30° RADUNO AL BOSCO DELLE PENNE MOZZE |
Dicembre 2001 |
Dicono che gli Alpini sono
in crisi. Sia quelli in servizio, perché la professionalità non ne incentiva
l'arruolamento, sia quelli in congedo: Gruppi e Sezioni registrano un
progressivo ridimensionamento. La consapevolezza alpina di attraversare un
momento delicato si leggeva sul volto dei tremila intervenuti al 30° Raduno a1
Bosco delle Penne Mozze.
Alpini vecchi e giovani provenienti da ogni parte della provincia e anche da
fuori: tra le centinaia di Gagliardetti e Vessilli Alpini si notavano oltre a
quelli del Friuli e del bellunese, quelli di Bakolori (Africa), Cogololeto (GE)
e Bari.
Il Bosco delle Penne Mozze fa memoria, ad oggi, di 2358 alpini caduti in guerra,
o in conseguenza della stessa; altri 49 sono state recuperati tra i morti in
Russia e per ben 7 di questi sono state deposte ed inaugurate le stele a ricordo
di Giovanni Arrosti, Silvio Dal Bo, Antonio Fontana e Antonio
Marcon di Vittorio Veneto; Guerrino Bettiol di Volpago, Giovanni Dal Col
di Sernaglia della B. e Giovanni Sacco di Segusino.
La cerimonia del trentennale ha avuto inizio con l'alzabandiera dopodichè una
delegazione composta dal Capogruppo e dal Sindaco di Cison, dal consigliere
nazionale Fioravante Piccin, dal ten.col. in rappresentanza delle
Truppe Alpine e dai quattro Presidenti delle Sezioni della provincia, tra due
ali formate dai 121 Gagliardetti ed 11 Vessilli Sezionali, ha deposto una Corona
al Cippo delle Penne Mozze.
La cerimonia commemorativa di questo 30° Raduno continuava con l'accensione del
Tripode, opera di Simon Benetton, donato dai fratelli Zecchella in memoria del
padre caduto in Russia e l’introduzione del Presidente dell'ASPEM Claudio
Trampetti, che così si esprimeva:
“Autorità, gentili signore e signori,
Associazioni combattentistiche e d'Arma. a nome del Comitato per il Bosco delle
Penne Mozze, desidero porgere a voi tutti il più cordiale saluto ed un sentito
grazie per essere intervenuti a questo 30° Raduno.
Seppur il tempo trascorra inesorabilmente, noto con grandissima gioia che il
sentimento che ci unisce a questo Memoriale non si affievolisce, e di questo vi
sono grati coloro che hanno ideato e realizzato questo luogo di ricordo, ma
soprattutto i nostri Caduti che ci vedono qui raccolti in preghiera di suffragio
per trascorrere qualche ora in loro spirituale compagnia.
Tutto questo ci ripaga del nostro impegno e lavoro e ci fa guardare con serena
fiducia ad un lontano futuro.
Come già preannunciato in altre occasioni, da quell’attento lavoro di
verifica effettuata in particolare dal compianto gen. Giovannini, ad altri 49
Caduti spettava l’onore di essere qui ricordati e così, quest’anno,abbiamo
iniziato a collocare le prime sette stele, per poi proseguire nei prossimi anni,
fino ad opera ultimata.
Ringrazio di cuore i familiari ed il Gruppo di Sernaglia che hanno voluto
contribuire totalmente o parzialmente alla relativa spesa.
Inoltre,come avrete visto, abbiamo inaugurato questo Tripode, donato dai
fratelli Zecchella; Tripode che in alcune occasioni servirà a far ardere la
fiamma del nostro affetto verso questi nostri fratelli.
Grazie, quindi, anche a loro per questo tangibile segno di attenzione per il
Bosco e per averlo arricchito di un'altra opera dello scultore Simon Benetton.
Un sentito ringraziamento anche al gruppo alpini di Caselle, che in occasione di
questo 30° anniversario hanno voluto sostenere l’onere materiale e
finanziario per il restauro del Cristo degli Alpini riportandolo all’originale
bellezza.
Un grazie particolare a S.E. Mons. Magarotto, vescovo di Vittorio Veneto, per
aver accolto il nostro invito a celebrare la S. Messa in questo tempio
all’aperto, come lo ha definito l’ideatore del Bosco prof. Mario Altarui, e
all’avv. Giuseppe Prisco che abbiamo desiderato averlo fra noi come oratore
ufficiale, oltre che per la sua indiscussa notorietà, soprattutto come
testimone del sacrificio di molti nostri fratelli Alpini in quella sventurata
campagna di Russia.”
Conclude rinnovando il suo grazie alle
quatto sezioni trevigiane ed a quei Gruppi che con spirito di sacrificio hanno
dedicato giornate di lavoro per rendere sempre accogliente e decoroso il Bosco
ai sempre numerosi visitatori ed augurare a tutti una serena giornata.
