MOSTRA DELL'U.N.I.R.R. |
Luglio 2005 |
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Inaugurata giovedì 2 giugno
in occasione delle celebrazioni della festa della Repubblica, la mostra dell’unione Nazionale Italiana Reduci di Russia
presso il chiostro dell’ex convento San Francesco a Conegliano, è una delle iniziative promosse dalla Sezione per
l’ottantesimo di fondazione.
La mostra raccoglie in oltre 100 pannelli la drammatica epopea dei 60 mila soldati italiani mandati in Russia a fianco
delle truppe tedesche e incappati in una delle più rovinose campagne militari della storia d’Italia.
Lungo i corridoi del chiostro si è potuto ripercorrere la storia di questa tragica spedizione militare, dall’euforia
della partenza alla drammatica ritirata.
“Uno dei compiti dell’associazione alpini è la memoria - ha spiegato alla stampa il presidente
Antonio Daminato nel corso della presentazione dell’iniziativa - e questa mostra ricorda soprattutto
chi, e sono stati in tanti, ha lasciato la vita in quella campagna militare. La storia del corpo italiano di spedizione
in Russia è carica dell’eroismo di tanti soldati e di tanti alpini che hanno avuto l’onore dell’avversario e la
solidarietà delle popolazioni locali”.
Tra i primi a visitare la mostra gli studenti delle classi quinte dell’Ipsia “Pitoni” di Conegliano che con la
professoressa Luisa De Stefani avevano appena concluso l’argomento storico della ritirata di Russia.
Gli studenti hanno molto apprezzato la mostra ...ed anche il successivo buffet in sede.
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Capita, a volte di avere la sensazione di vivere un momento magico, unico ed irripetibile, spesso si associa questa sensazione ad esperienze di vita o ad incontri con Persone che lasciano il segno. Gente “normale” in grado di arricchire, con i propri racconti di vita vissuta, tutti coloro che sono in ascolto, rapiti ed incantati, per esempio, dalla semplicità e dalla umiltà di termini usati per descrivere situazioni complesse, momenti estremamente difficili, la nostra Storia.
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Non sappiamo quando ...questo momento “magico” si concretizzerà,
perché non lo aspettiamo, fino a quando non ci siamo dentro, fino a quando non lo stiamo vivendo.
A me è successo una sera.
Imbrunire, serata fresca e serena.
Cena. Pochi intimi in un
ambiente accogliente, di quelli che invitano ad una spontanea conversazione al giusto volume. In sottofondo una colonna sonora musicale
“dolce e storica” scelta con maestria. Sul tavolo portate semplici, ma curate e ben preparate, come nella nostra
tradizione veneta, accompagnate da una selezione di vini da gran prix.
E lui in fianco a me: Carletto Vicentini, Presidente Nazionale dell’U.N.l.R.R. (Unione Nazionale Italiana Reduci di
Russia), 88 anni anagrafici, non più di 65 biologici! Reduce di Russia, in qualità di sottotenente proveniente dalla S.M.Alp., assegnato nel 1941 al glorioso Battaglione Monte Cervino. Oltre 200 partenti. Solo 6 quelli tornati, tra i
quali lui, con, alle spalle,
anche 4 anni di prigionia nei Gulag e lavoro nei Kolkoz. Rientro nel 1946 in Italia, tra i fortunati.
Non parliamo di guerra.
Almeno, non più di tanto. Quella, purtroppo c’è stata e le ferite le conosciamo ormai bene, attraverso le numerose
testimonianze di chi l’ha vissuta, è tornato e l’ha raccontata.
Parliamo, invece, di un ragazzo di 23 anni, dei 40 uomini del suo plotone, più giovani di lui. Dell’assurdo sacrificio
di 10 uomini per ogni sopravvissuto rientrato in Italia, nella conta totale dei morti. Dell’impossibilità di difendersi,
data la conformazione del terreno. Di stenti, di miseria. Di prigionia, dove gli uomini scoprono il loro cinismo più
incredibile, perdendo ogni pietà per i morti. Ringraziando unicamente se stessi, perché l’ultimo cadavere sepolto non è
il proprio, ma quello di un conoscente, un amico.
Flash: fosse comuni. Tre squadre al lavoro per scavarle e sgelare con il fuoco, il terreno troppo duro. Cadaveri nudi: i
vestiti servono per giaciglio per i vivi che
dormono sulla nuda terra nelle baracche. Cadaveri da seppellire trovati senza le natiche: qualcuno commette il più
orrendo dei crimini, alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Fame. Tanta. Arrivare ad uccidere o pestare qualcuno per un pezzo di pane. Italiani contro Romeni. Giapponesi contro
Ungheresi. Tutti contro tutti. Tutti poveri.
Ed a peggiorare le cose gli interrogatori. La propaganda contro la propria Patria. Fatta anche da chi, Italiano, era
sull’altro “fronte” anche a guerra finita. Ma non c’è rancore. Non c’è rabbia nelle parole di Lui. C’è quasi una pietà
cristiana e comprensione anche per chi avrebbe potuto, ma non fece niente per aiutare...
Poi il ritorno. Tre mesi per rientrare dal campo di prigionia a casa. Tre mesi tra Mosca, Odessa, sul Mar Nero (dove i Russi lasciano
gli Italiani almeno un mese affinché riacquistino un aspetto dignitoso prima di rientrare e dove, subdolamente, si
aspettano i risultati del referendum in Italia: Repubblica
o Monarchia?). Poi Vienna, Arnoldstein, Tarvisio, l’Italia. A Udine la gente acclama ed accorre in stazione per
salutarli. Così a Padova, con gli studenti universitari a portare in trionfo questi poveri uomini. Poi Vicenza, Verona.
Qui ognuno per la propria strada.
A ripartire, per una vita quasi spezzata, sicuramente segnata, negli anni migliori. Per non dimenticare ed onorare chi
non c’è più.
Il momento magico volge al termine. È durato 4
ore abbondanti, evocando, suscitando, commuovendo, facendo provare in chi ascolta tutte le sensazioni immaginabili.
Grazie Carletto, grazie Alpini.
Francesco Tuan