BRIGATA CADORE |
Dicembre 2009 |
E’ la terza volta che il richiamo della nostra Brigata ci “obbliga” a
poter dire IO C’ERO.
Nessun impegno, per quanto importante, potrebbe giustificare una defilata da questo appuntamento
quinquennale che ci fa rinverdire i diciotto mesi vissuti nella spensierata euforia di scanzonati ventenni. La Brigata
Cadore molto tempo fa, ci ha adottati, vestiti, addestrati e per 540 giorni fatti vivere sotto il simbolo delle due
torri con pino.
Naturale che una convivenza così lunga lasciasse il segno; quell’emblema è parte integrante del nostro
DNA e costituirà per sempre un marchio indelebile. Logico quindi che il 30 agosto sotto uno Schiara imbronciato fossimo
anche noi di Pieve di Soligo a infoltire la fiumana che, come da programma, ha sfilato in Piazza dei Martiri.
Nella
Brigata Cadore il Gruppo Lanzo annoverava nelle proprie fila tre Batterie: la 44, la 47 e la 16, tre bei numeri,
peccato che nel gioco del lotto non esista la ruota di Belluno, E dopo questa doverosa divagazione riprendiamo il filo.
Avviandoci all’ammassamento verso il piazzale antistante lo stadio notiamo che il monte Serva accoglie ancora nei sui
pendii un grande ripetitore, forse è lo stesso che veniva, nel ’61, da noi inquadrato attraverso il congegno di
puntamento e aveva la funzione di falso scopo lontano. Il clima che stiamo vivendo oggi non si discosta dalle altre
precedenti opportunità e ognuno di noi scruta con curiosità le nappine che gli stanno attorno nell’intento di
individuare il numerino che corrisponde alla propria Batteria.
Quando viene riconosciuto un ex commilitone non servono
tante esternazioni; dopo aver condiviso la ferma, subìto gli stessi scrosci di pioggia durante i campi e pelato la
stessa quantità di patate nelle occasioni di consegna in cucina ti accomuna una sorta di tacita, reciproca simpatia che
non richiede l’obbligo di gran discorsi. Basta un abbraccio e un sorriso rassicurante.
Poi però ci si lascia andare, le
reminiscenze della naia si accavallano passando in rassegna vecchi compagni, graduati, muli, vita spicciola di caserma e
grandi faticate con carico sulle spalle.
Ci rendiamo anche conto, mentre attraversiamo il ponte sul torrente Ardo, che
il nostro marciare al ritmo del “33” ha poco dell’impeccabile atteggiamento marziale di quando portavamo la divisa;
quello attuale è uno scandire gravato da troppi zaini ripieni ognuno di 365 giorni anche se le persone ai lati della
strada continuano benevolmente a spellarsi le mani.
Davanti alle tribune, assieme alle note delle fanfare, la voce
amplificata di un fine dicitore pievigino rimbalza dal teatro Comunale al caffè Deon in una specie di ping-pong
provocato dall’eco. In questo frastuono sembra quasi di avvertire il disagio dei muli memori dei silenzi d’alta quota
che venivano rotti solo dal rumore cadenzato dei loro zoccoli e dallo smoccolare dei conducenti.
Sappiamo benissimo che
questo ritrovarci ad ogni lustro non potrà durare in eterno, ci hanno malignamente sottratto la continuità cancellando
la nostra Brigata e la leva obbligatoria. Senza i nuovi innesti non si va da nessuna parte e pertanto corriamo il
rischio di dover chiudere bottega. Al rientro verso casa, percorrendo la A27 Pian di Vedoia-Vittorio Veneto, è quasi
d’obbligo fare una disamina il più possibile realistica sulla situazione dell’A.N.A. in prospettiva futura.
Dalla
conclusione unanime risulta che la realtà attuale non lascia grande spazio all’ottimismo; a meno che per far cambiare le
cose qualcuno al vertice non si inventi qualcosa di veramente geniale (come peraltro abbiamo suggerito al presidente
Perona presente domenica a Belluno). Nel frattempo ognuno di noi dovrà assolutamente, cocciutamente e testardamente non
mollare. (R.G.)