Giugno 1963
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PER PADRI E FIGLI
L’Italia stava mobilitando in preparazione dell’imminente guerra mondiale quando Giuseppe Ziliotto e la consorte
Margherita Rizzardo festeggiarono la nascita del figlio Angelo avvenuta il 6 ottobre 1914 a Fietta di Paderno del
Grappa; forse i genitori avranno tremato fin da allora per la guerra che incombeva ormai anche sul figlio appena nato,
ma non avranno certo immaginato di aver generato un eroe dell’immane conflitto che il destino già scadenzava ad appena
cinque lustri di distanza.
Angelo Ziliotto fece i primi passi nella terra arata dai proiettili, vide le prime facce dei «crucchi» e i residuati
delle bombe furono i suoi unici giocattoli.
Già prima della chiamata alle armi Ziliotto dipendeva dal Corpo Forestale e il lavoro lo aveva forgiato alle fatiche
della montagna; l’11 maggio 1937 iniziò il servizio di leva a Belluno con successiva destinazione a S. Candido in forza
al Btg. «Belluno» - 79a compagnia del 7° Reggimento Alpini e venne congedato nell’agosto 1938 per venir poi richiamato
allo stesso reparto appena un anno dopo.
Nel giugno 1940 il 7° partì per il Colle della Maddalena spingendosi verso gli obiettivi di Passo Lauzanier e Valle
Abries; il portaordini Ziliotto si fece già notare durante la breve ma accanita lotta sul fronte occidentale.
In settembre la compagnia alla quale apparteneva Ziliotto venne aggregata al Btg. «Val Cismon» del Maggiore Berti col
quale raggiunse, agli inizi del 1941, il fronte albanese; sono note le eroiche e sanguinose vicende del «Val Cismon»
altre volte ricordate dal nostro giornale e nel corso delle quali cadde anche il nostro ex presidente sezionale Giovanni
Piovesana.
Ziliotto, portaordini della 264a Compagnia, fu al Monte Groppa e al Mali Trebescines; rimasto isolato per soccorrere un
alpino di Fietta mortalmente ferito, egli lanciò tutte le bombe a mano in dotazione e quelle dell’amico ormai morto,
frenando i greci e ponendosi quindi in salvo.
Angelo Ziliotto ebbe un principio di congelamento durante il trasferimento in Val Mezgoranit ma poté ugualmente
partecipare in febbraio alla furibonda battaglia sul Mali Scindeli e sul Golico in marzo.
La campagna di Grecia finì e il «Val Cismon» ritornò in Italia; anche Ziliotto ebbe la meritata licenza seguita da altra
per aver sdraiato a pugni un ufficialotto, imboscato e non alpino, che voleva umiliarlo di fronte a tre donnette da
strapazzo.
Ziliotto si trovò poi con la stessa «Julia» al fronte russo, comportandosi subito eroicamente al primo combattimento cui
partecipò a quota 205 della piana di Bogutshar, sostituendosi ad un ufficiale caduto nell’azionare una mitragliatrice e
contribuendo a paralizzare, col lancio di bottiglie di benzina, un grosso carro armato. Il giorno successivo, il 27
dicembre 1942, Ziliotto partecipò in mattinata, con alpini ed altri militari tedeschi, a otto attacchi; una postazione
nemica dava particolare disturbo e Ziliotto parti all’assalto affiancato da tre soldati germanici e lanciando bombe a
mano. Due soldati tedeschi vennero presto uccisi e il terzo rimase ferito da dover abbandonare l’azione; Ziliotto avanzò
solo balzando entro il fortino russo tempestandolo di bombe a mano.
Tre soldati russi rimasero uccisi; due si arresero e vennero condotti indietro prigionieri da Ziliotto, ferito alla
testa e ad una gamba e con la spalla destra fratturata, con la mitragliatrice e le altre armi catturate.
Angelo Ziliotto venne decorato sul campo della Croce di ferro tedesca di seconda classe e poté riposare un po’ dopo le
medicazioni.
Il giorno dopo Ziliotto balzò da una buca sulla torretta di un carro armato russo avanzante e scaraventò dentro,
attraverso la feritoia, alcune bombe a mano; entrò quindi nel carro, premette i pulsanti a caso e fece rovesciare la
potente fortezza mobile.
