Storie dei nostri veci |
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LA BATTAGLIA DI MORIAGO |
Dicembre 2004
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Moriago, primo lembo di terra nella Sinistra
Piave liberato dalle truppe italiane nell’assalto decisivo
contro l’invasore austriaco. Sulle grave di Moriago il 27 ottobre 1918
si combatte la durissima battaglia che aprirà poi le porte di Vittorio
Veneto e porterà il tricolore a Udine, Trento e Trieste. Una battaglia eroica
che i soldati italiani affrontano con la consapevolezza che quella è l’ultima
occasione per non capitolare agli austro-tedeschi.
La sera del 26 ottobre i pontieri cominciano i lavori per gettare
undici ponti tra Pederobba e Ponte della Priula, ma l’acqua del Piave è
ancora alta, le artiglierie nemiche tempestano le linee italiane e impediscono
che cinque ponti vengano completati.
L’assalto comincia all’alba del 27 ottobre. Una valanga di uomini
armati, con le bisacce piene di bombe ed il pugnale pronto al
corpo a corpo, si getta sulle passerelle in balia delle acque scure e
ancora vorticose del Piave.
Le bombarde schierate sul Montello producono un incessante
fuoco di sbarramento a copertura dei soldati lanciati all’assalto del
nemico.
A passare per prime le Fiamme Nere del XII Reparto d’Assalto,
uomini scelti della Divisione d’Assalto schierata davanti alla
piana di Sernaglia. Con una forza d’urto paragonabile a quella dei
mezzi corazzati, gli Arditi travolgono le difese austriache organizzate
lungo la Linea dei Mulini.
Gli austriaci scaricano sui nostri tutto il loro arsenale, ma vengono
spazzati via dalla furiosa avanzata degli Arditi.
Il primo pezzo di terra italiana sulla riva sinistra del Piave è liberato
e verso mezzogiorno anche i centri abitati di Moriago, Mosnigo,
Fontigo e Sernaglia sono saldamente in mani italiane.
Il fuoco delle artiglierie austriache si fa però più intenso e preciso
provocando gravi perdite tra i nostri soldati, fino a mezzodì quando gli
Arditi riescono a liberare Falzé, le località Case Moro e Chiesuola.
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Le bombe piovono da tutte le parti e le mitragliatrici nemiche
seminano morte nelle nostre linee, ma la controffensiva austriaca subisce
proprio a Falzé la lezione più dura.
Il tentativo di tagliare in due il 3^ Gruppo d’Assalto viene sventato
dall’eroismo degli Arditi del XX Reparto e alla fine sono alcune
migliaia i soldati nemici fatti prigionieri.
Gli scontri non si placano nemmeno la notte, mentre dalla radio
arriva la notizia che altri ponti sono stati gettati sul Piave e che le
truppe italiane dilagano ormai nella pianura tra Cimadolmo e
Ponte della Priula.
A 24 ore dalla battaglia, oltre 34 mila giovani eroi dei diversi
schieramenti sono riversi a terra, uniti nel destino più tragico della
guerra, uniti per sempre in quell’isola di morte.
Il 31 ottobre la battaglia decisiva, chiamata poi di Vittorio Veneto,
è conclusa e il nemico definitivamente vinto.
Il primo novembre il Generale Diaz può emanare il seguente proclama:
“Fratelli dell’Italia!
L’esercito italiano avanza vittorioso a liberarvi per sempre. Il nemico
in rotta, fuggendo dalle vostre città fedeli, gloriose, annuncia il
nostro arrivo, la nostra vittoria.
Lascia dietro di sé decine di migliaia di prigionieri, centinaia di
cannoni e tutte le sue ambizioni. Il giuramento dei nostri eroi si è
compiuto; per la forza delle armi e della giustizia si è avverato il vaticinio
dei nostri martiri; la libertà è risorta, nel nome di Roma, su,
dalle sante tombe dei nostri morti.
Dopo un secolo di guerra, di speranze e di ansie, tutta la Patria si riunisce intorno al suo Re. Fratelli! Siate nella gioia calmi e saldi quali foste lungo il dolore depositari incorruttibili della più pura umana civiltà che abbia mai fatto la luce del mondo. Del nemico vinto non dimenticate le iniquità e le insidie, ma respingete il triste esempio di crudeltà e violenza. Da oggi l’esercito d’Italia è il vostro esercito. Aiutatelo a ristabilire l’ordine pel bene di tutti, come tanti di voi, da Cesare Battisti a Nazario Sauro, l’hanno aiutato a raggiungere questa vittoria”.