ALPINI SEMPRE 1925-2015 - I 90 anni della Sezione di Conegliano |
1925-2015 |
Bartolomeo (Bartolo) Ugo Gambi guidò la Sezione di Conegliano dal 1925 fino al dicembre 1930.
Nato nel 1862 a Ravenna, abbracciò la carriera militare nel 1880, entrando nella
Scuola Militare di Modena. Da sottotenente, nel 1882 presta giuramento di
fedeltà a Catania e quindi viene assegnato al 75° rgt di Fanteria.
Con il grado di tenente nel 1883 venne assegnato al 6° rgt Alpini di stanza a
Conegliano e qui pose stabili radici sposando la nobildonna Claudia Malvolti,
l’11 novembre 1886, “previa autorizzazione sovrana”, andando ad abitare
in via S. Martino. Dal loro matrimonio nel 1893 nasce una figlia, Maria Assunta,
deceduta però in tenera età. Ottenuti i gradi di capitano, nel 1891 è assegnato
al 46° rgt di Fanteria per passare due anni dopo al 7° Alpini. Nel gennaio 1900
viene trasferito al 4° rgt Alpini. Qui, scorrendo il suo stato di servizio si
legge: “Riportò una frattura nel braccio destro e una contusione alla spalla
destra perché gettato a terra, a causa di un violento scarto fatto dal proprio
cavallo, nell’atto di rimontare in sella il 4 luglio 1904 nei pressi di
Courmayeur per recarsi colla propria compagnia al lago di Combal per
l’esecuzione della 3ª Lezione del tiro collettivo.” Con il grado di maggiore
nel 1905 viene nuovamente inquadrato nel 6° alpini. Nel 1911 promosso ten.
colonnello comanda il btg Verona (con i capitani Attilio Bernasconi,
Carlo Carlini e Francesco Galeazzi) solo nelle fasi iniziali della vittoriosa
Campagna di Libia, perché costretto, nel giugno 1912, a rimpatriare per
“febbre endemica mediterranea”, come compare dal verbale redatto dal
Direttore di Sanità del V° Corpo d’Armata. Il suo reparto si distinse per valore
nella difesa della Ridotta Lombardia, attaccata da preponderanti forze
nemiche, “prima le armi, poi le pietre” si legge nel Bollettino di quel
giorno, e poi alla conquista di Misurata. Gli succede il magg. Umberto Zamboni.
Libro d'oro del 6° |
Firme Ufficiali del 6° Alpini, tra cui Gambi |
Nel 1915 è nominato colonnello e a febbraio assume il comando dell’8° rgt
Alpini, sostituendo Antonio Cantore promosso generale, incarico che lascia in
ottobre perché “nominato Capo di Stato Maggiore del Corpo d’Armata
territoriale di Firenze”. Con questo ruolo viene imbarcato sulla nave
Mafalda di Savoia, “perché comandato per la ricognizione fino al febbraio 1918 e
l’armamento delle isole dell’Estuario Toscano per la difesa contro i
sommergibili” (dep. Navale di La Spezia).
Nel maggio 1918 è a disposizione della 4ª Armata di Giardino: nel luglio è
nominato comandante del 17° Gruppo Alpini dell’80ª Divisione Alpina comandata
dal gen Barco. In previsione dell’offensiva di ottobre, in settembre assume il
comando dell’8° Raggruppamento Alpini che comprendeva il 6° Gruppo Alpini (btg
Aosta, Monte Levanna, comandato dal pievigino Busolli, Val Toce
del 4° e il 3° Gruppo di Art. da Montagna) e il 13° composto dai reparti del 7°
(Pieve di Cadore, Antelao e Val Cismon e il 25° Gruppo di
Art. da Montagna). Le forze di Gambi erano dislocate tra il Monte Boccaor e il
Monte Pallone, sui crinali del Grappa, e parteciparono alla battaglia finale
impegnando duramente il nemico lungo la direttrice Col dell’Orso-Monte Solarolo.
Il 3 novembre erano a Fiera di Primiero per tagliare la via di fuga degli
austriaci che scendevano dalla Val Cismon. Il reparto venne sciolto il 30
novembre. Il 7 novembre 1918, all’indomani della Vittoria, viene promosso
Maggior Generale con anzianità 1 febbraio 1916.
