15° CONVEGNO ITINERANTE DELLA STAMPA ALPINA |
![]() Maggio 2011 |
Casale Monferrato, 2 aprile 2011
di Dino Bridda *Direttore responsabile di “In marcia”, trimestrale della Sezione ANA di Belluno
Viviamo in un’epoca nella quale troppo spesso siamo abituati a parlare a suon
di slogan, di luoghi comuni e di parole d’ordine. E’ un linguaggio imbarbarito
che, oltre ad offendere la buona lingua, offende anche la nostra intelligenza.
In effetti possiamo ben dire che ci meriteremmo qualcosa di più, ma dobbiamo
anche renderci conto che siamo sovente schiavi del linguaggio dominante e
dilagante della televisione, della pubblicità e della facile comunicazione che
viaggia su internet.
Dentro il bombardamento delle parole che ci viene scaricato addosso con
stillicidio quotidiano, tutti parlano, tutti pontificano, tutti hanno diritto di
cittadinanza. Ora, qui a noi non interessano i problemi morali e giuridici della
comunicazione globale della cosiddetta rete. A noi interessa il fatto che tale
situazione, volenti o nolenti, ci coinvolge tutti e ci pone il problema che va
ad intaccare anche il nostro essere associazione, nel presente e nel futuro, ivi
compresa la nostra stampa alpina.
Il problema del linguaggio non è un mero problema formale ed estetico, è invece
carico di sostanza. Facciamo subito un esempio pratico, riferendoci al
significato e all’utilizzo di una parola assai abusata di questi tempi e con la
quale molti, anzi troppi, si sciacquano la bocca adoperandola spesso di
sproposito.
La parola in questione è VALORI, declinata al plurale perché in tal caso si
intende un insieme di elementi che la compongono e che dovrebbero costituire il
fondamento dell’educazione di un individuo, ma anche delle varie cellule sociali
esistenti, dalla famiglia alla comunità locale, dal più piccolo consorzio umano
alla nazione.
Quanto tale termine - VALORI - sia usato a sproposito, lo si può capire già
andando a verificarne l’etimologia sul vocabolario. Al singolare VALORE
significa possesso di notevoli doti morali e intellettuali o di capacità,
specialmente nel campo profes-sionale. Significa anche coraggio, ardimento
spinto sino al sacrificio della propria vita. VALORE è anche virtù, nobiltà
d’animo. Se mettiamo assieme tutte queste definizioni ce n’è già abbastanza per
dire che tutti dovremmo sentirci stimolati ad attraversare la vita portandoci
appresso questo carico di VALORE: è un fardello pesante, ma vale certamente la
pena di portarlo se ciò ci può rendere più riconosciuti e ammirati dagli altri.
Declinato al plurale il termine assume molti altri significati che abbracciano
svariati campi: esso ha un proprio senso specifico in economia, nelle
transazioni commerciali, in matematica, in fisica, in musica e via dicendo.
A noi qui interessa porre l’attenzione sui VALORI intesi come principio assoluto
e universale, specialmente nel campo morale. Questa è la definizione sulla quale
dobbiamo riflettere per cercare di restituire a questa parola il suo vero
significato originario. Infatti esso deriva dal latino valere, cioè essere
valido, che trovò rispondenza anche nei linguaggi delle aree celtica, baltica,
slava e germanica.
Su questa parola, pertanto, si è fondata molta filosofia, molta storia del
pensiero umano, ma vi si sono ispirate anche parecchie Costituzioni dell’era
moderna, oltre alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. I VALORI
sono il fondamento della comunità e il nutrimento delle norme che regolano il
vivere civile.
Detto questo, e sperando di non aver annoiato con una lezione di linguistica e
glottologia, mi viene spontaneo pormi una domanda ad alta voce: «Quali sono i
VALORI che regolano la vita e l’azione dell’Associazione Nazionale Alpini?». Io
stesso, se interpellato così bruscamente, avrei qualche difficoltà ad essere
chiaro ed esaustivo e mi limiterei a parlare di disponibilità, solidarietà,
impegno civico e via dicendo. E magari lo direi senza alcun accento particolare,
considerando tutto ciò come un bagaglio scontato, un patrimonio che, una volta
acquisito, si mette a frutto quando serve, magari senza preoccuparci di
fornirgli continue e periodiche iniezioni di nuovo slancio e di nuova linfa
vitale.
I VALORI sono là, incastonati nel nostro labaro nazionale che, attraverso le sue
207 medaglie d’oro sta a ricordarci il VALORE inteso, come detto prima, quale
coraggio, ardimento spinto sino al sacrificio della propria vita, nonché quale
virtù e nobiltà d’animo che ai nostri predecessori, con questo cappello e con
questa penna, non sono mai mancati in 139 anni di storia delle truppe alpine.
