1921-2011 CENTENARIO DEL MILITE IGNOTO |
Dicembre 2021 |
In tutta Italia è stato degnamente celebrato il centenario con un vasto programma di manifestazioni ed eventi nel segno del ricordo, in particolare con il treno della memoria che ha ripercorso il viaggio compiuto cento anni prima per portare la salma del Milite ignoto da Aquileia a Roma. La pratica di avere una tomba del Milite Ignoto si diffuse dopo la prima guerra mondiale, un conflitto in cui il numero di corpi non identificati fu enorme; fino ad allora i monumenti erano dedicati solo ai condottieri: per i caduti c’erano cimiteri di guerra.
La prima tomba di milite ignoto dopo la prima guerra mondiale fu creata in Francia, sotto l’arco di trionfo a Parigi e in Inghilterra all’abbazia di Westminster per le commemorazioni dell’11 novembre 1920. In Italia dopo ampia discussione fu deciso che la salma sarebbe stata tumulata al Vittoriano, il cosiddetto Altare della Patria, e così avvenne il 4 novembre 1921, terzo anniversario della vittoria, esattamente 100 anni fa, ebbe luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel sacello dell’Altare della Patria. Dopo la 1^ guerra mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività nella salma di un anonimo Combattente, caduto armi in pugno. In Italia l’allora Ministero della guerra dette incarico ad un’apposita commissione di esplorare tutti i luoghi nei quali si era combattuto e di scegliere una salma ignota e non identificabile per ognuna delle zone del fronte: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Undici salme, una sola delle quali sarebbe stata tumulata a Roma al Vittoriano, furono trasportate nella Basilica di Aquileia. Qui venne operata la scelta tra undici bare identiche.
A guidare la sorte fu chiamata una popolana di Trieste, Maria Bergamas, il cui figlio Antonio – disertore dell’esercito austriaco e volontario nelle fila italiane – era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato. Il Feretro prescelto fu trasferito a Roma su ferrovia, con un convoglio speciale a velocità ridotta sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, ricevendo gli onori delle folle presso ciascuna stazione e lungo gran parte del tracciato. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei Caduti, con il Re in testa, e le Bandiere di tutti i reggimenti attesero l’arrivo del convoglio nella Capitale e mossero incontro al Milite Ignoto per rendergli solenne omaggio. Il Feretro fu poi scortato da un gruppo di dodici decorati di Medaglia d’Oro fino alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, al cui interno rimase esposto al pubblico. L’epilogo avvenne il 4 novembre 1921 con una solenne cerimonia. Più di trecentomila persone accorsero per quel giorno a Roma da ogni parte d’Italia e più di un milione di italiani fece massa sulle strade della Capitale. Il corteo avanzò lungo Via Nazionale, lungo la quale erano rappresentati i soldati di tutte le armi e di tutti i servizi dell’Esercito. Dinanzi al gran monumento, in piazza Venezia, uno smisurato picchetto fu schierato in quadrato, mentre 335 Bandiere dei reggimenti attendevano il Feretro. Prima della tumulazione, un soldato semplice pose sulla bara l’elmetto da fante. I militari presenti e i rappresentanti delle nazioni straniere erano sull’attenti, mentre tutto il popolo in ginocchio. Il feretro del Milite Ignoto veniva quindi inserito nel sacello e così tumulato presso quel monumento che poteva ora ben dirsi Altare della Patria.
“DEGNO FIGLIO DI UNA STIRPE PRODE E DI UNA MILLENARIA CIVILTÀ, RESISTETTE INFLESSIBILE NELLE TRINCEE PIÙ CONTESE, PRODIGÒ IL SUO CORAGGIO NELLE PIÙ CRUENTE BATTAGLIE E CADDE COMBATTENDO SENZ’ALTRO PREMIO SPERARE CHE LA VITTORIA E LA GRANDEZZA DELLA PATRIA.”
Lettera di Antonio Bergamas scritta alla madre il giorno prima di morire
in battaglia.
“Domani partirò per chissà dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu
riceverai questa mia, io non ci sarò più. Forse tu non comprenderai questo, non
potrai capire come non essendo io costretto sia andato a morire sui campi di
battaglia… Perdonami dell’immenso dolore ch’io ti reco e di quello ch’io reco al
padre mio e a mia sorella, ma, credilo, mi riesce le mille volte più dolce il
morire in faccia al mio paese natale, al mare nostro, per la Patria mia
naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli
sassosi della Serbia, per una Patria che non era la mia e che io odiavo. Addio
mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio. Se muoio, muoio coi
vostri nomi amatissimi sulle labbra, davanti al nostro Carso selvaggio”
Simone Algeo
Basilica di Aquileia: le undici bare di undici ignoti
Maria Bergamas
Il sarcofago
Le madri e le vedove
Il carro ferroviario
Il re Vittorio Emanuele II segue la bara