Collocato a riposo nel 1919, assume il grado di Generale di Divisione nel 1923.
Nel frattempo, il 16 ottobre 1922, si era trasferito con la moglie a Ravenna per
tornare ancora a Conegliano alcuni anni dopo.
Numerose le sue decorazioni ottenute in servizio: tre Croci al Merito di Guerra,
Cavaliere della Legione d’Onore francese, Ufficiale nell’ordine della Corona
d’Italia, Croce di Cavaliere dell’ordine dei S.S. Maurizio e Lazzaro “in
considerazione dei lunghi e buoni servizi”, e infine, nel 1926, nominato
Commendatore nell’ordine della Corona d’Italia.
Il gen. Bartolo Gambi si spense a Conegliano il 9 febbraio 1931 in Borgo
Madonna ed è sepolto nell’oratorio di San Francesco, seicentesca cappella
gentilizia di villa Amigoni a Castello Roganzuolo che conserva una bella pala di
pittore veneto Madonna col Bambino e Santi.
Cappella gentilizia di villa Amigoni |
L’interno dove riposa il gen. Gambi |
La lapide di famiglia. |
“Gli Amigoni - scrive il Sartori - famiglia nobile di Conegliano, proprietaria della villa e delle terre situate a Castello, tra il Menarè e la Moranda. Queste proprietà passarono ai nobili Malvolti (famiglia della moglie) che nella villa ricevevano visite di personaggi illustri.” Tra questi anche il patriarca di Aquileja Giovanni Dolfin, nel 1689, che impresse il suo stemma sulla pala d’altare. Tra i componenti illustri di questa famiglia, si ricorda Giuseppe Malvolti (1767-1839), ingegnere civile e militare, il quale nel 1830 progettò il primo ponte della Priula sul Piave “auro romano et aere austriaco” e con l’ing. Ermenegildo Francesconi di Cordignano (1797-1862), direttore generale delle strade ferrate dell’impero austriaco, nel 1832 tracciò la strada Alemagna dai Gai di San Vendemiano a Pieve di Cadore con l’ardita e suggestiva rampa della Cavalera, tratto oggi abbandonato. In seguito la villa passò ai Cattaneo e ora ai Gellera.
Durante la sua presidenza, l’adesione all’ANA cominciò ad ampliarsi con la costituzione dei primi Gruppi organizzati composti da reduci combattenti, molti dei quali decorati al valore.
Questa la cronologia ricavata dai pochi e frammentari documenti trovati:
1919
• Al termine della prima guerra mondiale un gruppo di reduci l’8 luglio 1919 costituì l’Associazione Nazionale Alpini. Avvenne a Milano, presso la sede dell’Associazione geometri, e fu l’inizio di una lunghissima marcia che dura tuttora. Il primo presidente fu Daniele Crespi.
• Un mese prima della fondazione dell’ANA, tre ufficiali dell’8° reggimento alpini, reduci di guerra, mentre in libera uscita passeggiavano per Udine, ebbero l’idea di pubblicare un foglietto settimanale per commemorare ed esaltare le glorie del Tolmezzo, del Cividale e del Gemona che avevano fatto la leggenda dell’8°, allora comandato da Costantino Cavarzerani. I tre ufficiali erano Italo Balbo, Aldo Lomasti e Enrico Villa. Quel settimanale era L’Alpino. Le prime 2500 copie del giornale furono esaurite in poche ore. In un articolo del 1923, il cofondatore Enrico Villa così ricorda la cessione della testata alla sede centrale dell’ANA: “In quel periodo di passione per la città sorella (Fiume, contesa dalla Jugoslavia e occupata da D’Annunzio) quasi tutti i numeri portavano articoli semi censurati dalla intransigente superiore Autorità. Per sottrarre il giornale a tale fastidioso controllo, pensammo di cederlo all’ANA da poco costituita a Milano, E così fu fatto! Oggi, l’Alpino è quello che è, ed è legato alla nostra Vita Alpina, ai nostri Eroi, morti e mutilati, e soprattutto alla nostra Patria.”
Dal 2012 il mensile è diretto da don Bruno Fasani ed ha una tiratura di 390 mila copie.