I VALORI stanno là, poi, incastonati nel nostro labaro e nei nostri vessilli e
gagliardetti sotto forma di medaglie, attestati, cittadinanze onorarie che la
comunità nazionale e le comunità locali ci hanno sempre riconosciuto quale
premio, per l’appunto, della messa in pratica di princìpi che si chiamano, come
già detto, disponibilità, solidarietà, impegno civico.
Tutto ciò si richiama allo spirito dei padri fondatori di questa Associazione
che nel lontano 1919 presero una grande decisione, ovvero quella di non deporre
mai lo zaino a terra. L’espressione può sembrare un po’ retorica, ma rende
efficacemente lo spirito con il quale Arturo Andreoletti e i suoi collaboratori
iniziarono quel cammino che noi oggi siamo chiamati a ripercorrere con
altrettanto entusiasmo e senso di responsabilità.
Ma, andiamo per un attimo alla temperie culturale di quel momento, ovvero ai
mesi immediatamente seguenti alla conclusione della prima guerra mondiale. La
grande catastrofe bellica, che aveva attraversato l’Europa per cinque lunghi
anni, non aveva lasciato sul campo soltanto milioni di morti e non aveva
provocato solo milioni di feriti, di vedove, di orfani. La Grande Guerra aveva
lasciato sul campo anche molte speranze dei popoli europei di uscirne con in
mano un futuro di libertà, di democrazia, di tensione verso il benessere e la
felicità.
La storia di quegli anni difficili la conosciamo bene e tutti sappiamo come andò
a finire sino alle soglie del 1940, ovvero con l’affermarsi di totalitarismi di
diversa impostazione che non possiamo certo considerare vie al benessere e alla
felicità, se poi tutto si concluse con un’altra spaventosa guerra mondiale.
Ciò che mi preme sottolineare sta nel fatto che questa Associazione è nata come
risposta concreta e responsabile ad una terrificante desertificazione dei VALORI
che caratterizzò la vita del nostro Paese in quel lontano 1919, quando ai reduci
dal fronte si sputava in faccia e chi era senza lavoro era costantemente in
piazza a chiedere pane e libertà in una situazione di grande incertezza per le
sorti del Paese.
I padri fondatori dell’ANA, memori della lezione risorgimentale, animati da vero
spirito di unione e di fratellanza, riconoscenti del sacrificio dei loro padri,
decisero che ALPINI lo si è SEMPRE!
Decisero che quello stesso spirito di solidarietà che aveva caratterizzato per
secoli la vita delle piccole comunità di montagna, dalle quali i nostri antenati
erano stati chiamati nel 1872 a costituire la milizia territoriale delle truppe
alpine, quello stesso spirito non poteva essere accantonato il giorno dopo il
congedo. Allora c’erano mille e un motivo per dichiararsi ciascuno PRESENTE, si
capì che saremmo stati ancora utili, si decise di incamminarsi verso un nuovo
avvenire di impegno al servizio della collettività. Ed è ciò che abbiamo sempre
fatto e stiamo tuttora facendo, e non abbiamo alcuna intenzione di smettere, sia
ben chiaro!
Ma oggi non è il 1919, anche se il tema della desertificazione dei VALORI mi
appare di un’attualità sconcertante, per non dire drammatica. L’Italia del 1919
era smarrita, delusa, sbandata. Ciò che era rimasto in qualche modo valido sino
allo scoppio della guerra, la stessa guerra si era portato via e con essa molti princìpi di stampo liberale che l’Ottocento ci aveva tramandato anche attraverso
l’epopea risorgimentale.
Evidentemente ciò non bastava allora, ciò non basta adesso. Tornando alle
battute iniziali, mi vedo costretto a sottolineare il fatto che non possiamo
assolutamente dare per scontati e acquisiti in eterno i tanto decantati VALORI.
Questi benedetti VALORI, se è vero che informarono l’azione di Arturo Andreoletti e debbono informare allo stesso modo anche la nostra azione di oggi,
è altrettanto vero che non sono reperti da museo, mummificati in una bacheca e
visibili agli occhi di tutti come si guarda, per l’appunto, un oggetto del
passato ben conservato in una teca di vetro.
Questi benedetti VALORI vanno sottoposti a cure periodiche di ossigeno, così
come noi stessi facciamo per il nostro corpo e per la nostra mente per
mantenerci in forma. L’ossigeno, in questo caso, è dato dalla nostra capacità di
saper mettere in pratica quei VALORI adattandone l’impiego alle vere esigenze
del momento nel quale siamo chiamati ad intervenire.