Il comandante della compagnia, l’eroico Bertolotti, incaricò Ziliotto di recare un ordine ad un plotone troppo avanzato
ma mentre si trovava in cammino, vestito di bianco, una pattuglia russa lo catturò di sorpresa; Ziliotto seguì
necessariamente la pattuglia sotto tiro dei parabellum, pensando al modo di cavarsela. Finse di essere colto da
isterismo e gesticolando portò il messaggio in bocca tentando di ingoiarlo ma non riusciva ad inghiottirlo; raccolse una
manciata di neve facendo credere di aver sete; stava per vomitare e si abbassò; uno di russi si avvicinò con l’arma
puntata e Ziliotto gli diede un pugno in faccia da lasciarlo a terra mentre dal mitra partirono alcuni colpi ormai fuori
bersaglio; anche gli altri si misero a sparare ma Ziliotto, «el diavol» come lo chiamavano, era già sparito per
continuare la propria missione.
A conclusione del 1942 la 264a compagnia si trovava anch’essa impegnata alla strenua difesa contro la pressione russa;
il comandante di reparto ten. De Rocchis venne ferito, e Ziliotto recò al sergente Riccardo Forlin l’ordine del Capitano
Bertolotti di assumere il comando: la lotta si fece incredibilmente feroce e anche Forlin venne ferito gravemente per
cui il capitano diede a Ziliotto il comando del plotone.
L’opera di Ziliotto al verificarsi del tragico accerchiamento non è sintetizzabile in poche righe, essendo eroicamente
continuata attraverso le difficili tappe di Kalitwa, Rossosch, Popowka, Karpenkovo, Arantovo e tante altre località ed
infine a Nikolajewka.
Durante il resto del ripiegamento Ziliotto vide un vecchio soldato affranto e addossato ad un pagliaio e si avvicinò per
sollecitarlo a proseguire: era il Generale Gabriele Nasci, comandante del Corpo d’Armata alpino, e ciò dimostra quanto i
maggiori comandanti abbiano condiviso la terribile sorte dei propri soldati.
Per due giorni e due notti il Comandante e l’umile Alpino, simboli estremi di una comune volontà mirante a riconfermare
la validità eroica delle Penne Nere, camminarono e soffrirono insieme uniti dalla gloria del passato che Nasci
impersonava e dalle energie di Ziliotto quale rappresentante della pur gloriosa ultima generazione di Soldati d’Italia.
Un carro armato tedesco raggiunse la coppia il terzo giorno: Nasci avrebbe voluto che Ziliotto lo seguisse ma, mentre il
Generale era richiesto più oltre per riprendere il comando, le necessità contingenti invocavano la presenza del generoso
alpino portaordini tra i suoi fratelli tesi alla salvezza.
Ziliotto continuò con la colonna attraverso Uspenka, Nowyi Oskol, Njegol, fino a Romni, aiutando tutti coloro che poté e
giungendo congelato, stremato ed irriconoscibile alla meta.
Il 3 ottobre 1948, nel corso della prima adunanza nazionale dell’A.N.A. nel dopoguerra, l’on. Ivanoe Bonomi, già
presidente del consiglio della risorta Italia e presidente nazionale della nostra Associazione, appuntò al petto di
Angelo Ziliotto la Medaglia d’Oro conferita al valor militare, dopo aver letto la seguente motivazione:
«Fiero alpino portaordini emerge in ogni fronte, sempre eroico e generoso. In Russia, in rischiosa azione,
sopravanzando, malgrado ordini di prudenza, un nostro carro armato, si slancia unico superstite contro munita posizione
e, malgrado forte reazione nemica e ferite multiple, ne ha ragione e cattura armi e materiali. In altra occasione, con
l’ascendente del noto valore, mantiene un tratto di linea privo di superiori caduti e guida poi i superstiti in
intelligente ripiegamento più volte ordinato. Nella steppa gelata si priva generosamente di indumenti e viveri per
soccorrere un superiore caduto e minacciato di cattura. Sdegnoso di turni e privilegi di anzianità, si offre sempre e
reclama per sé le azioni più audaci e pericolose. Magnifico campione di nostra razza montanara.
