PROTEZIONE CIVILE |
Maggio 2000 |
Da “IL GAZZETTINO”
Venezia
Un’incondizionata difesa dell’opera offerta dal
volontariato veneto e insieme di duro atto di accusa contro facili
strumentalizzazioni che potrebbero soltanto inquinare la verità.
Mentre tra dubbi, polemiche e indagati stanno emergendo
nuovi contorni nell’inchiesta sulla missione umanitaria “Arcobaleno” in
Albania, l’assessore regionale alle Politiche per l’Ambiente e alla
Protezione civile, Massimo Giorgietti non usa certo mezzi termini
nell’esaminare pubblicamente il contributo offerto dalla Regione Veneto:
“attendiamo con attenzione e fiducia che si concluda la fase istruttoria della
magistratura, ma se i capi di imputazione verranno confermati, ci costituiremo
parte civile contro coloro che con il loro comportamento delittuoso hanno
screditato anche l’azione di volontari che fanno capo alla protezione civile
del Veneto e che hanno agito in modo davvero encomiabile”.
L’occasione è stata offerta da in incontro con la
stampa - svolto a Palazzo Balbi - per illustrare, nel dettaglio, i dati dell’
“Operazione Arcobaleno” a Valona, che ha visto un impegno di spesa da parte
della Regione di oltre 493 milioni.
Senza peli sulla lingua anche il generale Maurizio Gorza,
responsabile ANA della Protezione civile per il Veneto e il Trentino Alto Adige,
che da un lato non risparmia elogi all’impegno generoso profuso dai volontari
e dall’altro conferma alcune «strane» sensazioni avute sul posto: “Vivere
in quell’ambiente era davvero arduo, perché laggiù non c’era parvenza di
Stato. E’ chiaro che in un campo così grande come quello di Valona, il posto
più sbagliato con un porto difficilmente agibile, qualcosa avrebbe potuto anche
succedere. Lì si entrava e usciva tranquillamente perché la sicurezza del
luogo era gestita dalle forze dell’ordine albanesi spesso in balia di giovani
bande”.
Tutte doverose osservazioni in margine, che non possono e
non devono, però sminuire e offuscare l’attività dei volontari veneti; 481
presenze, per un totale di 110 mila ore di lavoro nei campi profughi, con un
movimento complessivo di 3200 quintali di merci.
Roberto Ballarin