IL GEN. BIAGIO ABRATE A CONEGLIANO


Dicembre 2015

L’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa al Convento di San Francesco per una conferenza sul modello di difesa dello Stato italiano. Un pubblico numeroso, attento e partecipe, ha seguito l’incontro cui hanno presenziato i presidenti sezionali e i direttori delle testate alpine trevigiane

Uno degli ultimi eventi del 2015, promosso dalla Sezione ANA di Conegliano per celebrare il Novantesimo di fondazione, è stato quello all’ex Convento di San Francesco, a Conegliano, presente il Generale di corpo d’armata Biagio Abrate, Capo di Stato Maggiore della Difesa dal 2011 al 2013.
Il 9 ottobre scorso, il generale Abrate, davanti a una platea folta e attenta, ha illustrato gli aspetti ordinativi del modello di difesa che l’Italia ha adottato e via via definito negli scenari nazionale e internazionale in questi ultimi anni, rispondendo poi alle domande del pubblico e dei direttori delle testate alpine trevigiane.

Prima di ricoprire il prestigioso incarico di Capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Abrate è stato Segretario Generale della Difesa e Capo di Gabinetto del Ministero della Difesa, lavorando con 3 diversi governi.

All’inizio del 2012 il generale Biagio Abrate ha promosso un progetto di rinnovamento della struttura militare, alla luce delle difficoltà derivanti dalla crisi economica internazionale. “Si è partiti dal budget assegnato e si sono individuati i compiti da assolvere prioritariamente, riducendo al minimo le spese e anche i tagli del personale – ha spiegato il generale Abrate – un lavoro costruito in continuo dialogo con i Capi di Stato Maggiore dell’Esercito, teso a corrispondere il servizio con inalterata operatività e sostenibilità finanziaria”.

L’esercito italiano, nel periodo 2013-2024, subirà un taglio di 40 mila unità (da 190 mila a 150 mila) per la parte militare e di 10 mila unità di operatori civili. Le Brigate passeranno da 11 a 9 ma non ci saranno solo tagli. Il generale Biagio Abrate ha spiegato come la strategia militare moderna necessiti di un potenziamento della componente aerotattica, che significa più aerei convenzionali e più aerei a decollo verticale, con un incremento graduale delle unità.

L’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa ha avuto parole di grande apprezzamento ed elogio per l’Arma dei carabinieri, definendola “la più importante, perché essenziale per la sicurezza interna”. Ha poi risposto ad alcune domande del pubblico.

Su un punto dolente del sistema di difesa italiano, quello che prevedeva la leva obbligatoria, il generale Abrate è stato categorico. Ha sostenuto che la “vecchia” impostazione di un esercito fatto di tanti uomini e pochi mezzi non era più sostenibile nello scenario internazionale che si andava delineando e che quindi la scelta politica di passare a un esercito di professionisti, ridimensionato nei numeri ma potenziato nelle professionalità, è stata giusta.

Rispondendo alle domande del pubblico, altrettanto esplicito è stato nell’affrontare il problema delle donne nell’esercito. Il generale Abrate ha sostenuto che l’inserimento delle donne nell’esercito è stato un fatto molto positivo, ma che per le zone di guerra è necessario avere personale in grado di esprimersi assolutamente alla pari dei colleghi maschi: “Le donne hanno portato una ventata di novità nell’esercito italiano, ma dal punto di vista operativo sono perfette per determinati ruoli, meno per altri”.

Il generale Abrate non si è sottratto a domande di attualità e molto sentite come quella sui due Marò italiani, Massimiliano Latorre e Francesco Girone, detenuti in India. Ha sostenuto che la faccenda è passata a un livello politico e che quella dell’India è una mossa politica: “un paese che ha grandi intelligenze, ma che deve far sentire la sua importanza, per questo si comporta così”. Poi la sentenza: “è una prigionia”.

Sullo scenario internazionale il generale Abrate ha sostenuto che il pericolo non è l’Afghanistan, ma che è la Libia a preoccupare di più. “La politica non era pronta a quella guerra. In Libia c’è stato un errore di valutazione; si è fatta una guerra e non sono stati raggiunti gli obiettivi che si volevano raggiungere. La Libia è un pericolo perché non c’è una guida unica, più che una primavera araba, quello libico sembra un inverno. In quel ventre molle, l’Isis può muoversi agevolmente da tutte le parti”.

Antonio Menegon

 


Il pubblico in sala


In sede alpini ad Ogliano