Oserei quasi dire che facciamo poca fatica a sfoderare la forza dei VALORI
quando siamo in situazione di emergenza, ma forse questa è un’esagerazione
dialettica. Allora dico: «Prendiamo esempio dalla nostra Protezione Civile che
entra in campo in situazione di emergenza, ma è sempre pronta, in qualsiasi
momento, perché perfettamente addestrata e collaudata da periodiche
esercitazioni. Allora esercitiamoci di continuo e verifichiamo se sempre il
nostro intervento risponda a criteri di autentica solidarietà, di dignità
dell’impiego, di pertinenza del nostro ruolo e di peculiarità del nostro agire».
In altre parole, voglio dire che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le
stagioni! Quando la Patria ha chiamato, abbiamo sempre risposto. Mi permetto di
ricordare a tutti noi, a mo’ d’esempio, che sino a qualche settimana fa i nostri
ragazzi e ragazze del 7° Reggimento Alpini hanno fatto il loro dovere in
Afghanistan lasciando purtroppo sul campo cinque commilitoni andati avanti e
portandosi a casa la riconoscenza di quella povera gente e la stima e
l’ammirazione dei nostri alleati.
Quando domani ci chiameranno - ma spero ardentemente di no - per un terremoto,
un’alluvione, una qualsivoglia calamità, sono sicuro che non esiteremo a dire
ancora una volta forte e chiaro: PRESENTE!
Voglio ricordare a me stesso e a voi tutti che ci caratterizza l’assoluta
gratuità del gesto: diamo anche prima che ci venga chiesto, diamo perché
sentiamo il dovere di dare, diamo senza chiedere nulla in cambio, non sono le
ricompense o le gratifiche ciò che ci interessa, ci basta il sorriso e il grazie
di coloro che abbiamo aiutato.
Ma, vedete, se ripeto che l’ALPINO non può essere uomo per tutte le stagioni
intendo dire che proprio il patrimonio nobile dei nostri VALORI non dovrebbe
permetterci di rispondere a qualsivoglia chiamata del tipo: «Non sappiamo come
sbrigarcela? Chiamiamo gli alpini! Loro sono sempre disponibili, sono bravi e
non costano nulla, al massimo ce la caviamo con un panino e un fiasco di vino!».
Forse detta così è un’affermazione un po’ troppo sbrigativa, ma rende di certo
l’idea. Voglio dire che la nostra proverbiale disponibilità al servizio della
collettività ha una sua, chiamiamola così, dignità che va rispettata proprio per
la peculiarità che essa rappresenta. La quale è diversa, ma né migliore né
peggiore, di quella dei Vigili del fuoco, della Protezione civile nazionale e
periferica, della Croce Rossa e di tutti gli altri organismi di volontariato
sociale operanti nel nostro Paese.
Ciascuno deve essere chiamato per essere impiegato per ciò che è la sua precisa
caratteristica, ma non forzato a ruoli non meglio precisati di cosiddetto ordine
pubblico al posto di chi dovrebbe, invece, essere chiamato poiché quello è il
suo ruolo istituzionale. Sappiamo, però, che l’apparato pubblico è senza dubbio
molto carente da questo punto di vista e che ha assoluta necessità delle forze
private come possono esserlo, per l’appunto, gli ALPINI.
Qui allora entra in gioco l’ultimo VALORE del quale intendo parlare, ovvero
quello della sussidiarietà. Più che di un VALORE vero e proprio, forse sarebbe
il caso di parlare, invece, di strumento attraverso il quale pubblico e privato
si aiutano a vicenda, si completano, si integrano e ottimizzano il servizio nei
confronti di coloro i quali ne hanno bisogno, ovvero i vari soggetti della
collettività.
In senso etimologico va ricordato che sussidiarietà è un termine derivante dal
latino subsidium, che nel vocabolario militare indicava le truppe di riserva, e
in italiano il verbo sussidiare e il sostantivo sussidiario in genere evocano
l'idea di una funzione ausiliaria.
L’evoluzione del senso di questo termine sussidiarietà oggi ne fa un caposaldo
dell’attività di governo della cosa pubblica sin dalle sue manifestazioni
territorial-mente più circoscritte, ovvero i Comuni. Infatti la nostra
Protezione Civile e la nostra Associazione, intesa nelle sue forme di Sezione e
di Gruppo, si rapportano più di frequente proprio con i Comuni e lo fanno in
base all’ormai acquisito concetto della sussidiarietà che spesso risolve molti
problemi dei pubblici amministratori al punto, lasciatemelo dire, da cavare loro
le castagne dal fuoco, come si dice in gergo!
Oggi la sussidiarietà emerge come una nuova e originale concezione dello Stato e
delle sue varie articolazioni al punto da determinare i rapporti che essi
debbono istituire con la società e tale per cui l'azione dei primi si affianca a
quella dei vari soggetti sociali nel perseguimento del bene comune.