1920
• 5 settembre, venne organizzata la prima Adunata nazionale sulla cima dell’Ortigara. Sul pianoro di quota 2105, dove ora sorge la Colonna Mozza, il cappellano militare padre Giulio Bevilacqua celebrò la Messa e nell’omelia rievocò, con voce incrinata dalla commozione, il sacrificio offerto dagli Alpini per la grandezza della Patria. Poi i radunisti raggiunsero Trento per rendere omaggio alla tomba di Cesare Battisti e tenere, nelle sale del palazzo del Buonconsiglio, il congresso dell’Associazione.
1923
• nel numero 4 di febbraio, L’Alpino scrive che anche a Conegliano “alcuni volonterosi consoci” si stanno organizzando per costituirvi una nuova Sezione. Il Presidente nazionale in quel periodo era Arturo Andreoletti.
La visita del Re
1917 - Mesa al campo di don Pietro Zangrando |
1935 - I solenni funerali di don Pietro |
1925
• settembre, una trentina di reduci, dopo alcuni incontri di informazione e promozione, si ritrova in un locale pubblico nei pressi della Stazione per eleggere il primo organigramma sezionale da inviare alla sede nazionale di Milano con la richiesta di costituzione, anche a Conegliano, di una nuova Sezione.
Il gen. Bartolo Gambi viene indicato quale Presidente provvisorio.
• si costituisce il Gruppo Conegliano in contemporanea con la Sezione con cui si identificava e alla quale darà i Presidenti fino al 1991 con Giacomo Vallomy.
• 8 novembre, giornata storica per la città: giunto in treno, il re Vittorio Emanuele III è in una Conegliano traboccante di folla per inaugurare i Piloni della Vittoria eretti ove sorgeva il cinquecentesco Arco di San Sebastiano, abbattuto dagli Austriaci assieme al vicino Arco di San Rocco per agevolare il passaggio di truppe e artiglierie pesanti destinate al Piave.
• a ricevere ed esaminare il primo atto riguardante la nascita della Sezione coneglianese è il presidente nazionale Giuseppe Reina che resterà in carica dal 18 gennaio 1925 al 27 febbraio 1926. Nato a Mediglia (MI) nel 1888, si arruolò nell’esercito nel 1907 venendo assegnato al 5° Alpini. Allo scoppio della guerra, con il grado di tenente si trovò in linea con il btg Val Chiese sul monte Corno. Passò poi al al Val Leogra e al Monte Berico del 6° venendo promosso capitano nel 1917. Si distinse nei combattimenti a Coni Zugna, sul Pasubio, in Val Posina e infine nelle battaglie del Piave. Venne congedato nel 1919 con il grado di maggiore e fu decorato con due Medaglie d’Argento e due di Bronzo.
1926
• con il dubbio sulla
data, come già spiegato, L’Alpino scrive, confermando le memorie di Soravia e
Casellato, che l’Assemblea ufficiale, ricevuta l’autorizzazione dalla sede
centrale (presidente Ernesto Robustelli), costituitasi “in un caffè che c’era
prima dell’albergo diurno di viale Stazione”, ratifica il Consiglio
Direttivo sezionale con il gen. Bartolo Gambi alla Presidenza. Vicepresidente è
nominato Giovanni Piovesana e gli altri membri sono: Michele Terlazzi, Gerolamo
Zava, Giuseppe Del Favero, Antonio Biffis, Tiziano Serafin, Rinaldo Nardi e Aldo
Sartori, mentre Giacomo Soravia funge da segretario-cassiere, almeno fino al
1929 quando emigra per lavoro prima in Francia, poi in Polonia e infine in
Germania.
I soci effettivamente
iscritti a quella data sono soltanto 26, anche se L’Alpino di giugno
di quell’anno, in assenza di dati certi, genericamente scrive che sono
50, come fa per altre Sezioni.
Alla luce dell’esiguità della Forza effettiva, la presenza della Sezione nel territorio, pertanto, non può essere che circoscritta e limitata alla partecipazione ad alcune cerimonie ufficiali di contenuto celebrativo o patriottiche: scoprimento monumenti, adunate, 4 novembre, visite personalità civili e militari…
• il pluridecorato cappellano militare alpino del 7°, don Pietro Zangrando, particolarmente legato a Conegliano, benedice il primo vessillo sezionale, probabilmente a Belluno. Nato a Perarolo nel 1878, don Pietro nel 1915 parte volontario come cappellano militare venendo destinato al 7° Alpini, prima al btg Monte Antelao e quindi al Val Piave, dove diventa ben presto amico, confidente e padre degli alpini con i quali divide sia disagi che pericoli. Durante un combattimento sul Monte Piana, per esempio, si porta in prima linea per confortare i feriti e i morenti, italiani e austriaci indistintamente. Così ricorda: “…mentre impartivo l’estrema unzione ad un austriaco nei pressi della Piramide Carducci, corsi il pericolo di essere fatto prigioniero e ebbi il cappello forato da pallottola di fucile.”
