IL CEPPO ALLE PENNE MOZZE |
Giugno 2001 |
Domenica
24 dicembre 2000, ore 15. Giù nella valle è già esploso il Natale. La corsa
sfrenata al regalo è nel suo pieno e fra poco, alle prime ombre, costellazioni
di luminarie impazzeranno per città e paesi fino ad impedire la vista del
cielo. E' il rito cui ormai assistiamo da tempo, il rito per cui la festa più
religiosa dell'anno viene celebrata all'insegna del commercio, che dei simboli
sacri spesso si serve per sedurre ed incrementare gli incassi. Il rumore
consumistico certo non può uccidere il Natale, ma forse può soffocarne la
voce. E spiritati manichini folli, in volo da vetrina a vetrina, di negozio in
negozio, sembrano essere gli angeli dei nostri natali.
Controcorrente gli Alpini, come sempre. Una rappresentanza delle Sezioni di
Vittorio Veneto, Conegliano, Treviso e Valdobbiadene è giunta dalla valle
percorrendo la strada che porta al Bosco delle Penne Mozze di Cison, ove più di
3000 steli ricordano gli Alpini trevigiani caduti in armi. Sono arrivati quassù
per accendere un ceppo che li riscaldi durante la notte santa.
C'è qualcosa di amorevole, di quasi materno in questo gesto. E' il perpetuarsi
di quella religiosità alpina che ha come primo comandamento onorare chi ha dato
la vita per il dovere. Un breve squillo di tromba ed il ceppo viene acceso,
mentre una voce legge un brano che ricorda i natali passati dai soldati in
grigioverde sotto la neve, nella tragedia della steppa o dei Balcani o del
fronte greco, quando le suggestioni della notte santa dilatavano la nostalgia
della lontananza dalla propria terra e dalla propria casa; natali che però gli
alpini riuscivano lo stesso a ricreare e a celebrare.
Un canto struggente, una preghiera per quei morti, il rinnovo della memoria del
loro sacrificio, i rintocchi di una campana, un ultimo sguardo alle steli di
questo singolare tempio a cielo aperto.
Poi scendiamo per la stretta
strada del ritorno. Qui un casolare con la paglia, poi una vecchia stalla, il
vento che soffia ad intermittenza irregolari, il ruscello che entra ed esce
impetuoso dal ponte, una baita da cui esce una fioca luce ed il fumo di un
camino, la brezza che scende fredda dal monte e sembra annunciare la neve. E
scopriamo così, per un attimo, di essere parte di un grande, regale presepio…
Dal Mas Gianfranco