LA CAMPAGNA DI RUSSIA


Luglio 2023

Cargnacco: il tempio dei Caduti e dispersi in Russia


Consegna della piastrina di Piero Pagni

Il Tempio di Cargnacco è stato realizzato per volontà di Mons. Carlo Caneva, che è stato cappellano della Tridentina in Russia durante la Seconda guerra mondiale, per ricordare gli oltre 90.000 Caduti e Dispersi in Russia che così racconta di quando e come venne ideata l’iniziativa: «Fu un Alpino il primo che ne maturò l’idea: il colonnello Ezio Leonarduzzi comandante il Battaglione Tolmezzo. Prigioniero nel lager di Susdal, mi diceva spesso: “I russi non ci restituiranno mai le salme dei nostri morti né rispetteranno i cimiteri di guerra ove noi abbiamo sepolto quelli caduti in combattimento o le fosse comuni in cui essi hanno interrato, accatastato, le decine di migliaia dei nostri, deceduti in prigionia. Se torniamo, dobbiamo fare qualcosa perché la loro memoria ed i loro nomi non siano dimenticati. Dobbiamo ottenere dai russi almeno una salma di un nostro caduto ignoto, che tutti li rappresenti”.
Appena rientrato in Patria don Caneva fu assegnato alla parrocchia di Cargnacco, che aveva sede nell'attuale museo gestito dall'Unirr, e cominciò a raccogliere i fondi per realizzare il Tempio adiacente. La prima pietra fu posta il 9 ottobre 1949 e i lavori si conclusero con la consacrazione l'11 settembre 1955. Il Tempio svetta nella campagna friulana su una piazza, intitolata a don Caneva, circondata dai 12 cippi che ricordano le divisioni ed i reparti dell’Armir e dai 14 piloni portabandiera. Al centro c'è una grande asta portabandiera che riprende alla base lo schieramento dell'Armir sul fiume Don.

L’edificio è opera dell’architetto udinese Giacomo Della Mea. Si articola con un volume principale diviso in quattro livelli, dalle tre aperture nella base, di marmo bianco, e dai tre ordini di arcate soprastanti, l’ultima delle quali scandita in sei archi per alleggerire il rapporto col cielo; ai lati si affiancano arretrati due corpi pieni. I due orologi simmetrici posti sulle sommità dei corpi laterali ricordano simbolicamente il tempo trascorso nell’attesa dalle madri e dalle spose dei soldati. L’interno è costituito da un'ampia aula con arcate, decorata da pregevoli mosaici (scuola di Spilinbergo e artisti locali), dall’affresco di controfacciata, cicli ceramici, bassorilievi bronzei e vetrate policrome che raccontano le vicende dell’Armir. Le decorazioni sono in gran parte opera di artisti reduci essi stessi della Campagna di Russia.

L’Ossario è ospitato nell’ampia cripta sottostante l’abside. In seguito alla caduta del muro di Berlino è stato possibile il rimpatrio di numerosi Caduti ancora sepolti in cimiteri di guerra sul Don, la cui esistenza era stata fino ad allora negata. Ad oggi il Commissariato per le Onoranze ai Caduti ha tumulato oltre 8.000 salme, tra Ignoti e Caduti identificati, mentre più di 3.000 sono state restituite su richiesta alle famiglie. Nel vano circolare è posizionata l’arca sepolcrale del Milite Ignoto dell’Armir, il primo Caduto rientrato in Patria nel 1990. I nomi degli oltre 90.000 soldati che non fecero più rientro dalla Campagna di Russia sono riportati nei 24 volumi sorretti dai leggii posti nell’aula dominata dalla scritta “Ci resta il nome”.

Proprio in questo Tempio Ossario il 5 febbraio 2023 ha fatto ritorno la piastrina di riconoscimento del Ten. Enzo Pagni. Come raccontato nel numero di dicembre 2022 di Fiamme Verdi, la piastrina, dopo il ritrovamento, era stata consegnata al nipote Piero Pagni, il quale non ha avuto dubbi o tentennamenti nel portarla al Tempio di Cargnacco, dove in occasione dell’80 anniversario della battaglia di Nikolajewka con una cerimonia tanto solenne quanto sobria, alla presenza della Bandiera di guerra del 3°artiglieria da montagna, la più decorata tra i reggimenti di artiglieria dell’Esercito, con il picchetto d’onore, sempre del 3°, la fanfara della brigata Julia, il Labaro scortato dal presidente Sebastiano Favero e dal comandante della Julia, gen. B. Fabio Majoli, si è ricongiunta idealmente ai resti mortali dell’eroe.

Gino Ceccherini