Tasselli di un mosaico |
Maggio 2009 |
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Giorno di Santo Stefano imbiancato, ore otto del
mattino, freddo polare, quasi tutta Pieve rintanata nelle case.
Incrocio in Piazza Balbi un incappucciato Nicola Stefani
che propone quattro passi a caccia di immagini a tema invernale. Si respira aria dal nitore assoluto.
Fa così freddo che
abbiamo difficoltà ad esprimerci con scioltezza e c'è la sensazione che le nostre parole appena uscite si possano
congelare; proviamo a scandirle bene con delle piccole pause.
Camminiamo in mezzo alla strada, non succedeva
dall'infanzia (almeno per quanto riguarda me) quando sulle carrarecce sterrate di allora circolavano sì e no tre
macchine al giorno.
E' una rimpatriata nei tempi delle "slissoère" che venivano levigate passando e ripassando in
scivolata sulle superfici gelate per renderle agibili togliendone in questo modo tutte le irregolarità. Alla fine una
striscia lucente a specchio era pronta a dare emozioni e una parvenza di alta velocità.
Stiamo per affiancare una siepe
spontanea, mai potata, ci sorprende come questi grovigli, inguardabili d'estate, si trasformino in eleganti,
delicatissimi arabeschi.
In un simile, stupendo contesto non viene quasi avvertitala mancanza di fiori anche se gli elleborus (carnevai o talòc) si sono defilati sotto uno strato di neve e i calicantus non sono ancora sbocciati.
La
Dormiente delle Prealpi, adagiata tra San Boldo e Praderadego, riposa immobile sotto una coltre bianchissima mentre
tutti gli alberi, coi ghiaccioli visti in controluce, fanno sfoggio di un brillantissimo addobbo natalizio. Un cane sta
abbaiando con insistenza, forse il suo è un apostrofare questi due viandanti solisti che a voce alta stanno rompendo…
l'equilibrio magico di un'atmosfera ovattata.
Togliere le mani di tasca ed esporle ai rigori in atto porta dritto a
pensare al fenomeno dei geloni che immancabilmente colpivano mani e piedi di quando eravamo ragazzini.
Passano in
sequenza incredibili paesaggi da fiaba ma che sono assolutamente reali perché sfilano davanti ai nostri occhi e vengono
impressi dalle nostre digitali. Risuona lontano uno scampanìo, oggi non serve andare in Chiesa, si può omaggiare il
Padreterno stando inseriti nella sua opera d'arte, è un pregare più ispirato.
L'attrito delle nostre scarpe sulle
incrostazioni del ghiaccio produce un caratteristico rumore che ci fa riandare col pensiero a certi momenti vissuti in
grigioverde al campo invernale, ci conforta però l'idea che noi stanotte dormiremo su un letto e col riscaldamento
acceso.
Nello scattare foto a creare molto disturbo sono le tante anomalie (per quanto utili o necessarie) inserite
dall'uomo: tralicci, gru, cartelli, fili elettrici che in condizioni normali neppure vengono notate ma che in questo
scenario gridano vendetta e, a torto, vorremmo cancellate.
Una scarpata innevata e un po' in ombra ci ricorda un quadro
visto alla mostra degli impressionisti allestita a Brescia, riprova che anche la grande arte deve trarre spunto dalla
natura.
La scarpinata nel gelo dei "DO STORNEI" si conclude con una rifocillata corroborante servita da Bruno e
Graziella nel tepore accogliente della Colomba.
Fuori il panorama è di un bello unico ma nessuno disdegna i ventiquattro
gradi dell'interno che stanno lentamente e gradualmente riportando nella norma la temperatura delle nostre infreddolite
estremità."
Renato Gumier