CORALITA' ALPINA

Gino Ceccherini


Luglio 2024

NOTE DI CORALITA' ALPINA

Cantare per darsi coraggio: quando il freddo e la guerra tolgono ogni speranza, le voci unite in coro possono dare calore e forza. Così nascevano i canti degli Alpini, nei momenti più difficili o più belli: condividere la gioia per un pericolo appena scampato, consolarsi per la morte di un commilitone, gioire per una vittoria o celebrare la fine della guerra.

Nelle trincee sotto i colpi di fucile, oppure nelle piazze nei momenti di pace, che non dimenticano mai però quelli di guerra. I canti degli Alpini venivano cantati da tutti, senza distinzione di grado o provenienza. L’ufficiale e il soldato semplice stavano vicini, e nel coro diventavano uguali: uomini col bisogno di esprimere le proprie emozioni, di condividere l’esperienza, di sentirsi parte di un reggimento.

Dei canti alpini intonati durante la Prima Guerra Mondiale sono rimaste poche tracce, poche canzoni di cui molte peraltro distinte nelle varianti linguistiche, peculiarità regionali e rifacimenti. Segno questo, senz’altro, del grande proliferare di componimenti in tutte le regioni d’Italia. Nel corpo degli Alpini troviamo numerosi canti di guerra: molti parlano delle battaglie, altri sono un inno all'Italia o al valore alpino; molti, però sono veramente toccanti, mettendo in risalto gli aspetti più crudi della guerra: la morte del capitano, il dolore dei soldati, la crudeltà degli imperatori e quasi sempre la morte di tanti soldati: "tutti giovani sui vent'anni".

La musica, semplice ma diretta al cuore, unita a parole profonde e solo apparentemente “facili” da rimare in poche strofe, si offrono come un vero e proprio arsenale identitario per ciò che è diventato un mito: quello degli Alpini certo, che furono particolarmente prolifici nel “musicare” le loro leggendarie gesta, ma anche quello del “fantaccino” in generale, che lascia come suo unico testamento poche, semplici e dolorose emozioni che raggiungono chiunque.

Ancor oggi spesso non ci si rende conto come nel nostro immaginario collettivo il Corpo degli Alpini e l’idea del fante in trincea, si sposino inequivocabilmente al ricordo e alle atmosfere della Grande Guerra. Ecco la forza di un canto, nato spesso durante una trepidante vigilia di un assalto o dopo un cruento scontro, che forse meglio di un saggio, un diario e persino di una fredda e tagliente statistica ufficiale, riesce a superare le barriere del tempo e a testimoniare ad imperitura memoria ciò che accadde quasi un secolo fa.

A differenza di quanto in uso preso la fanteria, raramente nelle canzoni intonate dalle penne nere si accusavano i graduati, questo perché anche chi portava le stellette era solito condividere i rischi delle cannonate, dei congelamenti in alta quota, accompagnandosi col soldato semplice nel precario isolamento che dona la guerra tra rocce e ghiacciai. Ad elencare anche solo i titoli delle canzoni che hanno per comune denominatore la montagna e gli alpini, non basterebbe questo giornale, così vasta è la produzione dei molti autori spesse volte rimasti sconosciuti.

Non a caso, esistono moltissimi cori Alpini professionisti o anche amatoriali, che continuano spontaneamente a raccogliere questa eredità di chi visse, soffrì e perse la vita durante la Grande Guerra, ad un passo dal cielo; grazie alle voci di oggi, possiamo viaggiare nel tempo e rivivere in modo estremamente toccante le stesse emozioni e gli stessi battiti del cuore di semplici uomini arditi, che diedero così tanto per ideali di Patria, di Pace e di Amore.

Fonti: Filippo Masina “Storia della coralità Alpina” Edizioni Unicopli


"TA-PUM" LA CANZONE DELL’ORTIGARA

Uno tra i più noti motivi della Prima Guerra Mondiale, al quale furono applicate numerose varianti. Secondo uno studio di A. V. Savona e M. L. Straniero, la sua origine risale ai lavori di scavo per la ferrovia del San Gottardo (1872-1880), il titolo Ta-pum si riferiva appunto allo scoppio delle mine. Ai minatori veniva attribuita anche l’altra famosa canzone: “La tradotta che parte da Torino”. Secondo una seconda autorevole fonte impersonata da Franco Brunello e pubblicata ne l’Alpino (n.6 - 1987) a creare “Ta-pum” fu un ardito bombardiere volontario del I° conflitto: Nino Piccinelli, nato a Chiari nel 1898, ottimo musicista e valoroso combattente sull’Ortigara.

A fine guerra il compositore stesso confidò ad un giornalista come ebbe a sorgere il famoso inno. “L’ordine era di conquistare quota 2105. La nostra trincea distava poche decine di metri da quella austriaca..., diedi una nota ad ogni sospiro della mia anima, nacque così l’accorato e disperato canto, tra i lugubri duelli delle artiglierie, il balenio spettrale dei razzi di segnalazione e il gemito dei feriti. Dal tiro infallibile dei cecchini nemici che riecheggiava a fondo valle scaturiva il micidiale Ta-pum, ta-pum, ta-pum. Furono 20 giorni d’inferno, senza che nessuno ci venisse a dare il cambio, l’inno venne cantato in quei giorni dai miei commilitoni”.

Sempre dalle memorie del Piccinelli si ricava che Giacomo Puccini una sera del 1922 ebbe a dire: “Darei il secondo atto della mia Bohème per aver scritto Ta-pum!”. L’inno con gli anni venne adottato dagli Alpini, poiché composto sulle balze rocciose dell’Ortigara, montagna sempre cara alle penne nere.


Il Maestro Claudio Abbado pensava al coro come ad una grande orchestra, ma con un aspetto umano molto più profondo, queste le sue parole:

"Il canto è l'espressione musicale più spontanea e naturale e il coro è la forma più immediata del fare musica insieme. In un coro ogni persona è sempre concentrata sulla relazione della propria voce con le altre. L'ascolto dell'altro è quindi alla base del canto corale e in generale del fare musica insieme. Imparare a cantare insieme significa imparare ad ascoltarsi l'un l'altro. Il coro quindi, come l'orchestra, è l'espressione più valida di ciò che sta alla base della società: la conoscenza e il rispetto del prossimo, attraverso l'ascolto reciproco e la generosità nel mettere le proprie risorse migliori a servizio degli altri."