Per il discorso commemorativo è stato chiamato un personaggio del calibro
dell’avv. Giuseppe Prisco, reduce di Russia, noto per essere anche vice
presidente della squadra nerazzurra di Milano, l’Inter, ma che da sempre è
impegnato in prima persona nel direttivo nazionale degli Alpini.
Prima di riportare il suo intervento trovo giusto fare un plauso agli
organ-izzatori di questo 30° raduno che hanno recepito, sia pur tardivamente,
ai far anticipare il discorso ufficiale alla S. Messa, cosa questa suggerita,
quattro anni or sono, anche da don Sandro Capraro, cappellano della Julia.
“Via le «luganeghe», sinonimo di
sagra, dai luoghi della memoria e di cerimonia, proprio per non offendere i
morti - così spiegava don Sandro con disappunto - cosa questa che accade negli
stand enogastronomici, all'inizio della Messa”.
Si scusava il celebrante per lo sfogo,
ma teneva a ribadire, alle migliaia di penne nere convenute al Bosco delle Penne
Mozze, che era meglio non mischiare il sacro al profano.
E' peraltro tradizione consolidata dei raduni alpini al Bosco di Cison che la
Valle si trasformi in un grande chiosco: “Una tradizione che deve rimanere
– riconosceva il cappello militare - a patto che si in interrompano grigliate
e mescite di vino durante i riti religiosi e civili”.
Ciò premesso è giusto passare all’oratore ufficiale, l’avv. Giuseppe
Prisco che tra l'altro così si esprimeva:
“Ho visitato il Bosco e ne sono
rimasto sbalordito per l'idea di Altarui e per come avete potuto realizzare
quest’opera meravigliosa. Nel percorrere i sentieri vi ho trovato tra le stele
nomi e facce che mi sono state familiari durante la campagna di Russia, nomi di
subalterni e superiori appartenenti alla Julia, totalmente massacrata dal 13
dicembre al 16 gennaio '43, dove alpini del Tolmezzo, Cividale, dell'Aquila, del
Vicenza e del Val Cismon, fecero miracoli di tatticismo.
Semplice e validissima la concezione e l’insegnamento con un'iniziativa a
testimonianza dei sacrifici dei nostri alpini.
Infatti gran parte degli uomini che qui onoriamo erano stati chiamati a vivere
ed a morire nel periodo più difficile della nostra Patria.
Sono stati chiamati in un corpo dell’esercito che proporzionalmente ha dato il
maggior numero di perdite, di feriti e dispersi rispetto a tutte le altre
armate.
Sono stati protagonisti di avvenimenti tremendi che non avrebbero voluto vivere
e che li hanno coinvolti in una immane tragedia impensabile alle nostre attuali
concezioni di vita.
Quando, poi si tratta di soldati caduti, la memoria collettiva rimane solo
nell'onore della bandiera dei reggimenti, viene anche affidata alle lapidi, alle
stele ed ai monumenti nelle città e nei paesi, anche se troppo spesso servono a
ricordare l'usura del tempo più che la memoria degli uomini.”
“Ricordo il capitano Giuseppe
Calmi morto il 14 dicembre 1917 sul Grappa – continuava Prisco – lo
ricordo come esempio a tanti cittadini di oggi , non a voi, ai calciatori come
lo era lui. Cari calciatori, imparate a sacrificarvi come gli alpini. I
calciatori di allora non chiedevano che cosa ci date in cambio per combattere in
difesa dell’Italia; non c'erano ingaggi; si ci sapeva sacrificare ed il nostro
Paese era qualcosa di diverso sa quello che è oggi. Speriamo che si possa
essere una nazione e non una cozzaglia dì gente che pretende solo di avere
diritti. Se si potessero trasformare le virtù di tenacia, di senso del dovere e
di attaccamento agli ideali degli alpini ai calciatori, sarebbe una bella cosa
per il calcio. Virtù che la nazionale non ha dimostrato e io non mi pento di
non aver visto la nazionale italiana con la Lituania; non mi pento perché ero
con amici alpini e interisti.
Grazie ancora ad ancora ad Altarui
per il bel dono della Madonna delle Penne Mozze in occasione del suo
venticinquesimo di matrimonio.
Grazie a voi tutti, per quello che avete fatto per questo Memoriale. Qui si
respira spiritualità, rispetto del passato che conta e soprattutto la certezza
che il sacrificio di tanti non è stato vano.
Grazie ancora per questo vostro
annuale avvenimento, che è l'unico che ci può tenere uniti, perché UN POPOLO
CHE TRASCURA LE SUE TRADIZIONI, UN POPOLO CHE NON RICORDA, E' CONFINATO AD
ESSERE UN'ENTITA' INUTILE A QUESTO MONDO”.
