TRIESTE CINQUANT'ANNI FA |
Dicembre 2004 |
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Incontro e saluto cordialmente il Cavaliere
della Repubblica Giuseppe Antoniazzi, parà-alpino, iscritto al Gruppo A.N.A. di S. Lucia dalla sua
fondazione (1958), già a capo del Nucleo Paracadutisti locale dal 1986 e successivamente fautore
principale e Presidente dal 1990 al 2000 della Sezione Paracadutisti di Santa Lucia di Piave.
Giuseppe Antoniazzi fu tra quegli alpini presenti, nella Trieste appena tornata all’Italia, che
cinquant’anni fa commemorarono la ricorrenza del 4 novembre con una grandiosa parata, assieme agli
altri corpi dell’Esercito Italiano.
Egli, ora settantaduenne, ricorda nitidamente
quei giorni e quell’atmosfera che regnava nella città giuliana.
Caporale, tiratore scelto del 1° Plotone Alpini
Paracadutisti della Brigata Julia, Giuseppe giunse a Trieste nella mattinata del 1° novembre 1954.
Porgo a lui qualche domanda:
- Quali sono state le prime impressioni quando arrivasti in quei giorni a Trieste?
I triestini erano orgogliosi che la loro città fosse tornata all’Italia. Quando in libera uscita
passeggiavo per le strade cittadine, ci aspettavano sull’uscio di casa per salutarci ed invitarci ad
entrare. Desideravano passare un po’ di tempo con noi in allegria. Tiravano fuori tutto ciò che
avevano, da bere, da mangiare, tanto da commuoverci.
- Come si presentava la situazione?
Apparentemente era tutto abbastanza tranquillo. Di tanto in tanto si sentiva al nostro passaggio,
quando magari percorrevamo le vie interne della città, le grida dei così detti ribelli. Ricordo
solo un episodio di una certa rilevanza. Al nostro passaggio un individuo ci apostrofò in maniera
gravemente offensiva. Il nostro comandante il fiero Tenente Sergio Varese di Genova reagì lasciando
temporaneamente il comando al Sergente Maggiore Venturini e andando a riprendere quel soggetto che
poi passò davvero qualche brutto minuto.
- Com’era il vostro stato d’animo?
Noi del 1° scaglione 1932 non sapevamo se ci saremmo congedati regolarmente a dicembre. L’anno
precedente, a seguito di alcuni disordini successi proprio a Trieste, qualche scaglione del 1931 era
rimasto in servizio per ulteriori tre mesi. Del resto lo stesso esercito americano, in quei giorni
di novembre se ne stava andando lasciando il posto al nostro. Poi tornò la calma e noi terminammo la
naia nei giorni previsti.
- Quale personaggio ti ha colpito di più in quel frangente?
Ricordo con particolare emozione la figura dell’allora Maggiore Franco Magnani (che poi diventerà
generale di brigata della Taurinense prima di morire prematuramente in un incidente) medaglia d’oro
vivente, eroe della Campagna di Russia, che in quei momenti a Trieste comandava i reparti dell’8°
Reggimento Alpini. La sua barba bianca carismatica, il suo vigore e la sua fierezza tipicamente
alpina che neppure quelle vicende così drammatiche avevano scalfito, era per noi un grande esempio
oltre che un comandante da ubbidire fiduciosamente.
- Cosa rimase in te di Trieste al ritorno in caserma a Udine?
Terminata la cerimonia del 4 novembre partimmo quasi a malincuore per Udine ove il nostro plotone
era di stanza alla caserma Zavattaro. A Trieste lasciammo un po’ del nostro cuore, per la bellezza
della città e per l’entusiasmo e la commozione dei triestini per il Tricolore, per le nostre divise,
il nostro cappello.
Sono tornato in più
occasioni a Trieste in questi cinquant’anni, ho assaporato ogni volta quelle stesse identiche
sensazioni.
Renzo Sossai