CIMAVALLONA |
Dicembre 2013 |
Sopra i duemila metri c’è la neve caduta pochi giorni prima, a guidarci fino
a Forcella Cima Vallona. Il bianco manto alto tra i cinque e i dieci centimetri
e la temperatura di circa 3 gradi sopra allo zero, conferiscono un’atmosfera
diversa dal solito in questa che è l’ultima domenica di giugno. Qui la primavera
non è ancora arrivata e solo qualche piccolo fiore di montagna vincendo il
freddo, fa capolino negli angoli più riparati. Sono sensazioni nuove che si
aggiungono alle altre provate precedentemente in questo luogo bellissimo
diventato famosa non per questo, bensì per essere stato teatro della violenza
più vigliacca ed assassina. Mettere una bomba o una mina e poi scappare per
godere della morte innocente, non può trovare giustificazione. E qui oltre alla
mancata giustificazione tutto è rimasto impunito perché non si è potuto o forse
non si è voluto. Ogni anno si sale ai 2362 metri per voler ricordare quel 25
giugno 1967 e non lasciare che il tempo che passa inesorabile, ricopra d’oblio
le figure di Armando Piva, Francesco Gentile, Mario Di Lecce, Olivo Dordi e
Marcello Fagnani che si salvò per miracolo ma che porta nel suo volto e nel suo
corpo in maniera indelebile ed inequivocabile i segni dell’attentato. Non siamo
in tanti, siamo quel numero giusto qui sopra: più o meno una sessantina. E così
la piccola cerimonia davanti al sacello rimane sentita in modo profondo e non
diventa una manifestazione chiassosa e mondana.
E’ presente come sempre, Gabriella Piva sorella di Armando e ci sono Amatore ed
Ottavio Dordi fratelli di Olivo. Più tardi a Cappella Tamai ci saranno Marcello
Fagnani, l’unico superstite e la signora Gabriella Di Lecce vedova di Mario.
Le parole del sindaco di San Nicolò Comelico Giancarlo Ianese aprono la
celebrazione che continua con la lettura delle preghiere delle associazioni
d’arma. Infine l’intervento commosso di Nino Geronazzo che accende il cuore di
chi lo ascolta. Presenziano i vessilli di Cadore, Conegliano e Treviso assieme a
una decina o quasi di gagliardetti. C’è anche un commilitone di Armando Piva
giunto dalla provincia di Brescia per onorarlo.
Sono questi i momenti in cui si può trovare il modo di raggiungere
spiritualmente quei sventurati servitori dello stato.
Si ritorna poi a Sega Digon ove come ogni anno si tengono i discorsi ufficiali,
quest’anno quasi tutti non sono lunghi e neppure eccessivamente retorici. Tra
tutti, non lo diciamo per partigianeria, spiccano le parole del Vice presidente
ANA Nino Geronazzo che con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue, non
può tacere la mancata presenza delle autorità politiche altoatesine sempre
presenti negli anni precedenti. Forse neppure l’ Adunata Nazionale è riuscita a
portare alcune modifiche alle arroccate posizioni di quella gente. E’ amaro
questo calice, ma non per questo perderemo la voglia di ritornare quassù per non
dimenticare.
La giornata diventa radiosa come poche dopo l’uggiosità mattutina e termina come
già successo presso lo chalet a Passo S. Antonio del mitico Carlo Sala.
In questa baita ove il pranzo è squisito come l’accoglienza, sono passati
diversi personaggi importanti tra gli alpini, presidenti, generali e via dicendo
ma anche alpini normali perché il padrone di casa è veramente uno dei nostri.
Renzo Sossai