BOSCO PENNE MOZZE |
Dicembre 2001 |
Il giorno 11 agosto, in Cison di Valmarino, l’Amministrazione Comunale ha
consegnato una targa ai fondatori del Bosco delle Penne Mozze quale
riconoscimento per l’opera realizzata ed il notevole contributo derivatone al
paese intermini di conoscenza in provincia ed in regione.
Presenti alla cerimonia con l’assessore alla cultura DE LUCa rag. Giancarlo,
il Sindaco SALTON dr. Gildo, i presidenti delle 4 sezioni Alpini della Provincia
di Treviso, il Sindaco di Treviso dr. GENTILINI, amico personale di Mario
ALTARUI e puntuale frequentatore del Bosco, il senatore FAVERO Giampietro e
l’onorevole D’AGRO’ Luigi le cui profonde parole hanno trasmesso momenti
di intensa riflessione e commozione.
Inoltre a rappresentare la Provincia era presente l’assessore Dr. SPELLANZON.
Al completo il Consiglio ANA locale con il Capogruppo Claudio TOFFOLATI ha
accompagnato numerosi amici e familiari a cui è stata consegnata la targa
ricordo.
Per prima M.Pia ALTARUI ha ritirato il riconoscimento per il fratello dott.
Mario che ha pronunciato queste parole: “Mi sento onorata per questo
omaggio a mio fratello, molto riconoscente a coloro che hanno avuto questa buona
idea e - lasciatemi dire - sarò sempre grata agli Alpini e a coloro che, con
impegno, lavoro, sacrificio, continuano l’opera del Bosco. Non solo a questi,
ma devo ringraziare le famiglie, le mogli che sono penalizzate nel tempo con
questi benedetti uomini che non sono a casa. Un’altra cosa. Potete immaginare
quanto preziosa sia per me questa targa e vorrei affidarla, proprio nel vero
senso della parola AFFIDO-CUSTODIA, a una creatura di Mario, all’Associazione
PENNE MOZZE, e la consegnerò nelle mani del ns. Presidente Claudio TRAMPETTI e
sino sicura sarà un posto sicuro e giusto”.
Il dott. Pierluigi SALVADORETTI ha ritirato il trofeo per il padre dott. GIULIO
indimenticato e insuperabile presidente della sezione ANA di Vittorio Veneto.
Per ritirare il riconoscimento del Sindaco DE ROSSO rag. Marcello c’erano i
nipoti e per DAL MORO rag. Marino braccio instancabile ed entusiasta c’era la
moglie Gabriella.
L’assessore DEL LUCA ha ricordato i nostri cari e la loro opera con queste
parole:
“E’ consuetudine della Amministrazione Comunale di Cison, nell’ambito
delle manifestazioni collaterali alla rassegna “Artigianato Vivo” conferire
un simbolico ma non per questo meno significativo riconoscimento a chi si sia
particolarmente distinto con la propria opera.
Quest’anno la scelta è caduta su quattro alpini, persone meravigliose che
hanno legato indissolubilmente il loro nome al Bosco delle Penne Mozze di Cison
di Valmarino.
Si tratta di Mario Altarui lungimirante ideatore e fondatore, di Giulio
Salvadoretti sostenitore convinto e generoso, di Marino Dal Moro insostituibile
e infaticabile artefice, e del Sindaco di allora Marcello De Rosso.
Le migliaia di persone che ogni anno visitano il bosco, sono una autorevole
conferma della felice intuizione che ha ispirato i 4 alpini, ma per comprendere
a fondo la grandezza di quest’opera, di questo Tempio all’aperto eretto al
ricordo degli Alpini Trevigiani Caduti e Dispersi sui vari fronti, ne
ripercorreremo assieme le tappe salienti.
Tutto comincia in un inverno del 1968 per uno di quei giochi del destino che
spesso sono alla base dei grandi progetti.
Due Cisonesi Vincenzo Cesca e Enrico Salton detto ”Richetto dal pupo” di
ritorno dal “Campo” per il passo della scaletta, assistono casualmente a una
valanga. Passato lo stupore iniziale, il loro pensiero corre al ricordo di amici
e conoscenti che avevano incontrato la sventura in montagna.
Di qui l’idea di erigere un Cristo per ricordare i Cisonesi morti nei nostri
monti. La sfida è così partita e cattura molte simpatie e adesioni in paese.
Durante una delle riunione operative alcuni Alpini presenti propongono di
dedicare il Cristo alla memoria degli Alpini che avevano dato la vita per la
Patria, da qui la proposta del Gruppo A.N.A di Cison di realizzare “Il Cristo
degli Alpini”.
