IL DOVEREDE DELLA TESTIMONIANZA |
Dicembre 2019 |
Quando
a metà ottobre ho dato una mano a Giancarlo De Stefani, capogruppo degli alpini
di Colfosco, per pubblicizzare attraverso Internet l’evento culturale sul
trekking in Russia da lui compiuto (con altri 10) nell’inverno del 2018, sulle
orme degli alpini in ritirata, ho provato un senso di rabbia ma anche di
impotenza. E' successo che a un mio “post” (si chiama così…) su Facebook, che
ricordava l’appuntamento con la serata “Russia 1943-2018, il viaggio”, una
persona abbia risposto “Già sono morti per nulla... ancora ad insistere con
queste povere anime?”.
Generalmente non rispondo ai cosiddetti “post”, stavolta però non sono riuscito
a stare zitto. Pacatamente, ho risposto così: “mi permetto di dire che quelle
“povere anime” come lei le ha chiamate, sono destinate all'oblio se nessuno più
ne parla, e si andrà a dimenticare anche in quali circostanze e per quali motivi
migliaia di uomini sono stati mandati a morire “per nulla” come lei ha ben
detto”.
La nostra associazione ha tra i compiti primari quello della memoria;
esercitiamo questo impegno in tante occasioni, dalle cerimonie davanti ai
monumenti, alle serate di cultura, all’impegno in favore dei “vivi” ricordando
chi non c’è più, ma i cui valori continuano a ispirarci. I social network (Facebook,
Instagram, YouTube ecc.) possono essere mezzi potenti per far conoscere la
storia, promuovere eventi, pubblicizzare attività di volontariato. Basti pensare
alla funzione che ha il profilo Facebook della nostra Sezione o il telegiornale
dell’ANA nazionale distribuito su YouTube.
Ma c’è un rovescio della medaglia e riguarda soprattutto i comportamenti
individuali. Sui social network tutti possono parlare di tutto, ergendosi ad
esperti anche quando esperti non si è affatto. Tutti possono replicare e
condividere falsità spacciandole per verità assolute. Strumenti belli e
democratici i social network, ma se quello che viene detto, scritto o condiviso
è falso, oppure offensivo, oppure istigatorio, allora il problema esiste ed è
più grande di quello che sembra.
Il professor Umberto Eco, filosofo, scrittore e tanto altro, ha detto: “I social
media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al
bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano
subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio
Nobel”.
I valori che ispirano gli alpini sono ben chiari e nulla hanno a che fare con la
cattiveria, la denigrazione e il razzismo che, talvolta, si respira sulle pagine
dei social network.
I nostri esempi sono e rimangono gli alpini che si impegnano in soccorso di chi
ha bisogno, gli alpini che nei paesi curano il bene comune, gli alpini che
sfilano portando un cuscino col cappello del papà andato avanti o del nonno
caduto in guerra, gli alpini che non rinunciano a testimoniare il loro
attaccamento al cappello e ai suoi valori nonostante gli impedimenti fisici.
Allora anche nell’utilizzo dei social network, come nel parlare quotidiano,
continuiamo a testimoniare da alpini la nostra cultura fatta di solidarietà e
giustizia, di attaccamento ai valori fondanti della democrazia e di rispetto
delle Istituzioni. Buon Natale a tutti voi.
Antonio Menegon