Selenji Yar Nowa Gusevizza (fronte russo), 27 dicembre 1942 - 15 febbraio 1943».
Dopo la guerra Angelo Ziliotto frequentò il corso allievi sottufficiali del Corpo Forestale a Città ducale prestando
servizio a Canal S. Bovo e a Bassano del Grappa ed ha recentemente conseguito la promozione al grado di Maresciallo.
Questa è, in breve, la storia della Medaglia d’Oro Angelo Ziliotto. Presidente Onorario della Sezione Alpini di Treviso,
Alfiere del labaro nazionale dell’A.N.A. e generoso frequentatore delle nostre adunate; meglio anzi precisare che questo
non è che un affrettato riassunto di una leggendaria avventura che solo un libro intero poteva adeguatamente descrivere.
E’ difficile, se non impossibile, far parlare Ziliotto di se stesso, ed è per questo e per rendere più proficua una così
sovrumana prova di eroismo che un educatore alpino si è accinto a raccogliere e riordinare i fatti vissuti dal
protagonista. E’ merito del trevigiano Prof. Romano Cogo se ci è oggi consentito di leggere un libro che è destinato in
modo particolare alla gioventù.
Capitano degli Alpini, combattente su tre fronti, reduce dalla Germania, il Prof. Cogo è insegnante di lingue straniere
nelle scuole superiori statali ed ha insegnato in Italia e all’estero; autore di notevoli pubblicazioni anche in lingua
inglese, egli ha ben compreso il patrimonio morale che Ziliotto rappresenta ed è quindi nato il libro UN ALPINO DELLA
JULIA edito dai Fratelli Fabbri di Milano e finemente illustrato da Fontana.
Romano Cogo ha realizzato un libro inatteso, scritto con penna pulita, senza pericolosità retoriche, con limpidezza
letteraria e concisione esatta della cronaca e delle valutazioni.
E’ un volume destinato agli Alpini e ai combattenti ma soprattutto ai loro figli e il fatto che la ditta editrice abbia
inserito la pubblicazione nella Collana delle Grandi Edizioni per Ragazzi che comprende meno di trenta opere, da M.
Twain e H. Malot a S. Gotta, da R. Ripling e F. Molnar a Dickens, V. Ugo e Marco Polo, è la garanzia più sicura della
validità ormai inconfutabile dell’opera sotto l’aspetto educativo e morale.
Le imprese di Angelo Ziliotto sono descritte con efficace semplicità, quasi constatando che non poteva avvenire
diversamente pur rilevandone l’eccezionalità, inserite con adeguata evidenza nel quadro generale e bene ordinato degli
avvenimenti bellici cui si riferiscono.
Il libro ha infatti il pregio notevole di esporre con efficace sintesi gli avvenimenti succedutisi specialmente sui
fronti greco e russo, contrariamente ed altre pubblicazioni infarcite di notizie voluminose e spesso confuse e nello
stesso tempo incomplete.
I libri per ragazzi sono talvolta caratterizzati dalla presentazione di personaggi impossibili creati dalla fantasia del
romanziere e che poco di buono, se non di biasimevole, sanno dire ai giovani lettori. Più difficile assai, ma di valore
estremamente superiore, è quello di dedicare alla gioventù un libro che trae origine dalla freschezza della realtà, con
fatti e persone vissuti e reali e che determinano pertanto, nella mente del lettore, un rapporto di educativa
affettività e non l’insorgere di idolatrie fallaci.
A nessuno potrà quindi meravigliare che un libro di guerra venga, pur in tempi balordi come i nostri (ma specialmente
per questo), indirizzato ai giovani; perchè le decise ed implacabili audacie di Ziliotto sono descritte con la medesima
evidenza di necessità della bontà d’animo del protagonista nel mettere a repentaglio la propria vita per aiutare
superiori e compagni e nel salvare soldati greci e russi feriti e che il senso umano non gli faceva più riconoscere per
nemici.
Questo libro è destinato a soddisfare le aspettative dei lettori adulti di ogni esigenza e la funzione educativa per
giovani di ogni levatura, per cui segnaliamo doverosamente l’opera felicemente scaturita dalla sensibilità formativa del
Prof. Cogo e dall’ispiratrice vita eroica di Ziliotto: un binomio alpino che merita gratitudine.
M. A