GIUSEPPE PRISCO, GRANDE ALPINO, GRANDE UOMO |
Giugno 2002 |
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Ebbi il piacere e l'onore di
incontrare alcune volte l’avvocato GIUSEPPE PRISCO, l’Alpino per
antonomasia, medaglia d’argento al V.M., Reduce di Russia, l’amico sincero,
cordialmente e simpaticamente arguto, scambiando con Lui opinioni su diversi
argomenti. Renato Brunello |
In quell’ormai lontano 18 settembre 1993,
sulle rive del Don, come a Cima Pisello, a un centinaio di chilometri da
Nikolajewka, Giuseppe Prisco si aggirava solitario, il vecchio cappello con la
penna nera ben calcato in testa, e uno sguardo come sperduto, più che nello
spazio, nel tempo.
Rivedeva probabilmente i suoi vent’anni di ufficiale del 9° Alpini del
battaglione L'Aquila della Julia; rivedeva i giorni tragici della ritirata;
rivedeva la salvezza, il ritorno in patria.
Quel giorno di vigilia dell’inaugurazione dell’asilo nido-scuola materna che
l’Ana aveva progettato, finanziato, costruito con le braccia dei suoi
volontari, e quindi donato alla città di Rossosch nel cinquantesimo della
battaglia di Nikolajewka, appunto, Prisco era là, insieme ad alcune migliaia di
penne nere, insieme a qualche decina di reduci della campagna di Russia, con la
sua medaglia d’argento appuntata sulla giacca, e un mare di ricordi nel cuore.
Nel viaggio di ritorno, sull’aereo che da Mosca ci avrebbe riportato a
Bergamo, si scherzava sull'Inter, sul calcio, sul suo essere tifoso sfegatato
della squadra nero-azzurra. E a noi che gli chiedemmo se fosse più forte il suo
amore per gli alpini o quello per l’Inter, si fece serio e senza tentennamenti
disse che quello per gli alpini era il primo e il grande amore («l'amor
sacro») della sua vita: quello per i nerazzurri veniva dopo (era «l’amor
profano»). La stessa risposta che proprio alla vigilia del suo ottantesimo
compleanno (il 9 dicembre scorso) ha dato a Riccardo Signori in un’intervista
per “il Giornale”. Ed è stato quello di Giuseppe (“Peppino”) Prisco per
le penne nere un amore testimoniato in tantissime occasioni. Perché, lui,
l’avvocato di grido, il dirigente sportivo notissimo al grande pubblico (anche
per via delle caricature fattene in tv nei pomeriggi calcistici domenicali)
sentiva di doversi spendere per l’Associazione nazionale alpini, della quale
era uno dei personaggi più rappresentativi.
Fra i suoi interventi recenti, va ricordata la commemorazione di Giulio Bedeschi
(il celebre autore di “Centomila gavette di
ghiaccio”) tenuta nel decennale della morte a Milano, e la presenza, la
prima domenica del settembre scorso a Cison di Valmarino (Treviso) nel “Bosco
delle Penne Mozze” a ricordare i caduti, gli alpini «che sono andati
avanti».
Si spendeva per gli alpini in tempo di pace, insomma, come il suo dovere e il
valore militare aveva dimostrato in tempo di guerra: «l’amor sacro» per le
penne nere, dunque, l’ha testimoniato sino alla fine dei suoi giorni.