TUTTI VIVI ALL'ASSALTO |
Giugno 2003 |
Il Tempio di Cargnacco durante la celebrazione della Messa |
|
In occasione dell’assemblea ordinaria dei
delegati della Sezione di Conegliano, mi è gradito salutare e ringraziare per
le occasioni che mi sono state date dai Presidenti di Sezione e dagli amici
Consiglieri in 5 anni di partecipazione all’attività del consiglio
sezionale. Sono stati 5 anni importanti, segnati da avvenimenti, da incontri e
da confronti talvolta pregnanti e talvolta anche felici che hanno avuto il
pregio di farmi meditare sui significati e sui contenuti e di giungere alla
conclusione che la vita merita di essere vissuta, specialmente all’interno
di una associazione come la nostra.
Devo confessare che talvolta la mia fede nelle virtù alpine, è stata messa
alla prova, ma ne è uscita rinforzata anche per merito degli incontri che ho
avuto con molte persone chiamate a rappresentare e a indicare i valori
dell’alpinità all’interno dei nostri gruppi, delle nostra sezione, ma
anche dall’esterno.
Recentemente ho incontrato il Gen. Alberto Primicerj attuale comandante della
Brigata Alpina Julia a Cargnacco, in occasione della commemorazione della
battaglia di Nikolajewka e sono rimasto impressionato dai contenuti razionali,
consapevoli e di spessore che il Generale ha presentato nel suo intervento:
certamente inediti nei modi e molto apprezzati dai presenti.
Desidero proporvi alcuni passi:
“Frantumate e travolte dall’impeto delle unità corazzate sovietiche,
le Divisioni italiane furono costrette a ripiegareper evitare l’annientamento.
Nikolajewka fu per le truppe italiane l’ultima battaglia della tragica
campagna di Russia. Il soldato italiano in Russia combatté con grande valore
ed altissimo spirito umanitario; valore riconosciuto da alleati ed avversari;
spirito umanitario attestato dalle popolazioni e dimostrato soprattutto nelle
fasi tragiche della ritirata.
Il tributo di sangue delle unità italiane sul fronte russo fu ingentissimo:
cinque Divisioni fanteria , una Brigata di camicie nere, due Brigate alpine,
Julia e Cuneense, furono completamente distrutte.
La Tridentina uscita quasi indenne dal ripiegamento si sacrificò a
Nikolajewka. Oggi in questo sacrario (Cargnacco), che raccoglie le spoglie dei
Caduti del C.S.I.R. e dell’A.R.M.I.R., rendiamo onore a chi si è immolato
in nome del dovere, per tenere fede al giuramento prestato e per amore del
proprio Paese.
Ci inchiniamo commossi davanti alle migliaia di soldati italiani che ancora
riposano in tombe senza nome in terra di Russia..
Il sacrificio di tanti giovani generosi è per noi, che serviamo il Paese in
armi, perpetuo monito di ammaestramento. Rinnoviamo il nostro impegno a
mantenere viva la loro memoria ed a ispirarci agli ideali che li animarono
fino all’estremo sacrificio.”
L’intervento del Gen. Primicerj applaudito e apprezzato da tutti i presenti
nell’affollatissimo Tempio di Cargnacco, si è concluso con il ricordo di
don Carlo Caneva che ha dedicato tutta la sua vita in guerra,nei campi di prigionia e successivamente nell’opera di edificazione
del sacrario , al servizio dei soldati italiani travolti nella tragedia della
guerra.
L’Amministrazione Comunale di Pozzuolo del Friuli, ha intitolato la piazza
antistante il Tempio di Cargnacco a don Carlo Caneva.
Dopo gli interventi di altre personalità in rappresentanza della Regione
F.V.G. e della Provincia di Udine, don Corrado Tombolan, Cappellano della
Julia ha pronunciato l’omelia.
Parole con significati profondi e attuali che hanno inciso l’animo degli
ormai pochi Reduci presenti ma anche dei molti Alpini e famigliari che
riempivano il Tempio; parole pronunciate da un uomo, sacerdote e alpino che
hanno strappato gli applausi dei presenti nel Tempio. Parole che ci devono indurre alla riflessione e alla realizzazione pratica dello
spirito alpino..
Vi riporto il contenuto dell’omelia con la speranza che il seme cada nella
terra fertile e che possa dare buoni frutti:
“Venendo qui, mi è venuto da pensare come il sacrificio, la
determinazione, la solidarietà, il coraggio, l’eroismo possano trasformare
una tragica ritirata in una fulgida pagina di storia”.
"E’ quanto è accaduto 60 anni fa
in Russia, quando gli alpini con in testa la divisione Tridentina e il
generale Reverberi, uniti come un sol uomo, seppero superare le armate russe e
rompere l’accerchiamento raggiungendo con Nikolajewka la libertà e la
gloria. Ricordare non è solo fare memoria di un fatto, ma anche un impegno ad
assumere quelle responsabilità, a far si che quell’esempio non cada
nell’oblio.