Quando gli Alpini partono, nessuno più li ferma, così approvato il bozzetto di
Vincenzo Cesca, viene scelto come luogo ideale lo sperone roccioso del Col
Madan, e subito si contatta la proprietaria sig.ra Agata Guartieri Mambrin che
concede il permesso di apporre l’edicola senza compenso. Il basamento in
pietra viene realizzato da “Richetto” mentre gli alpini in delegazione vanno
ad Ortisei per acquistare un’immagine di Cristo intagliata in legno. La scelta
cade su un’opera di Andrea Mèssner, che per le sue caratteristiche di
sofferenza e dolore rende al massimo l’idea del patimento degli Alpini,
colpiti a morte, consapevoli di dover abbandonare la giovane vita con il
rimpianto nel cuore. Il 21 settembre del 1969 don Giuseppe Tonon benedice “Il
Cristo degli Alpini”, che si rivelerà la pietra miliare di un’opera
straordinaria.
Infatti per gli Alpini diventa un eccezionale motivo di ritrovo e di collante
per il Gruppo. Proprio durante una celebrazione attorno all’altare, comincia a
prendere corpo l’idea del prof. Altarui, si tratta di un progetto unico nel
suo genere: un Tempio all’aperto che abbia per tetto il cielo, con un albero e
una stele a memoria e ricordo degli Alpini Trevigiani caduti sui vari fronti. Il
sindaco De Rosso ne parla al giovane capogruppo Marino Dal Moro che subito
rimane folgorato dall’idea. In effetti da tempo il prof. Altarui cercava un
luogo adatto allo scopo, e quando su invito del sindaco De Rosso vede in canale
“Il Cristo Degli Alpini” non ha dubbi: il bosco deve sorgere a Cison. Subito
viene fatto partecipe dell’iniziativa anche il presidente della sezione Alpini
di Vittorio Veneto Giulio Salvadoretti che si lascia immediatamente contagiare
dalla imponenza e originalità dell’impresa. Nasce così un Comitato operativo
con a capo come Presidente l’ideatore Mario Altarui, e composto dal Presidente
di sezione Salvadoretti, e dal dott. Francesco Jelmoli esperto forestale. A
tutte le riunioni partecipa Marino dal Moro, capogruppo di Cison, che sarà con
i suoi Alpini il braccio operativo. Da quel momento in poi le tappe verranno
bruciate. il gruppo Alpini di Cison procede all’acquisto del terreno dove già
sorge il Cristo. Poi tanto, tanto, tanto lavoro. Bisogna adattare il terreno
appena acquistato, preparare le buche per le nuove piante e per il basamento
delle stele, spianare lo spazio per dislocare il Monumento simbolo del
Memoriale. Il primo anno con il metodo del passaparola tipico del volontariato
alpino, si ottiene una mobilitazione con oltre quaranta domeniche di lavoro, e
sempre maggiori adesioni. Il duro lavoro dà i frutti sperati: il Crocifisso non
è più solo, per dirla con le parole del prof. Mario Altarui “Dal simbolo del
sacrificio di Cristo è discesa la creazione del Bosco delle Penne Mozze”. Gli
Alpini di Cison, capitanati da Marino, orgogliosi che questo Tempio sorga tra le
montagne amiche, lo curano con amore infinito, tipico della nostra gente.
Purtroppo però i problemi non mancano, soprattutto quelli di carattere
economico, il progetto supera di gran lunga le possibilità del Gruppo. Ma come
si suole dire, la fortuna aiuta gli audaci, e i grandi e nobili progetti trovano
sempre persone sensibili. Uno di questi è sicuramente l’ing. Floriani che
provvede ad acquistare altro terreno per la realizzazione del Memoriale, oltre a
finanziare per intero il Monumento e un gran numero di stele pari a un caduto
per ogni Comune della Provincia. La moglie Loredana Carbone sarà Madrina del
Bosco.
Per la realizzazione del Monumento viene dato l’incaricato a uno scultore di
fama, il trevigiano Simon Benetton. Il risultato è eccezionale, tre penne nere
forgiate nel ferro, mutilate, a simboleggiare tanti alpini morti per la Patria,
e l’amore dei vivi che non li hanno dimenticati. Sulla nappina che reca la
data dell’ottobre 1972 è riprodotto il distintivo dell’A.N.A., mentre sul
basamento che regge l’opera è apposta una targa in ferro col seguente
scritto: “Nel centenario della fondazione del Corpo degli Alpini questo
Bosco delle Penne Mozze viene dedicato ai Trevigiani, appartenenti alle truppe
alpine Caduti nell’adempimento del dovere”.
Il 7-8 ottobre 1972 il Bosco delle Penne Mozze, comincia ufficialmente ad
esistere, con la benedizione del Vescovo alpino mons. Cunial.
