Storie dei nostri veci |
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ANTONIO SOSSAI |
Giugno 2001
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Sossai Antonio è nato a Santa Lucia di Piave il 12 febbraio 1918.
Fu chiamato
alle Armi a Tai di Cadore il 29 marzo 1939, assegnato alla 68° Compagnia del
Battaglione Alpini "Pieve di Cadore" con l'incarico di fuciliere. Dopo
il campo estivo Svoltosi ad Auronzo venne conglobato nel Battaglione "Val
Piave".
Partì per la Campagna del Fronte Occidentale nel giugno 1940 col
grado di caporale. Al suo Reparto venne assegnato il compito di oltrepassare la
linea del fronte nei pressi della zona alpina a sinistra del Monte Bianco
nell'alta Valle d' Isere.
Fu una guerra lampo iniziata il 21 giugno e terminata prima del 25 dello stesso
mese, che per qualche decina di chilometri conquistati costò la vita di 631
soldati.
Sciolto il Battaglione "Val Piave" nell'autunno del 1940, il nostro
Antonio venne mandato in Albania ai primi di dicembre.
"Partimmo da Tai di Cadore in treno per Brindisi, lì fummo imbarcati per
Valona. L'8 dicembre 1940 ebbi il "battesimo del fuoco" nel fronte
albanese. Quel giorno, col mio reparto ero schierato vicino a Tepeleni. Il
comandante del 7°, col. Rodolfo Psaro durante l'attacco nemico cadde
mortalmente colpito, io venni ferito ad una mano e di stricio al fianco. La
morte del nostro amato comandante ci lasciò nella desolazione, ma dovevamo
andare avanti".
Così ricorda Antonio Sossai il primo impatto con la Campagna di Grecia-Albania.
Sulle pendici del Tomari nel marzo 1941 venne promosso caporalmaggiore. Di quel
momento, ricorda la conquista di Erseke da parte della Divisione Pusteria
qualche giorno dopo Pasqua.
"Appena diventato caposquadra in un plotone formato da molti paesani,
venni ferito nuovamente di striscio alla testa, fui salvato dall'elmetto. Dopo
quattro giorni
di marcia e combattimento giungemmo finalmente ad Erseke" così dice
Sossai.
Indelebili nella sua memoria furono gli sbalzi visti fare dal Plotone Arditi
nella battaglia sul Roccione di Selanj, a cui il nostro Sossai partecipò con il
suo plotone, in loro appoggio. Terminata la tragica campagna di Grecia, teatro
di eroismi e di lutti quotidiani, nell'estate del 1941 venne inviato in
Montenegro ove era scoppiata la guerriglia partigiana dopo il facile successo
della campagna di Jugoslavia da parte delle forze dell'Asse. Ricorda il
passaggio del suo reparto a Cettigne, località natale della Regina Elena moglie
di Vittorio Emanuele III. Ricorda soprattutto la morte del compaesano Fossaluzza
Tarcisio ferito mortalmente durante i primi scontri con i partigiani.
L'opera degli alpini in quei frangenti fu particolarmente difficoltosa. Il
terreno era particolarmente tortuoso, quasi del tutto montuoso, la durezza delle
aspre lotte contro i guerriglieri esperti conoscitori di ogni metro della
topografia locale, imponeva il continuo e massimo impegno nel tentativo di
sopravvivere tra gruppi etnici divisi da odi religiosi e politici così profondi
e sentiti, tali da portare ai più spaventosi eccessi.
Nell'inverno 1941/42 i vari passi sulle asperità slave furono sbarrati e
presidiati dai Partigiani. Difficili i collegamenti e i rifornimenti, difficile
soprattutto poter usufruire di qualche giorno di licenza.
Kukes e Podgorica le località che rimangono nella mente di Sossai Antonio, nel
suo personale e virtuale diario.
Nel gennaio 1943 per Antonio Sossai il rimpatrio in Italia a Torino. Di lì a
Cannes sulla Costa Azzurra presidiata dagli italiani.
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In quei primi mesi del 1943, la terribile epopea dell'Operazione Barbarossa
condizionava ogni possibile presupposto bellico. Anche il reparto di Antonio
Sossai venne equipaggiato per un sicuro e prossimo intervento nella terra di
Russia. L'evento dell'8 settembre 1943 evitò che tale disposizione venisse
concretizzata. In compenso si aprì una nuova parentesi nella tribolata
esperienza di un uomo in armi, come era in quel momento Antonio Sossai.
Egli rimase sino al marzo 1944 a Cuneo, nella caserma di Artiglieria Alpina
"militarizzato" a disposizione per vari lavori. Approfittando d' una
licenza assegnatoli, non rientrò a Cuneo e rimase a Santa Lucia di Piave in via
Ungheresca. Venne cercato dai nazi/fascisti per qualche tempo. Trovato, rimase
qualche giorno nel loro comando di Conegliano.
Rilasciato, tramite l'intervento di un parente ritornò a casa ove ebbe l'amara
sorpresa di sapere che l'intera macelleria, di questo ramo dei Sossai, tipica
famiglia patriarcale, era stata rubata. Un danno non certo da poco se si pensa
alla carestia e alla fame di quei tempi.
Finita la guerra Antonio tornò al lavoro sui campi, con i suoi familiari si
spostò per diversi anni in Friuli. Tornò in Via Ungheresca a Santa Lucia di
Piave sposo e padre di quattro figli. Si iscrisse nel 1960 all'ANA prima al
gruppo di Mareno poi a quello di Santa Lucia. Il gruppo Santa Lucia lo ha
premiato con un attestato nel 1999 per gli anni che ha sacrificato alla Patria.
Non ha ancora, invece, ricevuto dallo Stato alcun riconoscimento per le campagne
cui ha partecipato e per le ferite riportate nei combattimenti. Ma si sa è
spesso ricorrente l'ingratitudine della nostra nazione verso i suoi figli più
generosi.
Renzo Sossai, 2000