FOIBA DI BASOVIZZA |
Maggio 2013 |
Il 10 febbraio si celebra la giornata del ricordo, istituita nel 2004 come
solennità nazionale con legge dello stato italiano, in memoria di tutte le
migliaia di vittime della violenza di Tito, degli infoibati e delle decine di
migliaia di sfollati esuli istriani, dalmati e giuliani.
Noi eravamo stati invitati dall'amico Dario Burresi della sezione di Trieste, ed
è così che tre baldi giovani della sezione di Conegliano sono partiti alla volta
di Basovizza.
Una volta arrivati abbiamo subito incontrato il resto del gruppo della nostra
Sezione capitanato dal presidente Bepo, con vessillo sezionale e quasi tutti i
30 gagliardetti dei nostri gruppi, il nostro coordinatore giovani Christian
Boscarato e Lino Chies ospite di amici della sezione di Trieste e il nostro
presidente nazionale Corrado Perona con cui ci siamo intrattenuti a parlare. Il
presidente ci ha ricordato quanto si aspetti da noi giovani l'ANA, oltre a darci
qualche consiglio e farci gli auguri per tutto il gruppo giovani della nostra
sezione. Grazie Presidente.
Abbiamo avuto l'onore di “scortare” il presidente Perona fino al luogo della
cerimonia .Il monumento sembra, anzi è un enorme piastra di metallo, sovrastata
da una croce, che funge da “tappo” per la voragine sottostante che tanti uomini
ha inghiottito. La foiba di Basovizza non è propriamente una vera e propria
foiba carsica, è il pozzo di una vecchia miniera di carbone scavata all'inizio
del ventesimo secolo (gli scavi furono iniziati dall'industriale cecoslovacco
Karl Von Skoda nel 1901) fino a una profondità di 256 metri. In fondo al pozzo
fu scavata una galleria nella direzione del monte Concusso, ma la quantità di
carbone trovato era del tutto insufficiente e la miniera venne abbandonata. Poi
verso la fine della seconda guerra mondiale diventa luogo di tragici eventi,
causati dall'odio della follia umana.
Sono presenti il gonfalone della città di Triste e di molte altre città e
provincie, il nostro labaro nazionale oltre ad altre centinaia di vessilli,
gagliardetti e stendardi di associazioni. Oltre alla numerose delegazioni
pervenute sono presenti i cadetti della scuola militare Nunziatella di Napoli e
autorità civili e militari
Il vescovo di Trieste celebra la messa al termine della quale avviene la
deposizione della corona d’alloro sul monumento e i discorsi di rito.
Finita la cerimonia ci incontriamo con l'amico Dario, e alcuni suoi ospiti, due
presidi di istituti piacentini e una delegazione della polizia penitenziaria di
Trieste, con i quali andiamo a visitare la foiba di Plutone dove trovarono la
morte 20 guardie carcerarie, oltre a chissà quante altre persone, che al momento
della presa del carcere erano in servizio presso la struttura che ospitava anche
prigionieri politici comunisti, e questa fu la loro condanna.
Salutati gli amici della polizia penitenziaria andiamo a visitare il Centro di
raccolta profughi di Padriciano, gestito dall'unione degli Istriani e dalla
Libera Provincia dell'Istria in esilio.
Centinaia di migliaia di italiani esuli dei territori consegnati alla Jugoslavia
vi furono confinati in condizioni di vita indecenti e precarie. Il centro ospita
documenti oggetti e addirittura mobilia lasciata lì dai profughi, oltre a una
mostra fotografica che documenta la vita all'interno del centro. Un luogo
dimenticato dalla politica, dalle istituzioni e dalla storia, un luogo che
merita di essere conosciuto e visitato, magari in qualche gita alpina.
La nostra spedizione si conclude al ristoro alpino presso l'Osteria ai Pini dove
assieme a molti alpini convenuti alla cerimonia, al presidente della sezione di
Trieste, a parte del consiglio nazionale e al nostro presidente Perona passiamo
un momento conviviale con classica “cantada” finale.
