TONI COVRE |
Dicembre 2011 |
Quell'immane tragedia che vissero i nostri alpini la prima metà del secolo
scorso, quelle migliaia di uomini, alcuni poco più che adolescenti, mandati allo
sbaraglio sui monti della Grecia in quel terribile inverno del 1940-41, gli
alpini che combatterono tra le pietraie dell'Albania e non si arresero mai, che
si batterono per la loro sopravvivenza, per riuscire a tornare a casa,
disputando rabbiosamente al nemico ogni strada, ogni ponte, ogni guado.
Fu definita la più stupida di tutte le guerre, fu la guerra dei pidocchi, del
fango, della fame, del gelo.
Molti morirono assiderati in montagna, altri di malaria in pianura, fu una delle
peggiori tragedie tra quelle vissute dai nostri soldati.
Dopo essersi sacrificati sulle montagne del fronte greco-albanese, gli alpini
della Julia percorsero poi l'interminabile steppa dal Don all'Oskol nel gelido
inverno russo del 1942-43, lasciando migliaia e migliaia di compagni sepolti per
sempre sotto la neve.
A quelli, poi, che riuscirono a rientrare in Patria, alle stazioni di confine
come segno di bentornato fu ordinato di tener chiusi i finestrini del treno,
perché erano sporchi, laceri e ancora pieni di pidocchi e nessuno li doveva
vedere.
Dopo la guerra i sopravvissuti si rimboccarono le maniche per rimettere in sesto
questa nostra Italia in macerie e quando videro che qui il lavoro non bastava
non esitarono a lasciare il loro paese, spesso perdendosi oltre l'oceano.
Ancora sacrifici, umiliazioni, lavoro, sudore. Albania, Grecia, Russia ...
Toni Covre queste tragiche pagine della storia degli alpini e della nostra
storia le ha vissute tutte, compresa la "seconda naia" che lo vide prima
emigrare in Belgio e poi in Argentina.
Covre è stato poi protagonista di un'altra storia, una storia che nessun
romanziere avrebbe saputo inventare.
E' il racconto dell'amicizia sbocciata in terra russa tra Giulio Bedeschi ed il
suo attendente e narrata in quel romanzo così caro agli alpini.
Se la storia di Toni Covre è nota, non tutti sanno che lui, di queste vicende,
non ha mai parlato.
Il silenzio, infatti, è stata la nota profonda che ha accompagnato tutta la sua
esistenza, Covre preferiva che fossero gli altri a raccontare.
Gli era difficile ricordare, ma la Russia non lo abbandonava, ce l'aveva dentro,
con il ricordo dei combattimenti, della neve e del gelo, dei compagni caduti,
della disperazione, di quell'esperienza che aveva segnato per sempre la sua
esistenza.
La Russia tornava sempre, era ogni suo pensiero, era ogni giorno della sua vita
e continuava a riempire le sue notti, i suoi sogni, i suoi incubi.
Per tutto questo Toni Covre è stato un'icona degli alpini, ed erano in tanti a
salutarlo nella chiesa del suo paese un torrido martedì di luglio.
"Oggi vai a ricongiungerti con il tuo tenente e con i tuoi della 13" ha
ricordato don Ferruccio nella toccante omelia.
E nel tragitto dalla chiesa al cimitero c'era una lunga batteria di alpini ad
accompagnarlo.
La giornata era caldissima. e venivano alla mente le estenuanti marce di
avvicinamento al fronte sul Don, nella steppa bruciata dal sole, e quando la
sera la batteria si fermava e Toni Covre picchiava con le sue grandi mani sui
paletti per essere il primo e tirar su la tenda del suo tenente.
(GFDM)
La lunga fila di gagliardetti che ha reso omaggio a Toni Covre, nel giorno del
commiato