Credo siamo tutti d’accordo, pertanto, nel riconoscere che le azioni dell’ANA e
della sua Protezione Civile si esplicano proprio sul perseguimento del bene
comune e sulla base di quei VALORI dei quali s’è ampiamente trattato sin qui.
E’ altrettanto vero che, in un regime cosiddetto di sussidiarietà orizzontale,
dove ciascuno ha un ruolo complementare all’altro ai fini del raggiungimento
dell’obiet-tivo finale, non possono e non debbono esistere situazioni di
disparità tra i vari attori. Tradotto in termini più concreti tutto ciò
significa che, se ciascuno fa il suo e tutti assieme fanno il tutto nei
confronti di terzi, ciò si deve svolgere su un piano di assoluta parità. Il che
vuol dire che, se gli ALPINI ci mettono l’opera, le braccia, il tempo, la loro
proverbiale disponibilità non disgiunta da una riconosciuta profes-sionalità, il
soggetto pubblico con il quale gli ALPINI interagiscono in regime di
sussidiarietà ci deve mettere le risorse e i mezzi necessari per raggiungere lo
scopo.
Ma c’è di più. Va bene dare senza pretendere né aspettarsi nulla in cambio, se
non la gratitudine del beneficiato, ma quando sono gli ALPINI ad avere una
necessità propria, sempre indirizzata comunque al perseguimento del bene comune,
ci si aspetterebbe che l’altro soggetto - il pubblico - fosse presente e facesse
la sua parte.
Talvolta ciò non accade, purtroppo, ma si badi bene che noi non agiamo secondo
l’antico detto latino do ut des, ovvero dò perché mi venga dato, ma agiamo
secondo il principio del più assoluto disinteresse. E allora l’altro principio,
quello già ripetuto più volte, ovvero della sussidiarietà, pretenderebbe che
agli ALPINI si riconosces-sero in concreto le risorse necessarie a mettere in
pratica i loro veri VALORI. In ogni modo il soggetto pubblico ne verrebbe sempre
a risparmiare, anzi a guadagnare.
Credo che su questi temi ci potremo giocare il futuro associativo ed alcuni
indirizzi già si possono trovare nel documento che il Consiglio Nazionale ha
proposto tempo fa all’attenzione della nostra rete associativa.
Maggiormente là dove si dice che lo scopo dell’ANA è certamente quello di
tramandare i valori ed uno stile di vita e ciò comporta alcune conseguenze e
caratteristiche e ci induce ad operare su tre fondamentali linee:
- LA MEMORIA che consiste nel difendere le caratteristiche delle Truppe Alpine;
nell’essere buoni cittadini ed amare la Patria, nell’evitare i conflitti
generazionali;
- LA SOLIDARIETA’ che consiste nel potenziare la Protezione Civile e l’Ospedale
da campo e costituire punto di riferimento delle nostre comunità;
- LA SOCIETA’ che consiste nel rappresentare un modello di società buona e
possibile, nel vigilare sulle nostre montagne e sulle nostre comunità,
nell’essere presidio di italianità e dei migliori valori della Nazione, nel
monitorare l’evoluzione dei lavori parlamentari nell’interesse della tutela
degli scopi morali e operativi dell’ANA.
In questi passaggi fondamentali che vi ho appena elencato c’è un carico
notevole di VALORI e di azioni conseguenti da compiere ed è quanto basta per
informare al meglio la linea associativa futura.
Per avviarmi alla conclusione, ribadisco con forza una lettura per certi aspetti
drammatica della nostra società odierna e che è rappresentata dalla cosiddetta
desertificazione dei VALORI.
Ebbene, a tutti i soci attuali, agli alpini “dormienti”, a quelli che verranno e
a tutti coloro i quali vorranno condividere il nostro cammino, all’intera
collettività nazionale e a tutte le comunità locali, l’ANA è ancora in grado di
opporsi a tale desertificazione e di offrire un patrimonio molto ricco e
prezioso di testimonianza e di azione che davvero deve preludere alla
costruzione di una società buona e possibile.
Io credo fermamente in tutto ciò e su tale convinzione baso la mia opera al
servizio della nostra Associazione, ma vorrei riuscire a condividere questa
linea anche con altri soggetti esterni all’ANA.
In poche parole, e per finire, vorrei continuare ad operare per e in
un’Asso-ciazione che sia portatrice sana di un altrettanto sano contagio: il
contagio dei VALORI che nessun tempo riesce a scalfire né a cambiare proprio per
contribuire a edificare una società buona e possibile per noi e per le future
generazioni alle quali lasceremo il testimone.
Sentiamone tutta la responsabilità e agiamo di conseguenza, da bravi ALPINI!