ROSSOSCH 1993, OPERAZIONE SORRISO |
2008 |
articolo pubblicato su L'Alpino di maggio 2008
ROSSOSCH (RUSSIA) 1993, OPERAZIONE SORRISO. Siamo da mesi
impegnati nella costruzione dell’asilo, dove le squadre di alpini si alternano
ogni due settimane. La domenica, intermezzo di riposo per il turno quindicinale
di lavoro, è riservata alla visita, guidata dal prof. Morozov, ai luoghi delle
operazioni belliche del ‘42-‘43.
La meta più ricercata dai volontari è quella località che ha
contribuito a creare la memoria collettiva degli alpini ed è indelebilmente
impressa nella loro vicenda storica: Nikolajewka. La località dista da Rossosch
120 chilometri ed ora è chiamata Livenka. La strada per arrivarci attraversa
zone non molto abitate, “isbe” di vecchie dimore e case di “moderna” fattura,
mandrie di bovini e cavalli.
Lo sguardo cerca lontani punti di riferimento più volte
descritti dai reduci: la lunga discesa verso il terrapieno della ferrovia, i
varchi dei sottopassaggi. Percorriamo a piedi il sottopasso: ci assale una
sensazione strana ed indescrivibile: a che scopo tanti morti? È la vista della
chiesa a distoglierci da questi desolati pensieri. Sulle pareti esterne i segni
di schegge di granate e delle sventagliate di mitragliatrice si confondono con i
segni del degrado del tempo.
Appena fuori del paese il sindaco percorre un leggero
declivio sul crinale di una balka e ci dice: «Qui sono sepolti 10.000 Caduti,
alpini italiani, soldati romeni e ungheresi morti nella battaglia di
Nikolajewka. Voi siete i primi italiani a mettere piede su questo suolo».
Ci spiega poi che dopo la battaglia furono le donne a
raccogliere i corpi e a portarli qui con le slitte per gettarli in questo
avvallamento. Fino a poco tempo fa questo sito è stato coperto da segreto
militare. Sbigottimento, incredulità, commozione ed improvviso silenzio. Il
sindaco ci lascia soli. Con noi c’è don Bruno, sacerdote bergamasco che celebra
la messa: preghiere e silenzi, e quel vento che non voleva cessare… Toni
Fornasier arrivò con un mazzolino di fiori raccolti chissà dove e li depose là
dove don Bruno aveva consacrato il pane ed il vino.
* * *
A 15 anni da quella scoperta e a 65 dal sacrificio di
Nikolajewka, abbiamo voluto ritornare a Nikolajewka. Ci incamminiamo verso lo
storico sottopasso: le pietre sono le stesse di allora, la vicina chiesa,
invece, è stata intonacata e sono stati cancellati, così, i segni della
battaglia. Poi raggiungiamo quella che da 65 anni è la tomba degli alpini. Si
scatena una bufera di neve.
Percorriamo in silenzioso corteo il declivio, davanti Angelo
con il tricolore, unico simbolo che abbiamo portato dall’Italia, dietro Tonin
Fornasier con un mazzo di fiori. Davanti al cippo uno di noi legge la preghiera
di Peppino Prisco ed un brano del diario della ritirata di padre Anastasio
Crosara, Enzo improvvisa una preghiera, bellissima, ma che non saprei ripetervi,
poi un solo canto: Fratelli d’Italia. La tormenta si placa.
Guardo una ad una le facce dei miei compagni: a fatica
qualcuno dice qualcosa, poi basta, non servono altre parole. Si riforma il
corteo e la tormenta riprende. Camminiamo a fatica sprofondando nella neve, sono
solo 200 i metri che ci separano dal pullman… siamo vestiti di tutto punto e tra
poche ore ci ritroveremo in una confortevole stanza d’albergo… Pensavo di sapere
tutto sulla ritirata, forse solo oggi ho capito cosa deve essere stato
quell’inferno.
Lino Chies