• iniziano le uscite ufficiali del Presidente. Il 23 maggio, la Sezione è a Belluno per lo scoprimento del monumento, pregevole opera dell’alpino pluridecorato Silvio Zaniboni, dedicato alle Penne Mozze del 7° alla presenza di Vittorio Emanuele III. Il Re Soldato, al termine della cerimonia, chiama a sé i decorati per complimentarsi. Quando è il turno di don Pietro Zangrando, scherzosamente lo rimprovera dicendogli che, fra tutte le Penne Nere che erano sfilate in perfetto ordine, solo lui aveva il passo sbagliato. “Maestà- è la sua pronta replica -in trincea ho sempre marciato col passo giusto.”
• 4 luglio, scoprimento del Monumento ai Caduti di Conegliano alla presenza di S.A. Duca d’Aosta Emanuele Filiberto di Savoia, comandante dell’Invitta, che vorrà essere poi sepolto a Redipuglia assieme ai suoi soldati. Da allora l’antico toponimo Piazzetta delle Pecorelle sarà rinominato in Piazza IV Novembre. L’austero blocco bronzeo, posato su un alto basamento di pietra d’Istria, è opera degli scultori Annibale De Lotto e Vittorio Celotto e fuso presso la nota ditta Perani di Brescia.
• 5 settembre, al rifugio Contrin, prima volta del vessillo ad una Adunata Nazionale. Appuntamento
alpino che fino al 1928 verrà chiamato Convegno Nazionale.
Per curiosità, il Contrinhaus,
il rifugio che l’Alpenverein di Norimberga aveva inaugurato il 28 luglio 1897 in
alta val di Fassa, essendo sulla linea del fronte, fu distrutto dall’artiglieria
italiana il 6 settembre 1915. L’ufficiale italiano che ne diresse il tiro era
Arturo Andreoletti, comandante del btg. Val Cordevole del 7° Alpini.
Dopo la guerra il Contrin passò all’Associazione Nazionale Alpini e fu lo stesso
Andreoletti, divenuto nel frattempo Presidente dell’ANA (1920-23) da lui stesso
fondata, a volere la ricostruzione del rifugio, che venne inaugurato proprio in
concomitanza con l’Adunata alla presenza del principe Umberto di Savoia.
Inaugurazione del Monumento - 1926
Il monumento
1927
• in occasione del carnevale, la Sezione organizza presso la Trattoria Nazionale, oggi hotel Cristallo, la prima Veglia verde, ciò che oggi è chiamata Cena sezionale, per il nuovo tesseramento e per raccogliere fondi.
• alla data del 30 giugno, i soci effettivi sono 38. In tutto
il Veneto vi erano 15 Sezioni per un totale di 2590 soci. Da notare che la più
numerosa era Verona con 759 seguita da quella Cadorina con 705.
Conegliano, con i suoi 38 iscritti, era la più piccola del Triveneto,
preceduta dalla Carnica con 41, e addirittura la penultima nel novero nazionale,
seguita solo dalla Sezione dell’Italia Centrale (Roma) che ne contava appena 28.
In assoluto la più numerosa era Torino, la Vieja, con 2450. Gli iscritti totali dell’ANA erano 16.374.
• dai numeri raccolti si deduce chiaramente che in questo primo periodo la vita dell’ANA non fu affatto entusiasmante come si potrebbe pensare. A fronte della costituzione di 5 nuove Sezioni (Gemona, Cividale, Artegna, Mondovì, Sondalo), ben 9 mestamente sono costrette a sciogliersi per insufficienza di adesioni (Treviso, Parma, Modena, Reggio Emilia, Chieri, Alto Garda, Val Brenta, Fara Vicentina, Valtellina) e altre 3 (Gorizia, Belluno e Vicenza) vengono classificate inattive.