Il sentimento di Patria non viene all’improvviso, non è come il
raffreddore, non si acquista con un posto di lavoro, non e un optional: è
coscienza di ciò che siamo stati e speranza di ciò che saremo..
Scaturisce dal senso di appartenenza a una piccola patria, la nostra terra, la
nostra valle, i campi, la famiglia, le nostre tradizioni, i canti, il profumo
del bosco e l’incanto della pianura, i tuoni d’un temporale, il gorgoglio
d’un torrente che confluisce nella grande Patria.
E’ più che mai urgente e doveroso educare al senso di Patria fin dal
momento in cui un bambino è in grado di intendere e volere per evitare quello
scempio e indifferenza che notiamo da parte di alcuni giovani di fronte al
Tricolore, alla nostra Bandiera, all’Inno Nazionale (che va cantato!), ai
nostri reduci e caduti che hanno dato la vita, nell’assolvimento del loro
dovere, per l’Italia di oggi.
E questo, non perché siamo militaristi o guerrafondai. Chi più di un
militare ama la pace! Beati gli operatori di pace: ecco chi sono i militari di
ieri e di oggi! Ed è quanto voi alpini fate, perché quella solidarietà che
sublima ogni azione la continuate nella vita di ogni giorno, attraverso il
vostro aiuto a chi a bisogno.
E quindi il ricordo di quanti dal fronte del Don non sono tornati e quella
battaglia che segnò il momento più tragico d’una guerra terribile, guerra
non capita, non voluta, ma che gli alpini combatterono per senso del dovere.
Sono i reduci che dovrebbero parlare non solo nelle commemorazioni ma anche
nelle sezioni, nei gruppi, perché solo loro ne hanno veramente titolo.
La campagna di Russia, i primi 60 mila uomini inviati - si credeva - per poche
settimane, e poi altri e altri ancora fino a diventare duecentomila.
Poi ci fu Nikolajewka, un’epopea drammatica trasformata in eroismo e in una
vittoria della dignità dell’uomo anche nei momenti peggiori: e stato un
grande momento di umanità. E questa battaglia aprì la strada a molti per
venire a casa, a tanti altri quella prigionia dove andarono ancora a soffrire.
Dei 52 mila alpini componenti il Corpo d’Armata alpino comandato dal
generale Italo Gariboldi, è bene che si sappia che 33 mila furono i Caduti e
i dispersi, altri diecimila furono i feriti e per i rimanenti diecimila che
rientrarono in Italia non si sa come andò a finire.
Oggi ci commuoviamo per tre,
quattro, cinque giovani che restano vittime degli incidenti del sabato sera.
Nessuno ha ordinato a loro di::
- rientrare tardi,
- prendere sostanze che alterano la loro condizione psico-fisica, mettendo in
pericolo mortale la loro e l’altrui vita.
Pensiamo ai 33 mila che non sono più tornati nelle loro case! E’ per questo
che noi siamo qui: per trarre insegnamento, per non commettere più questi
errori.
E’ fondamentale tenere viva e salda la memoria. Viva e salda perché senza
memoria non c’è futuro!
Coloro che erano andati a fare il loro dovere perché così era previsto
allora come oggi è previsto che si devono pagare le tasse (allora era
previsto che si dovesse andare a fare la guerra). Ci si accorse poi che non
solo erano considerati poco, ma erano considerati quasi come nemici. Di qui la
continua rivendicazione del dovere compiuto che ha sempre fatto parte dello
spirito e della missione.
Così ecco tante iniziative per onorare i reduci e commemorare i Caduti. Con
la santa Messa, che è un momento essenziale delle nostre cerimonie, con la
deposizione di una corona per onorare chi ha fatto il proprio dovere
sacrificando la vita, con l’alzabandiera, nel rispetto delle autorità, del
senso del dovere...
Questo bisogna far capire ai ragazzi: che ci sono anche doveri oltre ai
diritti, e bisogna educarli con questi sentimenti. E’ con questi sentimenti
che gli alpini sono andati neI fango ad aiutare la gente a bonificare
torrenti, a ripristinare sentieri, ad intervenire nelle emergenze, ad aiutare
la gente in mille e mille paesi in cui viviamo.
Ma gli alpini ci sono ancora! E’ qui la nostra forza! E perché ci sono
ancora? Perché abbiamo dei pilastri: Dio, la famiglia, la Bandiera, la
Patria, il senso del dovere. Viva l’Italia, viva gli alpini!
E’ terminata così tra gli applausi
l’omelia di don Corrado Tombolan.
E’ con queste considerazioni che
desidero rivolgere un pensiero e un augurio ai giovani Alpini chiamati
dall’incalzare degli eventi e dal rispetto internazionale, a dimostrare sui
fronti caldi sparsi in tutto il mondo, l’onore della nostra Bandiera e i
valori delle Penne Nere con un caloroso “In bocca al lupo! Siamo con Voi!”
Un particolare augurio di buon lavoro al Presidente, ai nuovi e ai veci
Consiglieri della Sezione di Conegliano.
Enzo Faidutti