ISOLA DEI MORTI E DELLA PACE |
Dicembre 2004 |
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Signor presidente, autorità tutte, concittadini, giovani studenti prendo la parola con il cuore pieno di trepidazione.
Ottantasei anni fa da queste sponde tra le grida, gli scoppi, l’incitamento dei comandanti prendeva sempre più
nitido contorno il volto della vittoria.
Di lì a pochissimi giorni Trento e Trieste sarebbero state italiane, il primo conflitto mondiale sarebbe terminato,
non si sarebbe più parlato di terre invase ma liberate.
Tutti avevano in mente una sola canzone... “oh Italia oh Italia del mio cuore tu ci vieni a liberar”.
Di là il Montello, Nervesa, distrutta nella battaglia del Solstizio, davanti il nostro sguardo il Monte Grappa, là al
nostro fianco le Prealpi Trevigiane e le colline della Marca coltivate con fatica e perizia come giardini, la piana del
Quartier del Piave prospera grazie all’intelligenza, alla fatica e al lavoro dell’uomo. Bianca in mezzo la chiesetta
dedicata ai Ragazzi del 99 giunti da tutta Italia per dare vita alla leggenda del Piave.
Erano i protagonisti di quel “la tradotta che parte da Torino a Milano non si ferma più ma la va diretta al Piave,
cimitero della gioventù”.
Nella maggior parte di loro c’era coraggio, coesione, volontà, idealità, senso del dovere e di patria nazionale.
Per ricordarli qui non ci sono sacrari, c’è quella piramide, il cippo, isola di grava tra le grave formate dai
ciottoli della Piave che solca la terra veneta come un’arteria a cielo aperto in cui scorrono storie e leggende, aspirazioni,
fatiche, timori.
Signor presidente la indico con orgoglio, ha resistito all’oblio, alle mode, alle appropriazioni indebite a
servizio di qualche ideologia, all’incuria.
Da ottantasei anni se ne sta qua, con le sue radici affondate a metà nella storia d’Italia e per l’altra metà nelle
storie di famiglia, nei diari e nelle lettere della gente del Quartier del Piave sloggiata dalle proprie case, profuga e
mendicante nella pianura invasa o, per i più fortunati, in qualche provincia del resto d’Italia.
Centinaia i morti per fame, i mutilati, gli orfani di guerra, immani le distruzioni materiali, cui si accompagnò
per anni la miseria più nera.
Moriago, Sernaglia, Falzè, Pieve di Soligo, Farra, Follina Valdobbiadene, Vidor, Refrontolo, Collalto, Pederobba,
Nervesa, erano cumuli di macerie, ancor oggi nella campagna si riconoscono i crateri delle esplosioni.
Oggi, Signor Presidente Ciampi, Lei rende grande merito ed onore a quella gente ed io, facendomi interprete e
portavoce dei sentimenti del Quartier del Piave e del Montello, La ringrazio di questa visita e con tutta la comunità di
Moriago, unitamente al sindaco di Nervesa e ai suoi concittadini, mi stringo ai gonfaloni manifestandoLe gratitudine
per questa riconoscenza che Lei, interprete del sentimento nazionale, oggi, con la concessione della medaglia
d’oro al valor civile, ci esprime.
86 anni sono trascorsi, mi volgo intorno... Qui non ci sono cattedrali, ci siamo noi, gli studenti, le associazioni, i
rappresentanti dello stato e delle autonomie locali, i reduci del secondo risorgimento, i protagonisti del mondo
economico e produttivo, le organizzazioni sindacali, la società civile. C’è questa pineta che diffonde armonia, pace e serenità.
Nella bruma autunnale sento il calore che diffondono sentimenti antinomici alla guerra quali concordia, lealtà,
fede, equità, giustizia, solidarietà, sento in me il desiderio di anelare al bene supremo che trascende lo scontro
di fazione e d’interesse, riconducendoci all’unica identità collettiva che conosco e che ci consentirà di far
parte di un tutto quale è la nuova Europa.
Sento vicino il patrimonio ideale di quei ragazzi e l’orgoglio di tutti quelli che, in patria o seminati per il mondo si
sono definiti “Razza Piave” ... sento ancora le parole di quella canzone … “oh Italia oh Italia del mio cuore tu ci
vieni a liberar”. Viva l’Italia. Viva la Repubblica.