• in provincia di Treviso, pertanto, solo Conegliano, nonostante le evidenti carenze di organico,
rimane coraggiosamente in vita, anche seppur poco considerata se in quel
periodo, nell’elenco delle Associazioni della città, vengono elencati i sodalizi
dei Combattenti e del Fante ma non quello degli Alpini.
La svolta miliare nella storia dell’ANA avviene a cavallo degli anni Trenta con il Presidente-Comandante del
10° Alpini, Angelo Manaresi, il quale mediante una presenza capillare nel
territorio stimola e incoraggia la fondazione di nuove Sezioni e Gruppi, con
finalità anche ideologiche e politiche, in tutti i capoluoghi di provincia e nei
centri principali. In breve, il numero dei soci aumenta in modo considerevole.
• nel coneglianese nasce il Gruppo di Ogliano, animato da Luigi Chies che ne ricoprì la carica per un quarantennio. Classe 1895, inizialmente combatté al Passo della Sentinella, alle Tre Cime e sull’Ortigara col 7° alpini; col grado di sergente passò poi al 5° distinguendosi sulla Bainsizza nella 286ª compagnia del btg Monte Tonale e infine nelle battaglie conclusive. Nel 1925 fu tra i fondatori della Sezione. Gigio Chies sarà degnamente sostituito da Stefano Masut, ma solo nel 1969 (una vita!) anch’egli combattente e pluridecorato. Classe 1915, del 7° btg Cadore, Masut ottenne la Croce di Guerra nel 1940 sul fronte greco nella battaglia di Galina de Ciaf.
1916 - Alpini di Ogliano, tra cui Luigi Chies, cofondatore
della Sezione de del Gruppo
1916. Alpini di Ogliano, tra cui Luigi Chies, cofondatore della Sezione e del Gruppo.
Qui è necessaria una precisazione: più che Gruppo specifico, nei suoi primi anni si può
identificare Ogliano come Sottogruppo, con una
strutturazione interna, un proprio gagliardetto e un proprio responsabile, ma
propriamente non autonomo e pertanto facente parte dell’organizzazione alpina
comunale denominata Conegliano. Infatti nei quadri ufficiali dell’ANA,
riportati di seguito, Ogliano non è mai elencato contrariamente a
Susegana e Pieve di Soligo. Come non è mai indicata la sua Forza
effettiva, ossia i soci iscritti che con ogni probabilità venivano
conteggiati o con Conegliano o con gli individuali. Lo stesso Casellato,
nelle sue memorie, non ne fa cenno a differenza, invece, della fondazione in
quel periodo del Gruppo di Pieve di Soligo. Pur mancando documenti scritti, fa
comunque fede la testimonianza autorevole del primo capogruppo Luigi Chies che
ne colloca la formazione nel 1927. Con ogni probabilità, Ogliano si svincolò da
Conegliano verso la metà degli anni Trenta, come anche per Collalbrigo,
favorito dalle nuove disposizioni del presidente Manaresi che spingeva per una
capillare ramificazione di Gruppi e Sezioni nei bacini di reclutamento alpino.
Il primo gagliardetto di
Ogliano, durante la seconda guerra mondiale fu letteralmente sepolto da
Chies per salvarlo da eventuali profanazioni tedesche. Oggi lo storico cimelio
fa bella mostra nella sede del Gruppo.
• 5 settembre, il vessillo è a Pieve di Cadore per l’8ª Adunata nazionale e per l’omaggio al patriota Pier Fortunato Calvi, al quale Conegliano dedicherà una piazza del centro.
1928
• in giugno, l’autonomia
dell’ANA subisce un forte scossone: il Presidente Ernesto Robustelli
viene sostituito dal regime fascista con un Commissario straordinario, Angelo
Manaresi, poi anche podestà di Bologna, figura nota agli Alpini per essere
stato capitano della 66ª compagnia, btg Feltre del 7° durante la guerra,
dove sarà gravemente ferito e decorato di Medaglia di Bronzo sul Cauriol.
Resterà in carica fino al 1943.
Nel suo discorso inaugurale Manaresi rende omaggio a Benito Mussolini:
“Servire il nostro Duce, in queste ore, che egli sta, ogni giorno di più,
segnando di gloria e di eternità, è gioia grande per il nostro cuore di
italiani, soldati e fascisti.”
