MODENA | |
Katia, oggi cadetta, domani ufficiale degli alpini |
Da "L'ALPINO" di aprile 2001
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Nicoletta, Katia (“con la kappa…”) e Alessia: cadette dell’Accademia
di Modena hanno fatto una delle loro prime comparse ufficiali fra le nevi di
Dobbiaco, dove erano in corso i campionati sciistici delle truppe alpine. Con
altri tre compagni di corso, Alessandro, Daniele e Angelo, avevano preso posto
sulla fila più alta della tribuna d’onore. Con il berretto a visiera,
avvolte nella mantella, una sola veniva tradita dai capelli raccolti in una
corta coda di cavallo.
Nicoletta Barchiesi è di Jesi, Katia Franz abita a Stermizza, una frazione di
Savogna che all’ultimo censimento aveva 81 abitanti e gravita su Cividale
del Friuli; Alessia Favata è palermitana. Sotto l’occhio vigile di un
tenente degli alpini, istruttore in Accademia, apparivano a disagio durante la
breve intervista. Per tutto il tempo della lunga della cerimonia di chiusura
dei giochi sono rimaste immobili, attente. Proprio come i loro compagni, anche
quando, di tanto in tanto, scendeva una sottile pioggia gelata che disegnava
perline d’argento sul loro mantello scosso da folate di vento.
Nicoletta e Katia (soprattutto quest’ultima) vorrebbero, una volta diventate
ufficiali, far parte delle truppe alpine.
E cosa vi attrae? “L’ambiente – risponde Nicoletta – Per adesso, l’ambiente.
Lo conosco ancora poco, vedrò meglio in seguito…”
Le tue impressioni di questa mattina?
Sorride. “Ottime, mi è piaciuto tutto molto.…”
I rapporti con i colleghi di corso?
“Buoni - dice senza esitazione - “Ottimi”
E voi allievi, chiediamo provocatoriamente, cosa pensate delle vostre
compagne?
“Sono colleghe, come si possono trovare in qualsiasi altra istituzione-
risponde Alessandro - Come all’università si collabora con le compagne di
studi, così anche in Accademia si crea lo stesso affiatamento”.
Nella salita alla fune chi di voi due arriva primo?
“Se si è allenati si arriva tutti e due insieme”, dice Alessandro.
“E in trigonometria, chi è più bravo?
Rispondono in coro: “Se si studia…tutti e due”. Ridono.
Alessia, pensi di farcela?
“Speriamo”, dice dopo qualche secondo. E quel verbo usato al plurale
comprende involontariamente anche tutte le sue colleghe, per la prima volta
entrate nel sacrario dei maschietti, con la loro stessa determinazione e le
loro stesse speranze.
Katia e Nicoletta hanno conseguito il diploma di ragioniere, lavoravano già
prima di entrare in Accademia. Alessia frequentava il biennio di ingegneria
aeronautica.
Katia, tu che sei friulana giochi in casa volendo andare negli alpini. Ce ne
sono nella tua famiglia?
La risposta sembrava scontata, invece si scopre che è proprio lei, questa
ragazzina minuta dal viso di bambina, la prima della famiglia a voler
indossare il cappello alpino. Tempi che cambiano…!
“Però – aggiunge subito – al mio paese i ragazzi hanno fatto tutti l’alpino,
io mi trovo bene con loro. E poi mi piace la neve e mi piace la montagna…”
E tu Alessia?
Alessia appare la meno impacciata. “Io non so ancora cosa sceglierò. Dico
solo che è la prima volta che mi trovo nell’ambiente degli alpini ed è la
prima volta che mi trovo sulla neve…”
Ma come?! Ormai nevica quasi soltanto al Sud…
“A Palermo, fino a cinque mesi fa, fino a quando c’ero anch’io, non s’è
mai vista la neve…”
Palermo è, come dire?, alquanto tradizionale con le donne. Cosa ti hanno
detto i tuoi genitori quando hanno saputo che partivi… soldato?
“Sono stati molto contenti. Anche perché hanno sempre avuto molta fiducia
in me, quindi sapevano che qualsiasi scelta avessi fatto sarebbe stata buona”.
Fra qualche anno potremmo avere un sottotenente degli alpini di nome Katia o
Nicoletta, dunque.
E gli alpini cosa pensano?, chiediamo all’istruttore che accompagna i
cadetti.
Il tenente si guarda attorno con aria smarrita. “Ah! – esclama – E’
ancora prematuro parlare di ufficiali…”, risponde diplomaticamente.
I cadetti se ne vanno, composti nelle loro divise nuove. Devono rientrare
subito a Modena. Il campo gare si svuota sotto un cielo plumbeo. Le bandiere
erano state ammainate, ciascuna al suono dell’inno del Paese che
rappresentava. Ultimo a scendere dal pennone era stato il Tricolore, salutato
con l’Inno di Mameli cantato anche dalla gente in tribuna. Sulla fila più
alta, tre cadette sull’attenti, la mano tesa alla visiera del berretto,
avevano salutato con impeccabile formalismo, un’espressione severa sul viso.
Facevano tenerezza, ma non diteglielo. Anche loro fanno parte del nostro
futuro. Soltanto, quando le vedrete passare non più con lo spadino ma con i
gradi di ufficiale, non guardatele come un fenomeno: la novità sta finendo,
abituiamoci a questa nuova realtà accettandola con simpatia. Senza stupirci.