Nell'omelia il vescovo S.E. Alfredo Magarotto s’immagina che il Cristo delle
Penne Mozze possa dare la parala a quanti sono ricordati in questo Bosco.
Le Penne Mozze che qui annualmente ricordiamo non hanno più voce, però possono
parlare a noi, alle nostre coscienze e sembra che ci dicano: e voi che cosa fate
per questa nostra Patria?
Tutti color che non ne approfittano, che fanno disastri in giro, sono sordi alle
parole che vengono da questi morti a cui Dio, oggi attraverso di noi, attraverso
questa cerimonia religiosa dà forza, dà voce, dà coraggio per parlare a noi
dicendoci che non vogliono essere
morti invano.
Dio ha dato loro la voce perché possano
parlare attraverso la nostra coscienza.
Sta dunque a noi divulgare la loro voce attraverso la nostra vita onesta facendo
valere le loro ragioni, le ragioni di coloro che non possono più parlare.
“Cari Alpini, autorità, rappresentanze e quanti partecipate a questa
celebrazione - continua il Vescovo - vi invito tutti ad elevare a Dio i
vostri pensieri, i vostri sentimenti, perché in Lui vivono per sempre coloro
che sono morti nella luce della fede e hanno offerto generosamente la loro
giovane esistenza per gli ideali più alti di giustizia,di libertà e di pace.
Mi sta davanti il Cristo delle Penne
Mozze in un’immagine intagliata con tanta reale espressione del dolore,nel
segno di Dio che circa 2000 anni fa è disceso dal cielo, s'è fatto uomo ed è
morto in croce per la nostra salvezza. Col dono della Sua vita ci ha dato la
prova più grande del Suo infinito amore. Risorgendo dai morti il terzo giorno
ci ha offerto la promessa e la certezza della nostra futura resurrezione; per
questo la chiesa proclama con sicura speranza ai suoi fedeli che mentre si
distrugge la dimora di questo Dio presente, viene preparata un'abitazione eterna
nei cieli. Lassù ci attendono tutti i nostri cari defunti, tutte le Penne
Mozze, qualunque sia il luogo dove riposano i loro resti mortali. La nostra
fraterna preghiera ottenga a loro la purificazione da ogni sorta di peccato,
affinché possano essere accolti in Paradiso a godere la piena felicità della
visione di Dio. Lassù siamo attesi anche noi perché nessuno ha qui una stabile
dimora, siamo tutti di passaggio e dobbiamo seguire la via sicura per salire in
cielo; è la via della fede; per essere accolti da Dio dobbiamo amarlo,
rispettarlo e seguirlo fin da questa terra. E’ la via della carità e della
spontaneità,la via dell’amore verso il prossima e l’aiuto a chi soffre, a
chi si trova nel bisogno; è la via che gli Alpini sanno percorrere con
disponibilità, prontezza e generosità. Preghiamo perché l’Eucarestia che
stiamo celebrando sia di sollievo alle anime dei nostri cari defunti, rafforzi
la nostra fede in Dio, si ponga a generoso servizio dei nostri fratelli e porti
a questo inquieto mondo saggezza e pace”.
Mi son rifatto, come mia abitudine, a riportare quanto espresso sia nell’omelia del celebrante che negli interventi del Presidente del Bosco e dell’oratore ufficiale avv. Prisco, e questo perché quanti hanno disatteso le parole dette dedicando il loro tempo ad un irriverente cicaleccio od a sonore libagioni. Da circa 25 anni mi reco di buon mattino al Bosco per espletare le mie mansioni che consistono nell’elencare i nomi dei Vessilli, dei Gonfaloni, Gagliardetti alpini e Bandiere di rappresentanze d’Arma. Erano presenti alla cerimonia 3 Gonfaloni (Cison, Valmareno, Treviso), 11 Vessilli sezionali (Belluno, Cadore, Conegliano, Feltre, Padova, Pordenone, Treviso, Valdobbiadene, Vittorio Veneto, Bari e Gorizia), 121 Gagliardetti di Gruppi alpini e 25 Bandiere di rappresentanze d’Arma tra cui l’A.N.P.I. provinciale di Treviso e Vittorio V.; l’Aeronautica di Oderzo; l’Ass. Artiglieri di Follina; l’Arma di Cavalleria di Mogliano; i Combattenti e Reduci di Cison, Spresiano, Cornuda, Codognè , Crespano, Vidor, S. Martino Colle Umberto, Sarmede, Sernaglia, Vittorio V. e S. Lucia; gli Ex-Internati di Mareno, S. Lucia di P., Treviso e Vittorio V.; quelle delle Famiglie dei Caduti e Dispersi di Caerano e Treviso Provinciale; nonché per i Mutilati ed Invalidi quella di Vittorio V. e quelle dei Carabinieri ed Autieri di Treviso.
Steno Bellotto