Così lo ricorda la Sezione
Bolognese-Romagnola, di cui era socio-fondatore e che nel 1966 sarà a lui
titolata.
“Angelo Manaresi (Bologna
1890-1965), avvocato, fascista della prima ora, già nel 1922 è deputato in
Parlamento. Fondatore, assieme a Paolo Monelli, della Sezione alpini di Bologna.
Nel 1926 è nominato Presidente dell’Opera Nazionale Combattenti. Dal 1929 al
1933 è Sottosegretario presso il Ministero della Guerra. In questa sua veste ottiene
che i Distretti Militari della Regione Emilia Romagna siano da quel momento
considerati a prevalente reclutamento alpino. Nel maggio 1933 diviene anche
Presidente Nazionale del Club Alpino Italiano
(grande appassionato della montagna, sarà soprannominato il Podestà delle
Altezze) e dallo stesso anno fino all’agosto del 1935 è Podestà di Bologna e
nella sua città ottiene di potervi ospitare la prima storica Adunata Nazionale
Alpini che si svolge nei giorni 8-9 aprile 1933. Nonostante tutti questi impegni
il suo amore principale è l’Associazione Alpini. A questa dedica il massimo del
suo impegno, cercando di non fare mai mancare la sua presenza anche alle più
modeste manifestazioni nei piccoli paesi dove esiste un Gruppo Alpini. (…)
Con l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940, chiede ed ottiene di rientrare, con il grado di
Tenente Colonnello, nel suo btg. Feltre che raggiunge sul fronte occidentale
francese. Viene quindi assegnato all’Ufficio Stampa e Assistenza dello Stato
Maggiore Esercito e con questo incarico svolge un’intensa attività con visite ai
reparti combattenti sui vari fronti, soprattutto dove operano i reparti alpini
in Albania e in Russia. Con le vicende del 25 luglio 1943, tenendo fede ai suoi
princìpi morali, in qualità di Comandante del 10° Reggimento Alpini invia un
telegramma al Re e a Badoglio (riparati nel frattempo a Brindisi) per testimoniare la fedeltà degli alpini
alle Istituzioni. Questa sua presa di posizione lo porterà poi ad essere arrestato il 17 settembre
dalla milizia della Repubblica Sociale e richiuso nelle carceri di Bologna. Tre
mesi dopo viene scarcerato per ordine dall’alto. Ritorna quindi un uomo libero e
nel dopoguerra, anche se esponente di rilievo del passato regime, non subisce
particolari ritorsioni in quanto gli è riconosciuta la piena integrità morale.
Riprende la sua attività di avvocato a Bologna fra il rispetto di tutti. Ma la
cosa che più di ogni altro lo rende felice è il riprendere il suo posto di socio
nella sua cara vecchia Sezione, come era solito definirla.”
• con il Commissariamento, e fino al 1945, i Presidenti di Sezione non saranno più eletti dall’Assemblea dei Soci bensì nominati d’imperio dallo stesso Manaresi, il vecio can come affettuosamente veniva chiamato dai suoi più stretti collaboratori.
• 10 luglio, il vessillo, non sappiamo se accompagnato da Gambi o da altri, è a Bolzano per la nascita della nuova Sezione Atesina (Bolzano). La solenne cerimonia si tiene nel decimo anniversario della Vittoria alla presenza del Re. Ne L’Alpino si legge: “… l’on. Manaresi che si era vivamente interessato al sorgere della Sezione Atesina, avanguardia eloquente delle penne nere sui nuovi confini, ha pronunciato brevi ed entusiastiche parole di adesione.”
1929
• si costituisce Pieve di Soligo, primo Gruppo fuori Conegliano, alla guida della Medaglia d’Argento
Floriano Ferrazzi, maggiore medico, e formato da ex combattenti. Secondo
la testimonianza già citata di Ruggero Casellato, uno dei fondatori della
Sezione, il Gruppo potrebbe essere nato già in un autunno precedente. Subito
partecipò all’adunata di Roma. Negli anni Trenta venne guidato dal col.
Bernardino Ghetti. Si narra che il vecchio alfiere Piero Todesco
abbia salvato il primo gagliardetto, durante l’occupazione nazi-fascista
1943-45, dalla profanazione tedesca infilandolo nella grondaia di casa.
