IL 7º RIENTRA DALL'AFGHANISTAN |
Maggio 2007 |
da www.ana.it
È un pomeriggio quasi primaverile, venerdì 16 marzo, a Belluno. La città sembra coinvolta in una delle tante feste
scarpone per un afflusso insolito di penne nere in Piazza dei Martiri, divenuta luogo simbolo dell’alpinità.
Le autorità ci sono tutte: il comandante delle
Truppe Alpine gen. C.A. Armando Novelli, della brigata Julia gen. Claudio Mora, sindaco con parecchi colleghi,
prefetto, vescovo. Cerimoniale essenziale con breve sfilata dei reparti in armi, fanfara della Julia in testa. A
seguire vessilli, gagliardetti, gonfaloni delle città dei sindaci presenti, labari di associazioni
combattentistiche, il Labaro A.N.A. scortato dal vice presidente nazionale Martini, i consiglieri Munarini e
Favero, i revisori Cadore e Baiesi.
Volti soddisfatti in tribuna e tra il folto
pubblico, facce serie tra i militari schierati, circa quattrocento, del 7° Reggimento e parte del 2° genio. Sono
tornati, fortunatamente tutti in ottima forma, dopo cinque mesi in terra afgana e ognuno si porta un bagaglio di
esperienze, emozioni, tensioni che faranno parte, per sempre, della loro esistenza.
Il comandante del contingente, col. Antonio
Maggi, parla con ferma pacatezza di questa missione e pur riconoscendo la complessità e la delicatezza del
compito assegnato ai suoi ragazzi non riesce a dissimulare totalmente l’orgoglio di avere operato in un contesto
dove c’è bisogno di portare il seme della speranza a una popolazione che da quarant’anni sopporta il fardello
della guerra. Sappiamo tutti che i nostri soldati sono lì, in un contesto che vede impegnate forze di parecchi
Paesi, su mandato dell’ONU, per tentare di arginare, possibilmente eliminare la pressione talebana, contrastare
il terrorismo, portare aiuti allo scopo di convertire un’economia fortemente condizionata dalla coltura
dell’oppio.
Le regole delle tribù, le antiche tradizioni,
gli insegnamenti religiosi condizionati dall’integralismo hanno stratificato un sedimento culturale che non
consente la crescita di una società in grado di garantire sviluppo e sicurezza. La presenza dei nostri militari,
molto apprezzata dalla popolazione e dal governo afgano, costituisce un presupposto indispensabile per
consentire a quel Paese, povero e affascinante, di sperare di liberarsi dai Cavalieri dell’Apocalisse che lì
sembrano aver trovato fissa dimora.
È indubbio che in questo momento prevale la
logica delle armi, e che i nostri soldati devono essere oltre che preparati anche attrezzati adeguatamente per
svolgere i compiti loro assegnati, ma non possiamo sottovalutare lo sforzo che fanno per alleviare le sofferenze
degli Afgani. Il 7° Reggimento ha realizzato decine di pozzi per l’acqua, costruito un ponte, aperto ambulatori
e, con la città di Belluno, sta costruendo un ospedale. Sono segni apprezzati, e creano simpatia e fiducia in
una popolazione che ha un grande bisogno di guardare ad un futuro più sicuro e con meno discriminazioni.
Per questo diciamo grazie ai nostri Alpini e
siamo sempre con loro.
v.b.