Simone Algeo & Alberto Galli
Con la legge n° 92 del 30 marzo 2004 la Repubblica Italiana ha istituito “il giorno del ricordo”. Questa solenne commemorazione viene celebrata il 10 febbraio di ogni anno a Basovizza (Trieste). In questa località del capoluogo giuliano situata sull’altopiano del Carso, a 377 metri d’altitudine, un profondo pozzo minerario abbandonato per improduttività divenne una grande e orrenda tomba per quegli italiani presenti nel territorio nella primavera del 1945, durante l’occupazione delle truppe Jugoslave. Era gente di ogni ceto ed estrazione sociale, politica e religiosa, alcuni fascisti, molti altri col solo torto di essere di nazionalità italiana. Requisiti nei rastrellamenti, venivano caricati nei così detti “camion della morte” per essere portati davanti alla cavità del pozzo profonda 256 metri. Con le mani legate e martoriate dal fil di ferro, avvinghiati ed incatenati a piccoli gruppi, venivano mitragliati e poi scaraventati nel fondo. Chi in un primo tempo riusciva a salvarsi dalle raffiche, moriva sfracellato o dopo una terribile agonia fra i cadaveri degli altri compagni di sventura. Si calcola che a Basovizza le vittime siano state oltre duemila. Nel 1992 il pozzo-foiba di Basovizza è diventato monumento nazionale. La parola “foiba” deriva del celebre inghiottitoio di Pisino (Istria) a dello stesso torrente che si riversa nelle sue viscere. Queste particolari ed infide cavità, simili ad un imbuto rovesciato, sono molto diffuse nella zona carsica istriana, se ne contano a migliaia. Già prima della primavera del 1945, questa sorte terribile era toccata, in vari periodi storici, ad altre persone scomode e da eliminare. Non sono da dimenticare le diverse atrocità commesse dai nazi-fascisti durante la loro occupazione, ma ciò che successe in un primo momento nel settembre-ottobre 1943 e maggiormente nel maggio 1945 fu un vero genocidio. Non esistono cifre ufficiali al riguardo delle vittime ma più approfonditi e recenti studi indicano fra le 5.000 e le 15.000 le morti potenziali tra la quarantina di foibe di cui quella di Basovizza è la più grande e le deportazioni nelle carceri e nei lager jugoslavi. Il regime di Tito non fermò la vendetta contro gli italiani dalmati giuliani bensì incoraggiò l’accanimento terroristico. Cominciò così l’esodo dalla terra in cui erano nati, spogliati dei loro beni conquistati con il sudore del lavoro. Gli esuli dalmati giuliani con le poche ed essenziali cose raccolte, varcarono il confine sperando nell’accoglienza dei connazionali. Si stima che siano stati dai 270.000 ai 350.000. Venivano da un paese comunista e questo bastò per creare con estrema superficialità l’appellativo di fascisti. Molti di loro furono accolti con disprezzo e repulsione come fossero degli appestati. Erano solo degli italiani che meritavano solidarietà. Queste vicende non erano del tutto sconosciute ai media di allora. Il ritrovamento degli infoibati sul Caso era stato ripreso dai cineoperatori, ma la ragion di stato, la guerra fredda, l’ipocrisia più indecente e il menefreghismo più meschino avevano cancellato dalla storia questi tragici eventi. Non c’erano e non ci sono nei libri di scuola. Finalmente, anche se in modo tardivo ed ancora contestato dai negazionisti, è stato tolto il vergognoso oblio in cui tutto era stato condotto. Davanti alla morte e alla sofferenza ci dovrebbe essere rispetto e considerazione, in questo caso invece dell’umana pietà non c’è stata traccia, solo accanimento e speculazione.
Domenica 10 febbraio 2013
La giornata è soleggiata, quasi una rarità in questo inverno. Non c’è la bufera
di altre volte ma fa comunque freddo qui a Basovizza. Il freddo lo senti dai
piedi che calpestano un sottile manto di neve e lo senti poi salire da dietro la
schiena quando inizia la cerimonia. Forse per il sole, forse perché cade di
domenica “il giorno del ricordo” di quest’anno raccoglie una partecipazione più
numerosa del solito. Oltre ai gonfaloni di Trieste e Muggia e agli indomiti
esuli giuliani, fiumani e dalmati ci sono le associazioni d’arma. Tra
quest’ultime spiccano gli alpini, arrivati qui a portare la propria solidarietà
in massa. Circa 400 penne nere, 21 vessilli sezionali, 126 fiamme dei gruppi
scortano il labaro nazionale con il presidente Corrado Perona e diversi membri
del C.D.N. tra i quali il vice presidente Nino Geronazzo. Una compagnia della
scuola militare Nunziatella con 60 allievi ufficiali e un picchetto armato
impreziosisce questa commemorazione nazionale. Mancano quest’anno i politici
importanti. Siamo in piena campagna elettorale e non se la sono sentita di
partecipare a questa cerimonia, evitando discussioni e polemiche facendo
arrivare da distante le loro parole. A nostro avviso ne giova l’atmosfera di
questa celebrazione, priva di faziosità e opportunismi. La Santa messa è
officiata dall’arcivescovo di Trieste Mons. Giampaolo Crepaldi. E’ una funzione
caratterizzata dall’omelia del presule che con pacata e lucida disamina dei
fatti successi, non esita nel dire che fu pulizia etnica: Le parole del vescovo
si espandono nell’aria mentre tutto tace e la commozione si insinua evidente nei
presenti. Gli fa eco il sindaco di Trieste Roberto Casolini sottolineando
l’importanza della commemorazione odierna che oltre a lenire in parte le ferite
della memoria, fa ricordare e comprendere tutte le varie vicende così complesse
e dolorose in una logica convivenza nazionale ed europea. Prima del sindaco
abbiamo ascoltato la “preghiera dell’infoibato” ed alcuni versi poetici che ci
hanno dato la possibilità di meditare ulteriormente. La cerimonia continua poi
con la visita ad altri luoghi, teatri purtroppo di aberranti atrocità che non
dobbiamo dimenticare. Siamo in tanti qui a Basovizza da Conegliano, siamo giunti
in oltre settanta unità accogliendo l’invito come gli scorsi anni del presidente
ANA di Trieste Fabio Ortolani. Non manca il mitico Lino Chies che scorgiamo
assieme al fraterno amico Aldo Innocente: Dovevamo venir qui per il debito
morale che ogni cittadino italiano ha con questi morti dimenticati per troppi
anni. La presenza del labaro nazionale e di tutti questi alpini è uno degli
ultimi atti da presidente di Corrado Perona che anche in questa occasione ha
dimostrato la sensibilità più sincera e genuina, vero esempio per tutti noi.
Renzo Sossai