Largo Bortolotto |
Luglio 2021 |
Nel 2019 il comune di Conegliano ha intitolato a Giovanni Bortolotto lo slargo davanti alla Chiesa di San Martino. Lasciando sulla destra la chiesa e prima di imboccare la passerella realizzata dagli alpini lungo il fiume Monticano, si può entrare nel parcheggio interno tra il museo e l’edificio dell’ex Caserma Marras, dove sono sorti tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 il 6° e il 7° reggimento alpini e il gruppo Conegliano del 3° Reggimento di Artiglieria.
L’intitolazione a Giovanni Bortolotto del largo davanti all’ingresso del museo è sicuramente un meritato tributo ad un giovane artigliere del gruppo Conegliano del 3°°artiglieria da montagna.
Giovanni Bortolotto, nato a Vittorio Veneto l’11 aprile 1918 e cresciuto ad Orsago, venne arruolato a fine marzo del 1939 e dopo alcuni mesi fece la sua prima esperienza in guerra sul fronte greco-albanese, anche se la medaglia d’oro al valor militare alla memoria gli fu attribuita per il suo comportamento sul fronte russo, nella battaglia del Don, dove morì il 30 dicembre 1942.
Ma come ricordato nel della sezione ANA di Conegliano, Bortolotto fin dall’inizio del suo servizio fu un militare esemplare, meritandosi sul fronte greco-albanese nel 1940 la croce di guerra al valore.
Di questo giovane sergente di artiglieria si racconta appunto un singolare
episodio che gli fece guadagnare, sul fronte greco-albanese la Croce di Guerra.
Sul libro di Rosero, Alpini della Julia, si riporta il racconta di Giulio
Bedeschi: “Uscito con una pattuglia di ricognizione verso le linee greche era
partito imprecando, perché costretto a lasciare il cappello alpino per calzare
l’elmetto. Ferito ad una coscia da una pallottola greca che lo faceva
stramazzare a terra, veniva catturato dai greci, disarmato e avviato verso le
retrovie. Zoppicante, scortato da due soldati greci con la baionetta innestata,
si trascinava lungo un sentiero imprecando contro la ferita e la malasorte che
lo aveva eliminato dalla lotta facendolo cadere prigioniero. Ma quando si
accorse di trovarsi isolato con quei due, agguanto l’elmetto che nelle sue mani
poderose divenne un’arma terribile, li aggredì fulmineo e li mise fuori
combattimento. Tornato sui suoi passi, piombò sulla trincea greca, afferrò una
mitragliatrice, catturò alcuni soldati greci e con questi allibiti prigionieri
rientrò nelle linee della "Julia".
Più “colorita” la descrizione dell’impresa di Bortolotto, definito come un “un nostro erculeo alpino” anche se non citato per nome. Su “La Tribuna Illustrata” del 26 gennaio 1941, a commento di un disegno di Vittorio Pisani si scrive: “Una straordinaria avventura sul fronte greco. – Un nostro erculeo alpino della Divisione "Julia", fatto prigioniero, balzava, fulmineo, addosso ai due soldati nemici che lo scortavano verso le retrovie, accoppandoli con l’elmetto che aveva strappato a uno di essi. Riacquistata, così, la libertà, poteva rientrare nelle file del suo reparto”.