NIKOLAJEWKA a Solighetto |
Marzo 2010 |
Dal 1946 quando il capogruppo Giovanni Pansolin la istituì, la cerimonia mantiene le sue caratteristiche di semplicità e di sincera partecipazione degli alpini. Nikolajewka a Solighetto, con gli annuali appuntamenti al Bosco delle Penne Mozze, a settembre e il giorno prima di Natale, è una cerimonia carica di emozioni
Un fievole raggio di sole si fa strada a fatica nel
freddo della mattinata e bacia il tricolore all’alzabandiera della cerimonia che, a Solighetto, dal 1946 ricorda i
caduti di Nikolajewka.
Fa freddo e il pensiero va subito al gelo e alla morte che 67 anni fa hanno patito gli alpini a Nikolajewka. Quella
sofferenza, quel sacrifico, quell’onore, quella fedeltà alla bandiera del reggimento e alla Patria hanno spinto tanti
alpini a ritrovarsi, ancora una volta, domenica 24 gennaio 2010, a Solighetto, per ricordare quegli uomini, quegli
alpini.
La cerimonia, voluta nel primo anno senza guerra, dal capogruppo Giovanni Pansolin, del Battaglione
Tolmezzo, tornato ferito dalla campagna di Russia, decorato con la medaglia di bronzo al valor militare a Postolajawka,
continua a mantenere la sua caratteristica di semplicità e di sincera partecipazione.
Si sta affrancando, insieme agli annuali appuntamenti al Bosco delle Penne Mozze, a settembre e il
giorno prima di Natale, come incontro tra alpini che si sentono vicini ai valori di quei soldati che, mandati in guerra,
hanno dato prova di tenacia ed eroismo, ma che non sono più tornati. Una cerimonia di memoria e di grandi emozioni, per
chi vuole ancora emozionarsi. In chiesa, all’omelia, il parroco celebra il cuore degli alpini, la loro passione e la
solidarietà che esprimono verso gli altri. Ma è quando la cerimonia religiosa volge ormai al termine che gli alpini si
ritrovano davvero alla loro messa. Bastano le prime note de “L’ultima notte” di Bepi De Marzi, sussurrate dai Cantori da
filò, che il pensiero torna a quelle steppe innevate, a quei ragazzi bruciati dal freddo, alle migliaia di morti
lasciati sui campi di battaglia. Non pochi alpini bisbigliano insieme al coro quella canta struggente, si asciugano le
lacrime, senza vergogna, senza paura di quelle emozioni, trattenendo a fatica il groppo alla gola.
La preghiera dell’alpino, letta con voce ferma, dà un po’ di tregua. Tutti la conoscono e nel silenzio
della chiesa le parole si imprimono chiare, ancora una volta, nella mente. Quando ancora l’orazione alpina non è
conclusa si alza leggera l’aria de “Il testamento del capitano” e l’emozione torna forte, il pensiero corre ancora a
quei ragazzi nella neve insanguinata, gli occhi si inumidiscono nuovamente. Ancora emozioni per chi vuole emozionarsi. I
bambini della scuola materna e della scuola primaria alzano dei piccoli tricolori; il Vessillo sezionale è schierato con
il Gonfalone di Pieve di Soligo, i gagliardetti dei Gruppi, le insegne delle Associazioni combattentistiche e d’arma,
presente anche quella dell’Associazione delle vittime civili di guerra.
Conclusa la cerimonia religiosa, la fanfara
alpina di Conegliano dà il ritmo per raggiungere il luogo della commemorazione, davanti all’Asilo-Monumento ai Caduti
di Solighetto. Non è un caso che i bambini del paese siano da anni protagonisti della cerimonia che ricorda il
sacrificio di Nikolajewka. La presenza del monumento nella vecchia scuola e, non secondaria, la passione con cui le
insegnanti coltivano i valori e stimolano le sensibilità, stanno dando i loro frutti. I bambini intonano l’Inno
Nazionale Italiano, recitano poesie, cantano le canzoni degli alpini, sotto l’occhio, o meglio, l’orecchio vigile di
Piero Marchesin, direttore dei Cantori da filò e delle maestre.
Anche il brusio dei bimbi più piccoli è musica nel
freddo di Solighetto quando Nicola Stefani, cerimoniere della manifestazione, chiama il capogruppo Giuseppe Corbanese,
il sindaco Fabio Sforza e il presidente sezionale Giovanni Battista Bozzoli a pronunciare i discorsi ufficiali. Non c’è
nulla di altisonante né di retorico nelle parole del capogruppo Corbanese che legge un pensiero del reduce Peppino
Prisco, partito da Milano con altri 250 alpini e tornato a casa, unico superstite, dalla Russia.
Non c’è nulla di
altisonante né di retorico nelle parole del sindaco Fabio Sforza che ricorda il suono della tromba dell’alpino Gino
Dotta ascoltato la sera prima nel teatro del paese. Una tromba raccolta sulla neve di Russia, dove ha lasciato la vita
il trombettiere di Refrontolo che l’aveva in dotazione. Non c’è nulla di altisonante né di retorico nelle parole del
presidente Giovanni Battista Bozzoli che cita Giovanni Pansolin e la sua intuizione del 1946 per commemorare i caduti di
Nikolajewka.
Cede poi la parola al vicepresidente della Provincia di Treviso Floriano Zambon, che lo scorso anno, da
socio ANA, ha partecipato ad un pellegrinaggio in Russia, proprio a Nikolajewka, per una testimonianza diretta. Floriano
Zambon, cappello da capitano degli alpini in testa, ricorda alcuni punti fermi della campagna di Russia, le centomila
gavette di ghiaccio, i trentamila soldati caduti o fatti prigionieri a Nikolajewka.
Zambon termina il suo intervento
lanciando una proposta: “organizzare un pellegrinaggio sezionale a Nikolajewka in occasione del 70mo”. La cerimonia si
chiude con un altro canto dei bambini, con un’altra poesia che chiama la pace, con la Fanfara alpina di Conegliano che
intona “Signore delle cime”.
Per chi vuole, c’è ancora tempo per emozionarsi. Il freddo non molla e così l’invito di
Nicola Stefani, proferito con voce meno roca di quando è reduce dallo speakeraggio dell’Adunata Nazionale, di
raggiungere la sede degli alpini di Solighetto per bere un brulè viene accolto da tutti con entusiasmo. Relegate nel
cuore le emozioni, resta nella mente il ricordo di una cerimonia semplice che si ripete così da più di sessant’anni ed
in bocca il sapore fragrante del vin brulè.
Antonio Menegon