COL DI LANA |
Dicembre 2012 |
Salendo al Col di Lana proviamo ad immedesimarci negli sfortunati
protagonisti del primo conflitto bellico.
Mentre noi oggi, a cuor leggero,
stiamo assaporando tutto quanto di bello e appagante può offrire la montagna i
nostri nonni in grigioverde, in qualunque istante, potevano essere inquadrati
nel mirino del cecchino di turno.
Questa continua tensione poteva trasformarsi
in ossessione nel già alterato equilibrio dei nervi che poi, in ogni caso,
andava ad aggiungersi agli innumerevoli disagi che costituivano la quotidianità
in quella difficile, tremenda situazione. Pensiamo al freddo che accompagnava
costantemente i nostri militi in tutti i mesi invernali, 24 ore al giorno, senza
pause; gelo di una intensità tale da limitare i movimenti e rallentare persino i
riflessi.
Risultava normale essere esposti ai meno 30° o ritrovarsi rintanati
come talpe nelle gallerie, con alta probabilità oltretutto di far la fine del
topo.
La maledetta, insistente pioggia, nella precarietà dei pochi ricoveri o
ripari, rendeva inzuppati fradici i nostri soldati senza possibilità alcuna che
questi potessero a breve tempo rimettersi in condizioni accettabili.
Se per una
ragione qualsiasi era messo fuori uso il mulo con la cassa di cottura quel
giorno forzatamente veniva attuato il digiuno. Inoltre ogni militare ospitava
abitualmente sul proprio corpo un numero imprecisato di piccoli inquilini,
schifosi animaletti difficili da sfrattare.
Per noi ora tornare alla realtà di
tranquilli turisti nella odierna, piacevole escursione è come riaversi di botto
da un brutto incubo, al punto da non avvertire più neppure la fatica. La gioia
di raggiungere la cima ci coinvolge totalmente e sarà la costante che ci
accompagnerà nelle ore passate in altura.
Qui incontriamo solo amici, gente che
ti saluta volentieri e non lesina mai un sorriso; d’altronde quando si
frequentano questi luoghi, in queste circostanze, non si può che ricavarne
beneficio sia per il fisico che, soprattutto, per lo spirito.
In vetta al Col di
Lana c’è una depressione circolare che non è naturale ma provocata, è il
risultato dello scoppio della mina che ha consentito agli italiani di insediarsi
nel punto più alto del Fodom. Quella piccola area ospita ogni anno (prima
domenica di Agosto) una discreta folla di “pellegrini” che rendono onore a chi
ha dedicato all’Italia quanto di più prezioso possedeva.
Gli Alpini del Gruppo
di Pieve di Soligo questa montagna l’hanno adottata, la sentono quasi una cosa
loro dopo averla salita con una certa assiduità. Uno dei frequentatori più
presenti è Marsilio che da acuto osservatore qual è avrà censito anche gli
arbusti di ontano (arnèr); ci faremo dire da lui quanti sono.
Il vescovo di
Gubbio S.E. don Mario Ceccobelli, coadiuvato dal suo predecessore S.E. don
Pietro Bottaccioli, durante la funzione religiosa ci ha ricordato i
comportamenti che dovremmo adottare, sottolineando l’importanza di fare nostri i
principi di chi ci ha preceduti. Il cinque Agosto “ingroparse” all’esecuzione
del Signore delle cime è capitato a tutti i presenti, indistintamente; segno che
il coro alpino di Pieve di Livinallongo è riuscito nell’intento di toccare la
sensibilità di ognuno. Nella discesa, passando per il Panettone, raccogliamo
quasi con religiosità una nigritella che andremo a deporre al Sacrario di
Salesei; doveroso gesto ripetuto ad ogni sortita che riguardi il Col di Lana.
Per rendere esattamente l’idea delle sensazioni provate nell’assistere alle
cerimonie di vetta sarebbero necessarie le capacità descrittive del titolare
dell’acronimo G.F.D.M. Da queste righe gli proponiamo, per il 2013, una
scarpinata tranquilla sul Cappello di Napoleone; messaggio ricevuto? Bene, se
sarà recepito e attuato i lettori beneficiari potranno sicuramente ritenersi dei
fortunati. Passo e chiudo.
A.B.