L'ALPINO CARABINIERE |
Luglio 2010 |
L'istituzionalizzazione del "Carabiniere aggiunto", avvenuta con R.D. del 28 ottobre 1904 n. 577, a seguito di proposta congiunta dei Ministri Segretari di Stato per gli Affari di Guerra e dell'Interno, non è altro che l'attuazione di un'esigenza sentita già da molti decenni prima nel nuovo contesto post-unitario, così "da mantenere al completo la forza bilanciata dell'Arma dei Carabinieri Reali ... ". Un decreto che sancisce la possibilità, per i soldati di Fanteria e di Cavalleria, di collaborare con i militi dell'Arma nelle attività di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, laddove si presentino esigenze specifiche e straordinarie sul territorio. I soldati in questione che prenderanno il nome di, "Carabinieri aggiunti" dovranno essere sempre affiancati dai militari dell'Arma e saranno soggetti alla disciplina di quest'ultimi; conserveranno l'uniforme del reparto di Fanteria o di Cavalleria dal quale provengono e saranno alloggiati nelle caserme dell'Arma.
Un'istituzionalizzazione che era stata, in verità, avvertita già da tempo, sulla base delle esperienze maturate come nel caso della lotta al brigantaggio avvenuta nel corso del XIX secolo e non solo, quando il governo del Regno sabaudo è costretto a fronteggiare il fenomeno con l'invio dell'Esercito al fine di poter "integrare" gli organici dei Carabinieri oltremodo "impegnati ai continui servizi di sicurezza, nonché ai normali servizi di presidio, oltre all'usura delle incessanti perlustrazioni, delle lunghe marce effettuate in ogni condizione di tempo e di stagione, di giorno e di notte, per monti e per boschi, in cerca di un nemico inafferrabile, tra lo stillicidio dei piccoli scontri e sotto la minaccia invisibile e incombente di agguati mortali ... " nel contesto di una nazione che "acquisiva" nuovi territori e con essi relative e diversificate "realtà". Un brigantaggio, in specie meridionale, che ebbe inizio nel 1860 e che perdurò negli anni; un brigantaggio che non era finalizzato solo a scopi politici nella nostalgia di vecchi governanti ma anche per contrastare avversari locali e soprattutto per quella inquietudine sociale riveniente da nuove imposizioni di tasse quando già vi erano condizioni di povertà ed indigenza. Così, tra il 1861 ed il 1863, furono concentrati nell'Italia meridionale oltre 120 mila uomini, su una forza media alle armi di 250 mila, di cui 57 reggimenti di fanteria su 80, 19 battaglioni di bersaglieri su 36, 10 reggimenti di cavalleria su 17. A volte, tuttavia, l'impiego dell'Esercito risultò, per così dire, "inadeguato" e "controproducente" in considerazione del modo di svolgere, da parte dei suoi componenti, alcune azioni con una "repressione" rivolta ad interi paesi, coinvolgendo anche una cittadinanza estranea al fenomeno e per di più inerme. Insomma militari che risultavano non avere quella peculiare e specifica professionalità che apparteneva agli uomini dell'Arma. Cosicché "al terrore dei briganti rispose il terrore esercitato dalle truppe ... ".
Un'esigenza quella del "Carabiniere aggiunto" che verrà sentita anche nei più generici impieghi operativi di ordine pubblico nelle grandi città o in particolari situazioni: un esempio per tutte quello riguardante i moti della Lunigiana avvenuti nel gennaio 1894. Insomma gli anni e le evidenti esigenze non potevano che far pervenire alla decisione adottata nel 1904 che risultò provvidenziale con la Grande Guerra in cui l'Arma risultò notevolmente impegnata non solo in un ruolo combattente come al Podgora, ma anche di assistenza ai Comandi di Compagnia dell'Esercito, in compiti di polizia militare a cui era affidato il mantenimento dell'ordine sia sul campo di battaglia che nelle retrovie con perlustrazioni. I militi dell'Arma, altresì, dovevano effettuare controlli sui movimenti delle truppe, presidi del territorio, scorte ai prigionieri e non da ultimo la repressione dello spionaggio. Numericamente, infatti, l'organico dell'Arma assegnato al fronte (circa 7.000 uomini) risultò inadeguato per i compiti chiamati a svolgere, né potevano essere distolti, per ovvi motivi, gli altri appartenenti in seno ai comandi della penisola. Così, proprio in attuazione al disposto n. 577 del 1904, saranno chiamati i militari di fanteria e cavalleria a svolgere il ruolo di "carabiniere aggiunto". Molti saranno scelti tra gli Alpini e notevole sarà il contributo del Corpo in tal senso, tenuto conto che il conflitto si svolgeva prevalentemente sulle aspre montagne del confine nord orientale del paese. Questi soldati verranno più semplicemente chiamati "Alpini Carabinieri": riceveranno il moschetto mod. 1891 e la daga modo 1814/34; porteranno a tracolla l'altrettanto tradizionale bandoliera di cuoio bianca munita di giberna, seguitando, come prescritto dalla Circolare n. 3 del 1 gennaio 1915, a calzare il loro caratteristico cappello con l'aquila in volo su un trofeo di cornetta e fucili incrociati, simboli della guerra in montagna.
La "realtà" del "Carabiniere aggiunto" appare ormai, alla luce degli ulteriori e significativi eventi, un' incontrovertibile esigenza, tanto che, nel 1917, il Ministro della Guerra emana la Circolare sull' "Assunzione in servizio di carabinieri ausiliari" e preleva dal personale di truppa del Regio Esercito 12.000 uomini tra i più fidati, destinati a rimanere nell'Arma sei mesi oltre il giorno in cui sarà conclusa la pace. Ove poi i "Carabinieri aggiunti" volessero chiedere di transitare nella "Benemerita", ciò sarà possibile in ossequio al disposto dell'art. 18 del R.D. 1904 che prevede, infatti, il passaggio definitivo dei "Carabinieri aggiunti" nell'Arma secondo le norme già in vigore all'epoca. Terminata la guerra molti "Alpini Carabinieri" passeranno all'Arma; alcuni di loro ebbero così modo di riproporsi, nel 1922, come istruttori di corsi di sci, predisposti dall'allora Comando Generale nell'ambito delle Legioni in cui si ritrovano territori di montagna: era il primo passo di quella che diverrà, negli anni, l'ulteriore specializzazione nell'ambito dell'Arma, in considerazione nuove esigenze istituzionali ed organizzative che andavano a manifestarsi col mutare dei tempi, e che sarà identificata, correntemente, con i "Carabinieri della (di) montagna".
Giovanni di Vecchia (CCMONT Notiziario del Gruppo Carabinieri della montagna)