La geniale idea del prof. Mario Altarui è divenuta realtà, si tratta veramente
di un Tempio all’aperto, dedicato agli alpini caduti, cui fanno da parete i
fianchi della montagna e da tetto il cielo. E quelle stele, non fatte in serie,
ma ognuna per ciascun caduto, a riprodurre in maniera stilizzata una scheggia di
granata a forma di croce, proprio quella scheggia che mozzò la giovane vita
custodita dalla lapide, rendono questo Bosco non luogo di morte, ma luogo che
esalta la pietà dei vivi, e che permette a tutti noi di non dimenticare tanti
giovani che hanno dato la vita per la Patria.
Quello del 1972, anche se non ebbe molte adesioni (il Memoriale non era ancora
conosciuto) fu il primo raduno, e nessuno avrebbe mai immaginato che negli anni
assumesse il carattere di appuntamento tradizionale, con adesioni di alpini e
familiari ben al di fuori dai confini della nostra provincia.
La storia dei raduni successivi è anche la storia del continuo crescere del
Bosco, con la posa di nuove stele, e la realizzazione di opere imponenti (basti
pensare al piazzale), ma purtroppo è anche segnata dalla dolorosa perdita, uno
ad uno degli Alpini che più hanno dato per questo Tempio.
Per motivi di brevità elencherò soltanto le tappe fondamentali.
Nel 1975 viene collocato un cippo dedicato agli Alpini scomparsi in mare, e un
cannone di montagna 75/13 della prima guerra mondiale. Purtroppo il 1975 è
l’anno della dipartita del sindaco De Rosso, persona generosa, che ha avuto il
merito di credere fin dall’inizio nell’idea del Memoriale, e la felice
intuizione di volerlo a Cison.
Il 1976 è l’anno del terremoto in Friuli, che ha causato tanti lutti in terre
a noi vicine, con i nostri Alpini in prima linea a dare il loro contributo per
cercare di alleviare le sofferenze, e a pagare un altro tributo di giovani vite
a causa del crollo della caserma “Goi” di Gemona.
Il 1977 segna lo spostamento del raduno a settembre, per permettere a un numero
maggiore di persone di poter partecipare all’adunata, ed è l’ultimo in cui
il rito viene celebrato da don Giuseppe Tonon, cappellano del Bosco che come
dicono gli Alpini “va avanti”.
Nel 1978 il prof. Altarui pensa e istituisce l’ASPEM, un sodalizio di cuori,
che associa i congiunti dei Caduti Alpini, che intendono contribuire ad onorare
la memoria delle Penne Mozze.
Nel 1979 avviene l’inaugurazione del “piazzale degli Alpini”, un ampio
slargo innanzi al Bosco, che ne rende agevole l’arrivo, divenuto
indispensabile visto l’ormai straripante adesione di folla e di personalità
che segna ogni raduno. Sempre nello stesso anno, viene scoperto un cippo dono
dell’ASPEM con un’urna in cui è custodita della terra raccolta in Russia in
un cimitero Italiano dall’Unione Italiana Reduci Russia.
Nel 1980 oltre ad altre 130 stele, vengono posti 6 cippi monumentali, a memoria
delle divisioni alpine mobilitate nell’ultimo conflitto, donate dall’ASPEM.
Il decimo raduno del 1981 è caratterizzato da 2 eventi eccezionali: la
benedizione di un monumento dedicato a Maria, una statua in bronzo dello
scultore Marcello Cagnato, “per ricordare il dolore delle madri”: si tratta
di una Madonna con in mano delle penne mozze;, le spese di fusione vengono
sostenute dai coniugi Altarui in occasione delle loro nozze d’argento. Viene
inaugurato anche un monumento con i resti della statua dell’alpino distrutta a
Brunico, oltre al cippo dedicato a Cesare Battisti. Nello stesso anno viene
rinnovato e rivisto il comitato con Presidente Altarui e come coauditori
Salvadoretti e Dal Moro.
Nel 1982 vengono intitolati i sentieri alle 14 medaglie d’oro trevigiane.
Il 1983 è segnato dalla dolorosa perdita di Giulio Salvadoretti, alpino fiero e
gioviale, oltre che generoso sostenitore (basti pensare alla pensione di guerra
che versava nelle casse del Tempio). Nel suo testamento spirituale chiede una
goccia per la realizzazione del tempio, ed è bello ricordarlo con le parole del
prof. Altarui: “Giulio Salvadoretti rappresenta la bandiera più alta che
sventola nel Bosco”.
Negli anni successivi il Memoriale si arricchirà di numerose stele, oltre che
ad altri cippi come quello dedicato ai caduti nei lager.
