle
mogli dei volontari, il cui appoggio e ...sopportazione sono stati
determinati.
Chiude la cerimonia il
presidente nazionale, che si complimenta per l’intervento portato a termine
dagli alpini di Vittorio Veneto e Conegliano (“due splendide sezioni”).
Parazzini dice di essere stato colpito non solo dall’opera ma anche dallo
spirito con cui i volontari lavoravano in cantiere. E a proposito della
fratellanza creatasi tra gli alpini e le suore che dimoravano nel monastero
durante i lavori, ricorda la sua prima visita a San Quirico, quando, varcata
la porta del convento, era stata accolto dal “passo 33” della fisarmonica
di Toni Battistella, mentre Chies gli presentava la forza lavoro: “12 alpini
e 4 suore di clausura”
Sulle pietre. Nella suggestiva e rara
cornice di un monastero di clausura il rancio consumato con le suore
rappresenta l’ultimo momento di condivisione tra gli alpini e le clarisse.
C’è un po’ di nostalgia nel vedere Celestino Costacurta che ammaina la
bandiera e stacca dal muro perimetrale le tabelle del cantiere, le stesse che
aveva inchiodato il 12 ottobre dell’anno scorso dando inizio ai lavori di
San Quirico. Il momento del commiato tra i volontari e suor Giustina e C. è
segnato da grande commozione.
Lasciamo nel monastero lo striscione con la scritta “gli alpini ringraziano le suore clarisse”. Era
questo lo spirito con cui eravamo scesi ad Assisi: ringraziare le suore per la straordinaria
cordialità con cui ci hanno sempre accolto, e soprattutto per averci dato l’opportunità di scrivere
questa splendida pagina di impegno e alpinità. Ed invece è venuto proprio dalle suore il
ringraziamento più grande (“I vostri volti ed i vostri nomi rimarranno per sempre impressi nei
nostri cuori”). Sono stati, inoltre, un ringraziamento ai volontari l’attenzione ed il sostegno
degli alpini delle Sezioni; il coinvolgimento di amici, enti gruppi ed associazioni che hanno
sostenuta finanziariamente l’operazione; la straordinaria partecipazione alla cerimonia di San
Quirico. Un grande ringraziamento ai volontari rimarrà scritto per sempre sulle pietre di San
Quirico, quelle pietre che essi hanno rimesso apposto con cura e attenzione come se fossero quelle
della loro casa. Su quelle pietre stanno scritti i loro nomi, ed ogni lapide sarebbe superflua. E se
questa è retorica allora vuol dire che gli alpini non possono farne a meno.
dlmgfr
l’incontro
con le voci angeliche della vita claustrale
testimoniare la pace ricostruendo le pietre di un vecchio monastero
una delle pagine più belle delle nostre Sezioni, un gemellaggio tra gli
alpini di Conegliano e Vittorio Veneto con un monastero a 400 km, che ora è
parte indelebile della nostra memoria
una lacrima sfuggita ad una clarissa o a qualche vecio nel momento dei
saluti
SAN QUIRICO...
è stato anche qualche moccolo |
SAN QUIRICO...è stato una lunga preghiera |