Recuperato in pessime condizioni e restaurato, ora fa bella mostra nella sede
del Gruppo. Con la morte di Ferrazzi e le drammatiche vicissitudini belliche, il
Gruppo si scioglie nel 1944. Nell’immediato dopoguerra gli alpini di Pieve
confluiscono nel Gruppo di Solighetto.
Risorgerà nel 1963 per l’azione decisa di Alfredo Battistella e Dino Grendene, che sarà nominato capogruppo.
• 8 aprile, grandiosa Adunata nazionale a Roma lungo i Fori imperiali, davanti al Re soldato, Vittorio Emanuele III, e il Duce posizionati al Vittoriano. Il viaggio in treno a Roma è gratuito e l’Adunata viene trasformata in una apoteosi del regime fascista. Ad ogni iscritto viene consegnata una medaglia commemorativa e un foglietto con le norme, anche di comportamento, da rispettare durante la trasferta. Gli alpini coneglianesi, ben 350 nelle memorie di Casellato (anche se nel dattiloscritto originale la cifra viene ritoccata a mano da 300 a 350 ed appare esagerata, non si deve dimenticare che il viaggio era gratuito e la meta suggestiva) salgono sulle apposite tradotte partite da Udine che dovevano “risuonare della festosità degli alpini.” Il Gazzettino del 7 aprile scrive che “la tenuta regolamentare degli Scarponi è osservata: scarpe chiodate, cappello alpino, sacco da montagna. E dai sacchi fanno capolino i colli delle bottiglie che Dio solo sa quante volte saranno vuotate e riempite.” Si narra anche di alcuni alpini i quali, vagando per la capitale, e in previsione di eventuali eccessi nel bere, in tasca o infilato nel bracciale portassero un foglio con cui, a scanso di spiacevoli fraintendimenti, certificavano d’essere non un vagabondo bensì un: “Alpino venuto a Roma per rendere omaggio al mio Re, al Duce e al Papa.- E poi continuavano, qualora fossero un po’ sfatti: -Prego l’anima buona che mi trovasse steso sui gradini di una chiesa, ai piedi di un monumento o ai margini di qualche strada di rispedirmi al seguente indirizzo: ……”.
Gli alpini in piazza San Pietro.
Così invece la stampa capitolina: “Novantasette battaglioni Alpini in armi nella Grande Guerra: 300 mila Penne Nere combattenti, 40 mila morti, 40 battaglioni decorati al valore. Non sfilata di reduci (80 mila secondo i dati governativi), ma ondata di morti e di vivi, di vecchi e di fanciulli, veci e bocia, di penne nere d’aquila e di segni d’azzurro per le vie imperiali di Roma, al suono degli inni di giovinezza della Patria rinnovata.”
• 14 aprile, inaugurazione del Monumento ai Caduti di Ogliano. Così ebbe a dire nell’omelia don Sandro Agostino: “Nel nome di Dio e della Patria, per la volontà forte e concorde di questi parrocchiani di Ogliano, a ricordare coloro che sono morti per la libertà e la grandezza d’Italia, questo monumento è sorto. È sorto nella materia bruta. Ma i morti ed i vivi gli hanno dato un’anima, ed è per questo che oggi queste pietre hanno una parola eloquente: lapides isti clamabunt. È quella parola che passa in quest’ora solenne sopra la nostra anima, parola di sacrificio, di bontà, d’immortalità, di Dio.”
• anche se non vi sono documenti che lo comprovano, con ogni probabilità (viste la vicinanza e la perentorietà degli ordini emanati da Manaresi) il vessillo di Conegliano presenzia alla cerimonia di costituzione di tre nuove Sezioni della Marca trevigiana: Vittorio Veneto (ufficialmente dal 1931), Valdobbiadene e Cornuda. Così, l’anno dopo annota L’Alpino: “In provincia di Treviso sono state costituite tre nuove già fiorenti Sezioni: la prima a Vittorio Veneto, retta dal camerata Gino Armellin; la seconda in Cornuda, comandata dal dott. Luigi Serena; la terza in Valdobbiadene, comandata dal dott. Giuseppe Mello. Le tre nuove Sezioni hanno partecipato allo sfilamento per le vie di Trieste, il 13 giugno decorso, con buon numero di rappresentanti.”
