Dal Bosco al Piave con l'Adunata nel cuore |
![]() Giugno 2016 |
Andare al bosco delle Penne Mozze la vigilia di Natale?
È un pellegrinaggio? Non lo è perché non ci sono chiese, né
santi taumaturghi.
Non è un cimitero perché nessuno li è sepolto.
Non c’è nulla da raccogliere, non fiori perché è inverno, non
castagne; la stagione è avanti ormai.
Andarci per non portare nulla a casa è quasi una contraddizione
in questa giornata che molti trascorrono con affanno per comprare, comprare e
ancora comprare.
Ho portato a casa emozioni. Quanto valgono sul mercato?
Non sono quotate però rendono l’Anima leggera, il ricordo come
una fiamma che ha bisogno di aria nuova.
Aprite la porta che entri un refolo di vento!
Questo sono le cerimonie degli alpini: ricordo, propositi di
armonia, desiderio di fare per gli altri, chiunque essi siano.
Alla vigilia dello scorso Natale il clima ci ha aiutati.
Non c’è che dire anche se in tutti c’è il desiderio di aria
pulita e pioggia o magari neve.
Il sole che illuminava il bosco sopra i cippi già in ombra dava
un risalto ai colori ancora autunnali dei faggi più in alto. Solo gli abeti che
come guardiani del luogo, austeri e silenziosi perché non c’era un alito di
vento a scuoterli avevano l’aspetto di verdi colonne di una chiesa senza
copertura; ma il tetto c’era, ed era azzurro screziato di bianco.
Ai piedi dell’altare uno sfavillare di aquile dorate di decine
di gagliardetti, forse settanta o magari di più. Simboli dei Gruppi delle
Sezioni del trevigiano ma anche di altri provenienti dalle province vicine, da
altre regioni d’Italia e forse trecento alpini silenziosi e partecipi.
Sono state lette le lettere di due alpini, le ultime della loro
vita, caduti durante la Grande Guerra sulle montagne. Parole angoscianti per la
paura di andarsene così giovani, ma ricche di sentimento, di essere nel giusto,
con la speranza che la sofferenza e il sacrificio non sarebbero stati vani.
Le parole del presidente Favero così incisive ci hanno esortati
a sperare, a operare per un futuro di serenità, a continuare a essere sempre
disponibili e d’esempio per la società, a essere lievito.
In un silenzio che solo chi è capace di stare in allegria, ma sa
imporselo con facilità quando bisogna, è stata letta la preghiera dell’alpino. I
brani cantati dal Coro Col di Lana hanno fatto vibrare le nostre emozioni e le
voci leggere hanno inondato il bosco di note dolci e, chissà fin dove sono
giunte.
Certamente fino sopra le cime dei monti sopra quella stretta
valle che ospita tanti ricordi.
In tutti noi era comunque presente la responsabilità di essere
all’inizio di un’avventura che ci porterà nel maggio del ’17 a ospitare
l’adunata del Piave.
E sarà la nostra adunata, quella del ricordo e dell’orgoglio di
portare la testimonianza che il sacrificio di centinaia di migliaia di fratelli
non è stato vano.
Luigino Bravin