NEL SEGNO DELLA CADORE |
Ottobre 2004 |
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Aderire all’invito dei promotori del II raduno della Brigata Cadore era doveroso. Si è creata una buona opportunità per
rinverdire fantasie, sogni, emozioni giovanili. Quali “orfani”, abbiamo voluto inoltre stringerci affettuosamente e
solidalmente attorno a quanti come noi hanno subito preso atto e a malavoglia accettato l’assurda cancellazione della
nostra Brigata.
La scala mobile che dal parcheggio di Lambioi ci fa salire a fianco
del Duomo ci deposita davanti al rinascimentale Palazzo dei Rettori, attuale sede della Prefettura. Da ora cominciamo a
respirare aria di raduno, varchiamo Porta Dante e andiamo ad ingrossare la fiumana di penne nere che si avvia a dar vita
alla sfilata. L’ammassamento presso lo stadio ricrea quel clima di festa che precede tutte le adunate, un vociare
allegro con sottofondo sonoro di fanfare in fase di preriscaldamento. Ci si muove a singhiozzo consentendo così ai primi
reparti di prendere i ritmi e le distanze prestabilite. Una sbirciata verso nord fa intravedere il Col di Roanza, il
ricordo scivola alle passeggiate quadrupedi che immancabilmente costringevano i conducenti dei muli più “vivaci” a
provvedere al recupero degli stessi dalle parti di Orzes.
Il rettilineo che conduce al ponte sull’Ardo ci fa ricordare invece
le soste in attesa di anime buone per un autostop verso casa. A dire il vero la divisa e il copricapo che portavamo
davano sufficiente garanzia ai proprietari delle auto per indurli a prenderci a bordo (anche se questo portava a
trasgredire al nostro regolamento).
All’altezza del Teatro Comunale ti accoglie “the voice” Stefani.
Nicola si esprime in decibel: idealmente ti prende per mano e ti fa
attraversare tutta Piazza dei Martiri fino alla curva per la stazione dove ti consegna a due ali di folla delirante che
applaude con commossa partecipazione.
Prima di congedarci da Belluno diamo un’occhiata a Via Col di Lana,
una strada scarpinata centinaia di volte 9 lustri fa; percorrerla interpretando l’adagio o l’andante con brio dipendeva
da quanto tempo mancava alla ritirata.
Al ritorno, imboccando la ValBelluna e uscendo dal Presidio (senza
incorrere ora in sanzioni disciplinari), viene naturale ammiccare alla Gusela del Vescovà, trentotto metri di dolomia
che da sempre apostrofa l’incolpevole città di Belluno.
Renato Gumier
Sfilano i muli, simbolo degli Alpini