Storie dei nostri veci

DOMENICO BASTIANELLO


Dicembre 1998

E' un pomeriggio di autunno, quando assieme ad un amico, mi reco a far visita a uno dei più anziani soci alpini del Gruppo Santa Lucia:

DOMENICO BASTIANELLO


da sx: Lino Pradella, Pietro Dall'Anese,
Giovanni Botteon, Domenico Bastianello

Molto cordiale è l'accoglienza che ci riserva questo alpino classe 1919, sin dai primordi della fondazione, iscritto al nostro Gruppo. Lo spirito e lo sguardo è giovanile, anche se il fisico è sofferente già da parecchi anni, di una grave forma asmatica, decisiva conseguenza de quasi sei anni dedicati al servizio della Patria nell'ultimo conflitto mondiale.
Già, patria, questa parola ormai inusuale, sostituita quasi sempre da "Paese" rimane invece ferma nell'animo di questi uomini quanto mai rari, quanto mai veri.
Davanti a un generoso bicchiere di vino bianco, inizia la storia fatta di ricordi drammaticamente limpidi, come quasi non fossero passati cinquanta, sessant'anni.
BASTIANELLO DOMENICO è nato il 23 novembre 1919 a Vittorio Veneto. Viene arruolato il 10 marzo 1940 nella 67° compagnia Battaglione Alpini Cadore 7° Rgt Divisione "Pusteria".
Mandato subito al Fronte Alpino Occidentale nei pressi di Cuneo, impara i primi rudimenti dell'addestramento militare.
Combatte in Francia sino all'autunno 1940 per poi essere inviato al Fronte Greco-Albanese sino all'estate 1941.
Dopo la disfatta in terra albanese, nel luglio 1941, viene mandato al Fronte Jugoslavo nella regione del Montenegro.
Infine nel dicembre 1942, il ritorno al Fronte Occidentale nella Francia occupata nei pressi di LES MAINES in Provenza,.
Durante l'otto settembre 1943 viene fatto prigioniero nei pressi del Frejus e consegnato ad un campo di concentramento provvisorio locale.
Abile al lavoro, viene mandato in Germania presso i vari campi di lavoro di GRAD BECK, vicino ESSEN e di BOCHUM, nelle gallerie di GELSEN KIRCHEN e nella linea ferroviaria di Dortmund.
Viene liberato dagli americani il 10 aprile 1945, tornando a casa solamente il 17 agosto dello stesso anno.
E' stato decorato con 3 Croci di Guerra al Valor Militare.
Tante sono le rimembranze, tra le quali spiccano gli episodi succedutisi durante la Campagna di Grecia Albania, quando per colpa di macroscopici errori e superficiali congetture, fu decimato, per la prima volta, il fior fiore delle nostre truppe alpine.
"Rimanevamo sorpresi i primi giorni - dice con gli occhi lucidi - a veder tornare nelle retrovie quelli della "Julia" così sparuti, così mesti, stanchi nel fisico e nel morale, ma di lì a qualche tempo, dovemmo ritirare anche noi lasciando sul campo di battaglia tanti dei nostri".
Il suo incarico di attendente porta ordini lo portò spesso ad aver rapporti stretti con i vari ufficiali.
In un frangente di battaglia, presso i Roccioni di Selany, nel marzo 1941 venne ferito alle gambe il proprio Comandante di Plotone Ten. Giacomini.
L'ufficiale, di notevole stazza fisica, dolente e impossibilitato a camminare, fu caricato in spalle dal nostro minuto alpino Bastianello, che sfuggendo ai colpi nemici, lo portò in salvo sino al primo posto di soccorso medico, situato aldilà di una ripida eroe.
Oppure nella Campagna di Jugoslavia, nei pressi delle "Bocche di Cattaro" ove i nostri alpini della "Pusteria" erano spesso facili vittime dei cecchini/partigiani di Tito.
Il rifiuto ad aderire ed arruolarsi con la Repubblica Sociale di Salò lo portò in Germania, prima a rimpiazzare i posti di lavoro lasciati vacanti dai soldati tedeschi al fronte, poi a ricostruire e a tamponare i vari danni dei bombardamenti aerei americani sino alle liberazione nell'aprile 1945.
Dice ancora Bastianello: "Partivamo molto presto, prima dell'alba, per poi tornare qualche ora dopo l'imbrunire, le ore della giornata erano divise fra il lavoro e le varie fughe, per portarsi in salvo quando, suonando la sirena, veniva segnalato un attacco aereo e per poi ritornare velocemente al proprio posto, all'appello, quando cessava l'allarme".
Finito il conflitto, ritornò al lavoro di muratore, partecipò alla vita sociale del Gruppo sino ai primi anni ottanta.
Poi i problemi di salute lo tennero un po' in disparte, ma l'orgoglio e la fierezza d'esser alpino, gli stessi che aveva al momento dell'arruolamento, sono rimasti intatti.
Egli chiede solamente, assieme agli altri reduci, non più guerre, non più sangue, ma pace e rispetto per la vita altrui.
Il rispetto, aggiungiamo noi, che dovrebbe esistere da parte dello Stato per chi più di altri ha dato il proprio contributo durante la pagina più dolorosa dì questo secolo e si vede ricompensato con poco più di trecentomila lire al mese di pensione di guerra, cifra irrisoria e vergognosa, davanti al continuo aumento del costo della vita.
E' quasi sera quando lascio il nostro alpino che con gli occhi intensi di gratitudine mi saluta.
Dentro di me lo ringrazio per avermi fatto capire ancora una volta cosa sia in sostanza il valore della vera "ALPINITA' "

Renzo Sossai, 1998