Il 1987 è l’anno della tragica alluvione che reca danni ingenti al bosco (il
piazzale è praticamente distrutto), ma fortunatamente l’intelligente opera di
rimboschimento ne limita i danni, tanto che all’interno del Memoriale non si
è mossa neppure una zolla di terra. Qui emerge nuovamente lo spirito degli
Alpini, che si rimboccano le maniche, e con il sudore rimediano alla violenza
della natura, tanto che al raduno del 1988 si riesce ad arrivare in un contesto
accogliente e riordinato.
Purtroppo altri luttuosi avvenimenti sono alle porte, il 27/08/1989 il prof.
Altarui deve cedere ad un subdolo male, che lo porta via, lasciando in tutti un
vuoto incolmabile. Proprio nell’anno che il bosco con la visita del Presidente
Nazionale dell’A.N.A. dr. Caprioli raggiunge la sua consacrazione definitiva.
Ogni aggettivo per definire questo alpino che ha dedicato gran parte della sua
vita alla memoria dei fratelli alpini caduti, non solo con il Bosco, ma anche
con una minuziosa ricerca storica, sarebbe riduttivo. Non è stato soltanto
l’ideatore e fondatore del Bosco, ha anche scritto libri ed è stato padre e
direttore di 5 periodici. Forse le sue parole rendono al meglio cosa fosse per
lui il Bosco di Cison: “Non ho avuto figli, e ritengo miei figli tutti gli
Alpini caduti…”.
Il testimone lasciato dal prof. Altarui viene preso da Marino Dal Moro,che
diventa presidente del Comitato del Bosco delle Penne Mozze, continuandone anche
il lavoro di ricerca e di studio.
Negli anni successivi, poiché il Bosco è praticamente completato, gli alpini
si dedicano alla manutenzione con l’acquisto delle attrezzature indispensabili
per poterla fare al meglio.
Nel 1993 si decide di rafforzare la palizzata e di lastricare con pietre il
terreno adiacente al monumento. Si tratta dell’ultima opera di Marino dal
Moro, che improvvisamente, il 31/07/1993 lascia i suoi alpini e tutti noi orfani
di un fratello. Quando si parla di Marino, la ferita per la sua dipartita è
ancora viva non soltanto negli Alpini, ma anche in tutti i Cisonesi. Quel suo
modo di fare garbato e gentile, quel senso dell’amicizia, che senza
distinzioni lo legava a tutti è ancora nel cuore di chi come me lo ha
conosciuto. Sicuramente è stato il cuore pulsante oltre al braccio operativo,
di quel Bosco di cui ha portato il peso fin oltre al limite delle sue forze. Ci
piace ricordarlo con quel sorriso che sempre aveva, e con l’amore dei suoi
Alpini, che hanno capito che il modo migliore per ricordarlo era quello di
mantenere e se possibile migliorare il Bosco, per tramandarlo ai posteri.
È doveroso a questo punto aprire una parentesi sul glorioso Corpo degli Alpini,
che fin dalla sua fondazione, è sempre stato impegnato dove c’era bisogno di
difendere la patria, nei fronti più svariati, dall’Africa alla Russia,
pagando un tributo di vite umane altissimo. Ora in tempo di pace, i compiti sono
cambiati, ma la generosità degli Alpini è sempre la stessa, sempre in prima
linea quando gli eventi lo richiedono, a portare conforto a chi è colpito da
alluvioni o terremoti, per questo ci auguriamo che questo patrimonio che
appartiene a tutta la Nazione non venga disperso.
Oggi il Bosco di Cison, conta ben 2351 stele, ed è giusto ringraziare tutti
coloro che hanno contribuito, anche stando nell’anonimato alla realizzazione
di questo tempio.
Un plauso particolare và al Gruppo Alpini di Cison, da sempre instancabili non
solo nella cura del “loro Bosco”, ma in moltissime altre iniziative che
nobilitano il nostro Paese, e questo plauso mi piace farlo con le parole di
Giulio Salvadoretti “Voi siete gli artefici veri e conservatori del Bosco
delle Penne Mozze, tanto più benemeriti perché modesti ed anonimi”.
Penso, che a conclusione di questo racconto, che non è altro che la
ricostruzione di 30 anni di storia del nostro piccolo Paese, e di tante persone,
che con il loro lavoro ci hanno consegnato il meraviglioso Bosco delle Penne
Mozze, patrimonio di tutta la Nazione, sia doveroso da parte di tutti noi
ringraziare soprattutto Mario, Marcello, Giulio e Marino, il merito è loro e
dei loro Alpini se tante Madri hanno un posto dove poter portare un fiore a
ricordo di una giovane vita spezzata. Il Bosco delle Penne Mozze di Cison ...
per non dimenticare.
Al termine della cerimonia è stata proiettata la cassetta del “Bosco” a
ricordo per chi conosce l’opera e a conoscenza per quanti l’hanno scoperta
in quest’occasione.
Gabriella Dal Moro