IL RICHIAMO DEL COL DI LANA


Settembre 2008


Grande Partecipazione al rito sacro


Croce e filo spinato: emblemi di una tragedia


La Marmolada sembra suggerire il percorso


Il vescovo don Giuseppe Andrich familiarizza con i pievigini,
a questa quota può anche saltare il protocollo


La pappa l'è co…

Il richiamo del Col di Lana ci coinvolge al punto che ha reso la prima domenica di Agosto di ogni anno un appuntamento irrinunciabile e che ha la priorità su qualunque altro impegno in calendario.
E' la nostra montagna, l'abbiamo salita e scesa da più parti e per noi ormai non ha più segreti. I suoi costoni, i suoi sentieri, i suoi rilievi ci sono particolarmente famigliari, scarpinare da quelle parti è come giocare in casa.

E anche quest'anno si ripete il rituale; quasi alla sommità del nostro monte, durante il regolare, scandito, procedere, scorgiamo alla nostra sinistra l'imbocco della galleria di mina. Una piccola sosta ci fa riandare col pensiero al 1916.
In quella data questo posto è stato teatro di un avvenimento estremamente importante nell'equilibrio delle due fazioni antagoniste tanto da far pendere decisamente la bilancia dalla parte italiana.
Fino a quel momento si erano resi vani tutti i tentativi finalizzati al dominio di quota 2.462, si è pensato quindi a uno scavo in galleria che consentisse l'allestimento di un fornello di mina piazzato proprio sotto la cima sommitale. L'operazione è riuscita, gli italiani si sono insediati nel punto più alto della montagna rimanendovi fino al disgraziato evento di Caporetto dopo il quale è mutata radicalmente la geografia delle prime linee.
Fatte queste considerazioni riprendiamo l'interrotto cammino verso l'alto; alcune centinaia di metri e sopra di noi non c'è più altro da salire.
Come succede tutte le volte, toccare il vertice di un monte mette addosso un qualcosa che è inutile star qui a spiegare agli Alpini avendo questi, per loro fortuna, vissuto l'esperienza con una certa assiduità. Dalla vetta il nostro sguardo inquadra un trecentosessantagradi quasi tutto occupato da Dolomia.
La nostra camminata odierna si è svolta invece esclusivamente su roccia vulcanica nella quale, per inciso, è quasi da escludere la possibilità di scoprire  tracce di fossili. Nitidissimo a Sud il Civetta, le sue torri si stagliano eleganti e noi le paragoniamo a concorrenti impegnate in una sfilata di bellezza, la torre di Valgrande, a buon diritto, aspira ad un posto sul podio.
Il nostro giro visivo si sposta ad est focalizzando le tre Tofane legate indissolubilmente a una tra le storie più importanti del fatto bellico di inizio novecento. A nord il possente Settsass, una grandiosa bastionata che sembra messa a protezione della Val Badia.
Ad ovest la regina Marmolada è la più alta, la più imponente, la più innevata. I rintocchi della campana sollecitano i fedeli alla Messa, noi siamo qui per questo e ascoltiamo con grande attenzione quanto l'officiante, il vescovo di Belluno, ci suggerisce.
Nel dopo funzione c'è l'opportunità di scambiare pareri sulle varie realtà della montagna e non mancano di certo gli interlocutori.
Nel sagrato ci complimentiamo col capogruppo Claudio Bernardi di S. Lucia fresco di preziosa e meritata attestazione conferitagli dal Capo dello Stato.
E' inoltre bello constatare che Giove Pluvio per oggi si è tenuto alla larga andando ad operare da qualche altra parte. Credo che ognuno di noi in cuor suo sarebbe propenso a non scendere tanto presto a valle ma non sarebbe una scelta razionale.
Pensiamo piuttosto a darci appuntamento qui nel 2009 per risalire ancora questi crinali che più di novant'anni fa hanno assistito a un tremendo capitolo intriso di sofferenza, di sacrificio, di morte.
Nella discesa incontriamo i primi alberi, sappiamo che questa quota rappresenta per le conifere il limite oltre il quale viene loro preclusa la possibilità di sopravvivere; l'istintivo accostamento ai fatti del 1915-1917 mette in evidenza una tragica analogia."

Renato Gumier