IL RICHIAMO DEL COL DI LANA |
Settembre 2008 |
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Il richiamo del Col di Lana ci coinvolge al punto che ha reso la
prima domenica di Agosto di ogni anno un appuntamento irrinunciabile e che ha la
priorità su qualunque altro impegno in calendario.
E' la nostra montagna,
l'abbiamo salita e scesa da più parti e per noi ormai non ha più segreti. I suoi
costoni, i suoi sentieri, i suoi rilievi ci sono particolarmente famigliari,
scarpinare da quelle parti è come giocare in casa.
E anche quest'anno si ripete il rituale; quasi alla sommità
del nostro monte, durante il regolare, scandito, procedere, scorgiamo alla
nostra sinistra l'imbocco della galleria di mina. Una piccola sosta ci fa
riandare col pensiero al 1916.
In quella data questo posto è stato teatro di un
avvenimento estremamente importante nell'equilibrio delle due fazioni
antagoniste tanto da far pendere decisamente la bilancia dalla parte italiana.
Fino a quel momento si erano resi vani tutti i tentativi finalizzati al dominio
di quota 2.462, si è pensato quindi a uno scavo in galleria che consentisse
l'allestimento di un fornello di mina piazzato proprio sotto la cima sommitale.
L'operazione è riuscita, gli italiani si sono insediati nel punto più alto della
montagna rimanendovi fino al disgraziato evento di Caporetto dopo il quale è
mutata radicalmente la geografia delle prime linee.
Fatte queste considerazioni
riprendiamo l'interrotto cammino verso l'alto; alcune centinaia di metri e sopra
di noi non c'è più altro da salire.
Come succede tutte le volte, toccare il
vertice di un monte mette addosso un qualcosa che è inutile star qui a spiegare
agli Alpini avendo questi, per loro fortuna, vissuto l'esperienza con una certa
assiduità. Dalla vetta il nostro sguardo inquadra un trecentosessantagradi quasi
tutto occupato da Dolomia.
La nostra camminata odierna si è svolta invece
esclusivamente su roccia vulcanica nella quale, per inciso, è quasi da escludere
la possibilità di scoprire tracce di fossili. Nitidissimo a Sud il Civetta, le
sue torri si stagliano eleganti e noi le paragoniamo a concorrenti impegnate in
una sfilata di bellezza, la torre di Valgrande, a buon diritto, aspira ad un
posto sul podio.
Il nostro giro visivo si sposta ad est focalizzando le tre Tofane legate indissolubilmente
a una tra le storie più importanti del fatto
bellico di inizio novecento. A nord il possente Settsass, una grandiosa
bastionata che sembra messa a protezione della Val Badia.
Ad ovest la regina
Marmolada è la più alta, la più imponente, la più innevata. I rintocchi della
campana sollecitano i fedeli alla Messa, noi siamo qui per questo e ascoltiamo
con grande attenzione quanto l'officiante, il vescovo di Belluno, ci suggerisce.
Nel dopo funzione c'è l'opportunità di scambiare pareri sulle varie realtà della
montagna e non mancano di certo gli interlocutori.
Nel sagrato ci complimentiamo
col capogruppo Claudio Bernardi di S. Lucia fresco di preziosa e meritata attestazione
conferitagli dal Capo dello Stato.
E' inoltre bello constatare che Giove Pluvio
per oggi si è tenuto alla larga andando ad operare da qualche altra parte. Credo
che ognuno di noi in cuor suo sarebbe propenso a non scendere tanto presto a
valle ma non sarebbe una scelta razionale.
Pensiamo piuttosto a darci
appuntamento qui nel 2009 per risalire ancora questi crinali che più di
novant'anni fa hanno assistito a un tremendo capitolo intriso di sofferenza, di
sacrificio, di morte.
Nella discesa incontriamo i primi alberi, sappiamo che
questa quota rappresenta per le conifere il limite oltre il quale viene loro
preclusa la possibilità di sopravvivere; l'istintivo accostamento ai fatti del
1915-1917 mette in evidenza una tragica analogia."
Renato Gumier