• il regime fascista militarizza l’ANA, assumendone il totale controllo: il Presidente, prima eletto dall’Assemblea, è sostituito da un Comandante, nominato direttamente dal Presidente nazionale che si avvale di informazioni raccolte presso Prefettura e Carabinieri; le Sezioni ora sono chiamate Battaglioni, i Gruppi diventano Plotoni e le segreterie Furerie. La stessa Associazione Nazionale viene denominata 10° Reggimento Alpini, in appendice ai nove in armi, e la sede trasferita da Milano a Roma. Nonostante le imposizioni e i controlli, comunque, il 10° Alpini, riesce a mantenere una certa autonomia operativa e continua a crescere, arrivando a 92 mila soci.
• in settembre si svolge con solenne manifestazione l’inaugurazione della ribattezzata “Città di Contrin”. Negli anni successivi, il Presidente nazionale Manaresi vi promuove nel mese di luglio “un incontro obbligatorio con il Consiglio Direttivo Nazionale, tutti i Presidenti di Sezione e con un caldo invito allargato ai soci e famiglie”.
• 29 settembre, una piccola rappresentanza della Sezione si reca in treno a Torino per l’inaugurazione del monumento a Cesare Battisti.
1930
• nasce il Gruppo di Susegana, costituzione avvenuta nella sala nobile del castello di San Salvatore dei Collalto, che portava ancora evidenti le devastazioni della Grande Guerra, alla presenza della M.O. Camillo De Carlo che tiene l’orazione ufficiale. Primo Capogruppo è Catone Loro, sergente e reduce della Grande Guerra. Madrina del gruppo è nominata la ND Cecilia Zeno, contessa di Collalto.
• 16 novembre, su idea di Gavagnin, Comandante del Battaglione di Treviso, il capoluogo della Marca accoglie “un’imponente Adunata verde” che coinvolge tutte le Sezioni e i Gruppi singoli della provincia per la rinascita della Sezione che era stata sciolta agli inizi del 1927, forse per scarsità di adesioni. Dalla cronaca della giornata, si viene a sapere che cominciano a comparire i prototipi degli attuali trabiccoli: “Ma non sono le commemorazioni e i discorsi a raccogliere il consenso della massa:- si legge -le centinaia di Alpini convenuti prediligono il clima di festa e fratellanza creati dall’incontro. Sono arrivati da Cappella Maggiore con un camion con mastodontici striscioni e vignette umoristiche. Sul cofano hanno issato una damigiana di vino bianco. Gli Alpini di Cornuda sono arrivati con due vecchi muli carichi di castagne e vino. I Montebellunesi hanno caricato su di un camion un caretèl de quel bon.”
Per gravi motivi di salute,
Gambi è costretto a rassegnare le dimissioni. Morirà, infatti, l’anno dopo non
ancora settantenne.
Così L’Alpino riporta il cambio: “Il Gen. Comm. Gambi ha chiesto di essere
esonerato dal Comando del Battaglione di Conegliano, per motivi di salute. Il
Comandante Angelo Manaresi del 10°, accogliendo, a malincuore, le dimissione
stesse, esprimeva al camerata Gen. Gambi il suo elogio e il suo plauso. Il
Consiglio Direttivo ha chiamato al Comando della Sezione anzidetta il cap.
Giovanni Piovesana che ha costituito subito con l’approvazione incondizionata di
S.E. il Comandante, il Consiglio Sezionale con i camerati: Gen. Gambi, Cap.
Ghetti, Serg. Gelera, Ten. Nardi e alpino Da Gai.”
Stando al documento l’organigramma sezionale è così composto:
Presidente cap. Giovanni Piovesana
Vicepresidente Bernardino Ghetti
Segretario-cassiere Ruggero Casellato (fino al 1931 quando si trasferì a Bressanone) sostituito poi da Otello Marin)
Consiglieri: Bartolo Gambi - Giovanni Gelera - Rinaldo Nardi - Gottardo Da Gai
Cappellano don Francesco Sartor (ordinato sacerdote nel 1928).
• al momento della successione si contano complessivamente 125 soci, di cui 81 individuali e i rimanenti inquadrati nei quattro Plotoni (Gruppi) finora costituiti: Conegliano 20, Pieve di Soligo 8, Susegana 16, mentre non si hanno dati precisi, invece, sugli iscritti di Ogliano, probabilmente conteggiati negli individuali.