STORIA DIMENTICATA |
Maggio 2007 |
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Nonostante la straordinaria ed imponente bibliografia esistente sulla tragica epopea degli alpini
in Russia, arricchita negli ultimi anni da molti altri testi inediti che si sono aggiunti ai classici di Bedeschi,
Rigoni Stern, Corradi, Revelli, Cenci ecc. ecc. non c’è traccia nei media nazionali del ricordo della battaglia di
Nikolajewka. Neppure nei monologhi e nelle varie rappresentazioni teatrali allestite sull’argomento non si parla di
questo che è stato l’evento bellico decisivo per permettere ai soldati italiani di uscire dalla sacca in cui erano
stati accerchiati. Non ricordare quella che fu una nitida vittoria di alcuni reparti che pur allo stremo delle forze e
pressoché disarmati riuscirono a compiere con la forza della disperazione un’impresa quantomeno leggendaria, significa
sminuire il sacrificio di chi rimase nella steppa gelata permettendo ad altri commilitoni di intraprendere il lungo e
difficoltoso ritorno a casa.
Significa, inoltre, confermare quel malvezzo italiano autolesionista, capace solo di inficiare ciò che dovrebbe far
parte con orgoglio del bagaglio morale d’ogni nostro connazionale. Del resto cosa si può pretendere in una nazione ove
il nostro Tricolore può essere vilipeso senza impunità, ove la divisa di un rappresentante dello Stato è
sistematicamente oltraggiata ed aggredita, ove la “giornata dell’olocausto” che solo da qualche anno si celebra, non
serve a cancellare quel sottile, malcelato antisemitismo e dove solo adesso dopo sessant’anni si parla chiaramente degli
infoibati giuliani e solo le testimonianze dei profughi italiani esiliati con violenza dall’Istria fanno tacere gli
ipocriti negazionisti.
Ci da speranza cogliere piacevolmente che ci sono ancora dei “buoni maestri” come quelli che a Solighetto insegnano fra
una materia e l’altra ai ragazzi della scuola primaria, l’Inno di Mameli, le odi sofferte di Primo Levi e di quei
soldati alpini e non che dimorano sepolti magari sotto qualche campo di grano in Russia.
C’è bisogno di questi esempi perché non si perda il ricordo della storia, perché le conquiste civili non siano dissolte
nell’oblio.
Renzo Sossai